La Scuola Cattolica è un film di Stefano Mordini del 2021 in uscita al cinema il 7 ottobre 2021, presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia.
La Scuola Cattolica è un libro del 2016, vincitore del Premio Strega, scritto da Edoardo Albinati, che nel 1975 era uno dei ragazzi coinvolti in prima persona nelle tragiche vicende del massacro del Circeo. Stefano Mordini si è preso il compito, insieme agli sceneggiatori Luca Infascelli e Massimo Guadioso, di ridurre le quasi 1500 pagine del libro per farne un film in uscita il 7 ottobre in sala.
La storia
In un quartiere residenziale di Roma sorge una nota scuola cattolica maschile dove vengono educati i ragazzi della migliore borghesia. Le famiglie sentono che in quel contesto i loro figli possono crescere protetti dai tumulti che stanno attraversando la società e che quella rigida educazione potrà spalancare loro le porte di un futuro luminoso. Nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1975 qualcosa si rompe e quella fortezza di valori inattaccabili crolla sotto il peso di uno dei più efferati crimini dell’epoca: il delitto del Circeo.
La recensione
La narrazione del libro è forse più un flusso di autocoscienza che una vera e propria narrazione: la storia vera e propria occupa più o meno un decimo della lunghezza totale, e già questo basterebbe per capire la vastità dell’impresa di adattamento.
Ma La Scuola Cattolica riesce ad oltrepassare l’ostacolo, riempiendo gli spazi vuoti e restituendo 106 minuti di incredibile intensità, compiendo un viaggio alle origini del Male e non solo.
Il cinema di Mordini (da Pericle il Nero a Acciaio fino al Testimone Invisibile) si è sempre avvolto intorno ad uno sguardo sulle solitudini di periferia dei suoi personaggi inesorabilmente intrecciate a un’indagine che da giudiziaria diventa esistenziale: e La Scuola Cattolica non fa eccezione, aprendosi e chiudendosi come un cerchio perfetto sul ritrovamento di Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, mentre in mezzo si allarga e si stringe, con un senso di soffocamento vertiginoso, con cerchi concentrici che partono da una cronologia lontana sei mesi per arrivare, tramite ellissi e particelle temporali diverse, allo stesso momento da cui era partito tutto.
C’è del cuore, nel film: ed è quello degli attori, dai senior (Valeria Golino, Fabrizio Gifuni, Valentina Cervi, Jasmine Trinca, Riccardo Scamarcio) fino ai più giovani.
Con i primi a fare generosamente da comprimari di lusso, un coro stonato, una cornice infernale e silenziosa alla tragedia che esplode nei loro figli: i figli di una borghesia intorpidita moralmente, figli di genitori assenti o proprio scomparsi, figli di un’epoca dove tutto si contraeva in maniera spasmodica e convulsa, dalle suggestioni culturali agli stimoli politici.
Non per niente, sono tre i film che vengono citati lungo il percorso: da Profondo Rosso a L’Ultimo Treno della Notte fino al The Rocky Horror Picture Show. Tre paletti che delimitano un percorso, dall’apparenza delle cose (il film di Argento) allo stupro (l’opera di Lado) fino alla liberazione sessuale e oltre (il musical horror): un sentiero che porta sempre lì, come un piano inclinato inarrestabile, ad uno scoppio di violenza che non è -solo- stupro, ma violenza verso la collettività, una bomba sociale ed umana che rappresenta uno spartiacque.
La Scuola Cattolica vuole raccontare questo e andare oltre: vuole essere una testimonianza di un fatto raccapricciante che ha dato la stura a problematiche scandalosamente risolte solo in tempi recenti.
Ma vuole e deve essere anche la rappresentazione plastica di un paese, e un mondo, preda di falsi ideali e schiacciato in mezzo a pressioni etiche e politiche, che nel 1975 fu costretto a compiere il primo passo verso quella modernità di pensiero che porta a derive pericolose come il libertinismo, il liberismo e tutto ciò che finisce in ismo, trasformando la libertà in anarchia.
Nello sguardo dei protagonisti si trova tutto: dalla sofferenza per un tormento mai confessato alla paura di non capire cosa sia il Bene e cosa il Male, dai dolori della crescita al disprezzo per regole che nessuno sa spiegare ma tutti chiedono di rispettare, dal vuoto familiare alla mancanza di figure che possano guidarli nel percorso di formazione, un percorso scivoloso e oscuro con biforcazioni etiche di senso troppo sottili e pericolose da percorrere da soli.
Ha detto il regista, incontrato durante Venezia78: “Sono stato molto vicino ai ragazzi piuttosto che vicino alla macchina da presa: ad un certo punto, la situazione stava crescendo, giravamo un unico piano sequenza che continuava a raccontare quello che avremmo raccontato, e per molto di quello che succedeva (la nudità, la violenza rimandata) non sono stato bene, in quel frangente, a livello emotivo. Non è stato facile, non è stato bello, ho fatto una forzatura su me stesso perché non è stato forse neanche istruttivo sotto certi punti di vista: ma credo sia stato importante.”
Ha dichiarato invece una delle attrici protagoniste, Benedetta Porcaroli: “É stato molto difficile. ho potuto solo lontanamente immaginare quello che è la violazione di un individuo nelle sue parti fondamentali, corpo e cervello. É stata un’esperienza molto forte, da far perdere la fiducia nel genere umano, nonostante la stessa Donatella Colasanti disse poi che per lei gli uomini non erano tutti uguali”.
In tutto questo, Mordini utilizza bene le atmosfere fantasmatiche presenti nelle sue altre opere (come in Lasciami Andare, passato sempre al Lido nel 2020), usandole per descrivere la scuola cattolica del titolo anche grazie a un perfetto Fabrizio Gifuni -personaggio ben chiamato Golgota: è in quel territorio emotivo che inizia il calvario dell’uomo-, un istituto e un’istituzione piene degli spettri della colpa e del dolore, del rimorso e del rimosso.
Non ultimo, incredibile la mimesi quasi calligrafica degli attori protagonisti, con Porcaroli in testa.
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