Ambientato nella Napoli della seconda metà degli anni ’80, È stata la mano di Dio è un racconto di formazione che ripercorre in forma autobiografica la vicenda personale di PaoloSorrentino. Senza enfasi alcuna, ma con la consueta attenzione alla variegata umanità che accompagna la vita di ognuno, nella gioia e nel dolore.
Sullo sfondo, come un totem immarcescibile, scorre l’epopea calcistica di Diego Armando Maradona e l’incanto di una città mai abbastanza amata.
Fabietto Schisa è un adolescente napoletano dal carattere introverso, che allo studio (frequenta il liceo classico presso i Salesiani) alterna la passione per il Napoli calcio e Maradona. Ha una sensibilità spiccata ma è ancora in cerca della sua strada. Il padre, Saverio, dotato di un innato senso dell’umorismo, lavora al Banco di Napoli, mentre la madre, Maria, casalinga e amante degli scherzi, oltre a Fabietto accudisce il figlio più grande, Marchino, e Daniela, la sorella perennemente intenta ad accaparrarsi il bagno di casa. Attorno a loro ruota un universo variopinto fatto di parenti più o meno affezionati, compresa la conturbante zia Patrizia, e strampalati vicini di casa.
La grande bellezza
La macchina da presa di Paolo Sorrentino mette in scena un racconto autobiografico epocale che, con il suo consueto piglio arguto ed ironico, approfondisce e svela.
La realtà si trasforma nel teatro che è sempre stata. I personaggi diventano maschere che i primi e i primissimi piani intensificano, cercando di catturarne tutta l’umanità, cristallizzarne i corpi, molto spesso caduchi, e narrarne il vissuto destinato a non perdere memoria.
Il regista racconta la sua storia con lo sguardo sincero di chi ha compreso le parti in commedia, con l’omaggio alla mano di Dio, quella del suo idolo Diego Armando Maradona, che suona come un ringraziamento postumo a qualcuno più grande di tutti. Sullo sfondo, Napoli con le sue contraddizioni e la sua grande bellezza, mentre tutt’attorno scorre la vita che comunque vada prosegue il suo corso.
“Ho fatto quello che ho potuto, non credo di essere andato così male”
Diego Armando Maradona
San Gennaro, Maradona e Pino Daniele
È stata la mano di Dioè anche un racconto per simboli, quelli che segnano le generazioni e che costruiscono certezze. Un San Gennaro particolare e surreale apre il film elargendo l’immediata sensazione di trovarsi in una dimensione magica tipica dell’universo sorrentiniano.
Non a caso lo interpreta Enzo Decaro, per il quale un giovanissimo Sorrentino fece l’assistente alla regia. Successivamente il testimone passa a Diego Armando Maradona, il santo laico della città. È lui l’icona che non delude mai, è lui la perseveranza, come dice Marchino a Fabietto, è lui il totem a cui aggrapparsi per prendere coraggio e non voltarsi indietro, per salire su un treno verso il futuro con la musica di Pino Daniele a ricordare l’importanza del proprio passato.
È stata la mano di Dio, le donne
In questa nuova pellicola di Sorrentino non poteva mancare l’omaggio alle donne, alla loro femminilità, alla loro forza, al loro coraggio e alla loro ingegnosità.
Tocca a Luisa Ranieri, la zia Patrizia, prendere il posto occupato dalla Ferilli ne La grande bellezza come elemento di seduzione che riluce nella sinuosità estatica del corpo nudo, perpetrandosi nella malinconia di uno sguardo consapevole di un destino avverso.
Una figura a suo modo visionaria ma fortemente legata alla sua umanità e quindi destinata a perdere il suo incanto. Attorno tante altre figure di donna con l’aspetto segnato e una forte personalità iconica. Tra tutte Maria Schisa, la bravissima Teresa Saponangelo, che regala allo stesso tempo la ruvidità e la dolcezza del tradimento e dell’amore.
Il trailer ufficiale
Gli interpreti
Eccellenti tutti gli interpreti con Toni Servillo, Saverio Schisa, nel consueto impareggiabile nerbo recitativo in grado di calamitare la scena, e MarlonJoubert, Marchino, spalla di lusso. Ultimo ma non ultimo, Filippo Scotti, il protagonista.
Il suo Fabietto è perfetto nella fragilità, nella sensibilità, nella crescita, nell’approccio verso il cambiamento che la vita gli propone. Un’interpretazione che prefigura una carriera di assoluto valore, destinata a perpetrarsi con altri successi.
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