‘Il Palazzo’ la recensione del documentario in proiezione speciale a Venezia.
Il documentario di Federica Di Giacomo sul lutto e il rapporto con il passato sarà proiettato alle Giornate degli Autori in un evento speciale al Festival del Cinema di Venezia. La recensione
Il Palazzo sarà proiettato come evento speciale alla Giornata degli Autori nell’ambito del Festival del Cinema di Venezia in programma dall’1 all’11 settembre 2021. Il film è diretto da Federica Di Giacomo, autrice anche della sceneggiatura, insieme a Andrea Zvetkov Sanguigni, e della fotografia, insieme a Clarissa Cappellani.
A interpretare loro stessi – Il Palazzo è un documentario – compaiono, tra gli altri: Mauro Fagioli, Rocco Purvetti, Alessandra Tosetto, Andrea Zvetkov Sanguigni.
Prodotto da Giulia Achilli e Marco Alessi per Dugong Films con Rai Cinema. Co-produzione Mimesis Film.
Il Palazzo è un film che scatena l’urgenza di riflettere sulle proprie vite.
La storia de Il Palazzo
Il Palazzo racconta la storia di un gruppo di amici tenuto insieme da Mauro, tra loro il più carismatico. Mauro vuole girare un film e inizia le riprese coinvolgendo tutti i suoi amici che così diventano attori. Dedica tutto se stesso a questo progetto, fino a isolarsi completamente rispetto al mondo circostante e rinchiudersi in quel palazzo: “un microcosmo di rara libertà creativa ma completamente avulso dalla realtà”, dichiara la regista.
Il palazzo ha ospitato la comunità di amici ed è diventato set cinematografico permanente rivolto al cielo di Roma, nonché il suo monumento funebre. Perché improvvisamente – non per per lui che profetizzava già questo evento, come ricorda la regista – Mauro muore.
Tutti i suoi amici si ritrovano sul terrazzo a celebrarlo e a raccogliere la sua eredità: ore e ore di girato, fotografie e tanti materiali da raccogliere e magari portare con sé.
I temi della formazione e del passato
Attraverso Mauro e il palazzo, gli amici riscoprono loro stessi, il loro passato. Riaffiorano vecchie simpatie, vecchi rancori non ancora del tutto sopiti, i loro sogni: Mauro non era il solo a voler fare l’artista, ma in questo film “ogni tanto uno pensa che deve essere tanto diverso dagli altri”.
Sono adulti ormai, anche se non tutti hanno smesso di coltivare le loro aspirazioni, chi con quattro figli, chi con nessuno. È la storia di una formazione tardiva, ma non lontana dall’esperienza di molti nati anche dopo gli anni Settanta, la generazione dei protagonisti del film.
La celebrazione di Mauro avviene con una liturgia laica accompagnata dal requiem di Brahms brutalmente profanata, ma stanno compiendo un rito di crescita personale; stanno scuotendo le loro stesse vite per portarle verso un senso di appagamento che forse non arriverà. Per compiere questo rito devono affrontare il loro passato che può essere doloroso, molto doloroso. Tornano a galla i fallimenti. Alcuni se li portano ancora addosso, invece, senza che debbano tornare in superficie. Riemergono tristezza e nostalgia, insieme al dolore per la perdita di Mauro.
Federica Di Giacomo inizia a girare questo film attratta dalla comunità messa in piedi da Mauro. A un certo punto la sua scomparsa sconvolge tutto, insieme a quella del padre e del nonno di Federica Di Giacomo. Il lavoro è così incompiuto: la regista deve decidere se proseguire con il film o meno. Mauro, Mauro Fagioli, aveva proprio il gusto dell’incompiuto. Lo dice lui stesso: quello che lo interessa è la luce, non la storia. Però una storia, in un film, deve pur esserci. Per questo si affida al montaggio. È quello che farà anche la regista, finendo così per condividere con il protagonista molta della sua esperienza. Il montaggio, firmato da Edoardo Morabito, restituisce ritmo al film e da una mole quasi statica di immagini emerge alla fine il ritratto del tempo che passa, della memoria e di quello che resta.
Il Palazzo è anche un film su quello che resta
Quando qualcuno muore lascia sempre qualcosa. Mauro ha lasciato la sua arte. Spesso restano macerie, numeri bannati, conversazioni e situazioni troncate e mai più riprese, vite interrotte senza una prospettiva o con troppe prospettive aperte.
“C’è chi fa i figli e si lascia dietro i figli, chi fa le opere e si lascia dietro le opere e di chi non fa né i figli né le opere che cosa resta?”
Non è ancora finita, però. Gli amici se lo ripetono tra loro. Per quanto sia andata ormai fuori tempo, questa loro formazione non è ancora finita. Di fronte al lutto ritrovano la necessità di farcela e di mettercela tutta per riuscirci.
“- Comunque abbiamo fatto una fine tremenda
– Non è ancora finita”
Federica Di Giacomo con Il Palazzo prova a raccontare il lutto attraverso un triangolo di sguardi “dove c’è l’archivio di Mauro, che è come lui li vedeva, il suo punto di vista che li ha resi attori; loro che lo rivedono; e le reazioni emotive che questo scatena in ciascuno”, racconta la regista.
“L’immenso archivio che Mauro ha lasciato costruisce il rapporto fra la nostra immagine e quella che il passato ci restituisce attraverso la memoria orale e visuale dei nostri amici”.
Federica Di Giacomo
La regista de Il Palazzo
Federica Di Giacomo a Venezia ha vinto il premio Orizzonti per il miglior film nel 2016 con Liberami. Con lo stesso film ha vinto il Premio Solinas Documentario per il Cinema, Miglior documentario al Festival di Madrid e il Doc It Award. Inoltre il film è stato tra i cinque finalisti ai Nastri d’Argento, ai David di Donatello e agli European Film Awards.
Nel 2006 ha diretto Il lato grottesco della vita premiato al Torino Film Festival e nel 2009 Housingpresentato a Locarno.
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