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‘Spencer’, il capolavoro di Pablo Larrain

Su Raiplay il biopic su Lady D con Kristen Stewart

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Numerose sono state le trasposizioni al cinema e in tv che hanno romanzato la vita turbolenta di Lady D: tra queste, nel 2021 il regista Pablo Larrain, autore già di numerosi capolavori, ha dedicato a lei un film “piccolo” e bellissimo: Spencer racconta la vita di Diana per come sarebbe potuta essere, attraverso una serie di biforcazioni del destino che lo rendono un’opera trasparente come un fantasma, attraversato dal buio e da presenze impalpabili quanto le emozioni che scuotevano la protagonista.

Pablo Larrain ha portato  Spencer alla Mostra del Cinema di Venezia nella selezione ufficiale insieme alla sua attrice protagonista, Kristen Stewart.

La trama

Il matrimonio della principessa Diana e del principe Carlo è da tempo in crisi. Sebbene le voci di tradimenti e di divorzio abbondino, in occasione delle feste di Natale nella residenza reale di Sandringham viene decretato un periodo di pace. Si mangia e si beve, si spara e si caccia. Diana conosce il gioco, ma quest’anno le cose saranno molto diverse.
Spencer immagina cosa potrebbe essere accaduto durante quei pochi giorni decisivi.

 

La recensione

Post Mortem.

Sembrano partire da qua (film e concetto) le ricognizioni di Pablo Larrain, autore cileno tra i più suggestivi e interessanti degli ultimi anni, sul corpo e sul significato di alcune icone dell’immaginario collettivo.

Dopo la trilogia anti-Pinochet (Post Mortem, appunto, Tony Manero e No-I Giorni Dell’Arcobaleno), che ha mostrato un cinema capace di passare con disinvoltura dal pubblico al privato, mostrando come siano strettamente interconnessi, Larrain, figlio dell’ex presidente dell’Unione Democratica Indipendente Hernàn Larrain, si è calato nei panni di un biografo del presente.

A metà strada tra l’entomologia e l’autopsia, ha indagato (sul)la morte degli ideali e dei sogni mostrando l’eviscerazione del mito: prima Pablo Neruda (in Neruda), poi Jacqueline Kennedy (in Jackie), arrivando adesso a Spencer (“una favola da una tragedia vera”, come dice la frase che apre il film su Lady D).

 

La storia si svolge durante un weekend di Natale, l’ultimo prima della separazione, che si dipana però immaginario e immaginato, e che Diana Spencer trascorre insieme al marito – già notoriamente ritornato in amore con Camilla -, alla suocera -monade fissa in un’immutabile passato sempre presente-, e i due figli -unico faro in una vita di ombre-.

Larrain prende Lady D, ma decide di non raccontare quello che è successo, immaginando invece cosa sarebbe potuto succedere se quel corpo, quel totem, avesse trovato la forza di sfuggire al suo destino: Spencer è allora un tuffo nell’immagine emotiva di chi fosse Diana in un momento di svolta fondamentale. Un’affermazione fisica della somma delle sue parti che inizia proprio dal suo nome di nascita, Spencer.

Nella forzata coincidenza (secondo il regista, fin dal casting) tra il corpo di Diana e quello della sua interprete, quella Kristen Stewart scelta perché anche lei -per Larrain- è stata vittima di una fortissima pressione mediatica, capace allora di prendere su di sé i dolori e gli strazi della principessa del Galles, c’è buona parte del senso del film.

 

Viviamo in un’epoca che fa dello stimolo sensoriale e delle suggestioni visive il suo fulcro: è inevitabile che la Lady D dell’attrice di Twilight venga messa a confronto con la Emma Corrin di The Crown in una lotta impari. Le modeste doti della Stewart però  reggono il peso di un personaggio così complesso e compromesso, che obbliga a confrontarsi con un intero immaginario, proprio per il plusvalore intrinseco del corpo della Stewart, che carica persona e personaggio di valenze simboliche ed emotivamente coinvolgenti.

 

La pazzia, il passato, un senso costante di oppressione, sono alcuni dei temi che la filmografia di Larrain porta nel suo dna: e li ritroviamo puntuali in Spencer, che declinati in un’ottica di vuoti geografici e fisici spettrali, tracciano un percorso sottocutaneo che esplode in una sorta di horror agiografico.

Senza tener conto della morte avvenuta 25 anni fa, il film di Larrain fa coincidere tutto in un percorso che si fa fantasmatico (la tenuta natìa di Diana sembra una ghost house, e gli spettri del passato sembrano pesare su tutto il film), e che trova un baricentro nel mettere a fianco diverse suggestioni e diverse posizioni.

Paradossalmente, Spencer convince anche perché sembra un film che perde continuamente la traccia: pur se il regista decide di prendere un sentiero laterale, la declinazione che fa di Diana sembra costantemente in bilico sul non detto, insistendo su una sua fragilità e mostrando ripetutamente una coazione a ripetere che, sul lungo percorso, diventa grottesca, spaventosa, orrorifica (i suoi ritardi, gli attacchi di bulimia).

Peccato solo per quel finale, che lasciato libero erutta in quella fuga liberatoria: e non solo svela la sua natura di finto biopic -in realtà invenzione di genere su un corpo morto- ma purtroppo anche sembra smarrire la sottigliezza mostrata precedentemente.

Insieme a The Crown, il serial fenomeno di Netflix, Spencer è l’occasione migliore per ricordare i fatti di 25 anni fa e una famiglia, quella reale, piena di contraddizioni.

Il film è disponibile in streaming su Raiplay.

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