Basato sul romanzo La figlia oscura di Elena Ferrante, The Lost Daughter, in concorso a Venezia 78, segna l’esordio di Maggie Gyllenhaal nella cabina di regia di un lungometraggio.
La cineasta statunitense aveva già diretto un episodio della serie Homemade, ma con questo film compie il grande salto e si affida, per l’occasione, a un’attrice di altissimo livello.
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The lost daughter | La trama
Olivia Colman veste i panni della protagonista, Leda Caruso, un’insegnante che sceglie di trascorrere le vacanze estive in una piccola località del sud – probabilmente in Grecia – a ridosso del mare e in totale relax. Almeno sino a quando una famiglia numerosa, e non troppo perbene, piomba sulla sua stessa spiaggia.
Mentre ne osserva i componenti , la sua attenzione viene attirata dalla giovane e attraente Nina (Dakota Johnson), mamma della piccola Elena, detta Lena. Tra le due sembra esserci un legame molto forte, se pure talvolta complicato, che le riporta alla mente il suo passato con le figlie.
I figli sono una responsabilità schiacciante.
Martha e Bianca, di ventitré e venticinque anni – delle quali ascoltiamo solo le voci, e che vediamo da bambine – sono cresciute lontane dalla loro mamma per ben tre anni. All’epoca infatti Leda aveva scelto di seguire i suoi sogni di letterata, al posto della famiglia. A distanza di anni e con una figura che le ricorda se stessa, sopraggiunge qualcosa che somiglia a un senso di colpa insopportabile.
The lost daughter La figlia oscura| La recensione
Appoggiandosi al romanzo di una delle scrittrici più apprezzate e rinomate di sempre, la Gyllenhall porta in scena un personaggio femminile capace di destare interesse, sollevare spunti di riflessione ed emozionare. Lo sguardo della regista si sofferma su ciò che rende donna la sua protagonista, prima che madre.
Le curve sinuose sott’acqua rendono bene l’idea di una femminilità ritrovata, a lungo sopita, ma sempre desiderosa di riemergere. Man mano che la narrazione procede, che entreremo in contatto con Leda, capiremo meglio quanto questo significhi per lei.
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Sono i dettagli a fare di The lost daughter un’opera intima e profondamente sentita. L’ambientazione marittima contribuisce a caratterizzare la personalità e gli stati d’animo di Leda. In cerca di una libertà che quasi sicuramente non potrà darle quello che spera, oppressa da un senso di colpa impossibile da cancellare, ha sprecato la sua via. La cerca nei libri, oppure nella fuga, ma nulla le restituirà gli anni passati e ormai perduti.
La maternità al centro della pellicola
La maternità è al centro della pellicola. Il confronto/parallelismo tra le storie di Leda e di Nina permettono di portare avanti il discorso e di evidenziare le dinamiche tra madri e figlie. Le rivalità, le recriminazioni, ne fanno parte tanto quanto i gesti d’affetto e le confidenze.
L’attenzione è la forma più rara e pura di generosità.
Le due donne trovano un canale privilegiato di comunicazione, grazie al quale possono lasciarsi andare. Senza paura del giudizio altrui, ma senza neanche stabilire un convenzionale rapporto di amicizia, si aprono l’una all’altra.
Bravissime la Colman e la Johnson a dare corpo ai rispettivi personaggi, così come Jesse Buckley a donare realismo, dolcezza e carnalità alla versione giovane di Leda.
Nel cast anche due apprezzati volti del piccolo schermo: Oliver Jackson-Cohen di The Haunting of Bly Manor e Paul Mescal di Normal People.
*Immagine in evidenza CR: YANNIS DRAKOULIDIS/2021
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