L’idillio di una perfetta vita di coppia è rovinato dal tragico decesso, immediatamente successivo al parto, del figlio tanto desiderato. Un enorme momento buio per Nicola (Damiano Verrocchi) e Viola (Crisula Stafida), che devono sforzarsi di riprendere a vivere, riscoprendosi nel quotidiano, provando a riaccettarsi e ad amarsi ancora, nonostante nessuno dei due sia riuscito a proteggere l’indifeso nuovo arrivato.
Ritornare a sorridere, poi, è la cosa più difficile, ma è fondamentale, e passare un weekend nella baita di un vecchio zio, lontani da tutto e tutti, potrebbe essere un’occasione da non lasciarsi scappare.
Aria buona, tanto vino e una cena fanno da preambolo, ma, appena sfiorate le rosse lenzuola, nella camera da letto, Nicola esplode in una violenta scenata di gelosia.
Il marito perfetto, che fino a poco prima si impegnava per rendere indimenticabile la gita di coppia, si trasforma in un aguzzino pronto solo a procurare alla compagna le sofferenze più atroci.
Il silenzio più assoluto può solo soffocare le urla di terrore della donna, ma il caso beffardo conduce un logorroico vigilante notturno (interpretato da Stefano Jacurti) proprio davanti alla porta della baita.
L’arrivo dell’istrionica guardia giurata serve, da un lato, a corrompere il registro usato sino a quel momento dal regista-sceneggiatore Lucas Pavetto, che si ergeva sui torni del drammatico, per iniettare una sana dose di commedia e caratterismo. Dall’altro, l’incedere del nuovo personaggio è un modo convincente di mollare i freni inibitori, lasciando che per la prima volta la violenza si trasformi in morte, evocando gli insani dei protettori dello slasher per inscenare un omicidio davvero splatter e fumettistico.
Il marito perfetto (2011) di Lucas Pavetto, ricicla il classico dramma della gelosia (lui-lei-l’altro… ma l’altro esiste per davvero?) che si coniuga proprio attraverso questi due modus operandi: da un lato violenza ed efferatezze, dall’altro uno humour nero e macabro che ha il potere di rendere il tutto quasi cartoonesco, violando con l’ironia le carte del dramma familiare messo in atto.
Se da un lato, allora, Pavetto stimola il pietismo dello spettatore raccontando lo sfaldamento di una coppia a causa della drammatica perdita di un figlio appena nato (che fa da specchio deformate allo stesso Nicola, che aveva invece causato la morte della madre, al momento del parto), o grazie alle incomprensioni create da assurdi ragionamenti dettati unicamente dalla gelosia, dall’altro mira al ludico piacere dell’appassionato, proponendogli scene di tortura (tra cui spicca il trancio di due dita della mano sinistra della donna, anulare con fede nuziale compresi, ovviamente…) ed esaltate corse notturne nella foresta.
Il marito perfetto convince dal lato tecnico (montaggio e fotografia soprattutto), e può vantare effetti speciali old style di Tommaso Luzi. Convince un po’ meno il lavoro di doppiaggio fatto sui protagonisti, ma in definitiva il film si rivela un buon b-movie, con l’inaspettato finale da sogno schizofrenico.
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