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‘Jodorowski’s Dune’, ovvero l’adattamento del più grande film di fantascienza mai realizzato. Conversazione con Frank Pavich

Intervista esclusiva a Frank Pavich regista di un film unico nel suo genere

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Tra le tante storie del cinema quella di Jodorowski’s Dune racconta la genesi di uno dei più grandi film di fantascienza mai realizzato.

Con la complicità  di Alejandro Jodorowski, il regista Frank Pavich  porta sul grande schermo – dal 26 agosto – la fantasia più sfrenata dell’autore di El Topo e La montagna sacra. Distribuisce Valmyn in collaborazione con Wanted Cinema. Di seguito la conversazione con Frank Pavich.

Jodorowski’s Dune ha il merito di tornare a parlare di un film – Dune – e di un regista – Alejandro Jodorowski – fuori dagli schemi. Il tuo è un documentario sulla storia di un progetto irrealizzato, quello che Jodorowski voleva trasporre da Dune, il romanzo di Frank Herbert; di un gesto creativo destinato a sopravvivere in forme e significati che si incontrano nella fede verso il potere dell’arte e in questo caso del cinema.

Alejandro Jodorowsky è una persona molto interessante, a cominciare dal fatto che il suo eclettismo lo rende noto alle persone per motivi diversi. Io all’inizio ero un ammiratore dei suoi film più famosi come El Topo e La montagna sacra senza sapere che lui aveva un largo seguito di fan tra i lettori di fumetti. Non sapevo che era cresciuto negli Stati Uniti dove la stima nei confronti di chi si occupa di comic book è superiore che in Francia. Dunque, succede che alcuni lo conoscono solo come autore di fumetti, altri come regista di film. Altri ancora lo collegano alla sua attività di scrittore  di libri di psicomagia. La sua polivalenza risulta altrettanto interessante rispetto alla mancata realizzazione di Dune. Non potendo fare il film, il materiale accumulato negli anni precedenti si trasforma in libri e graphic novel. La sua flessibilità impedisce a Jodorowski di arrendersi alle avversità facendogli cercare un altro modo di realizzare le sue idee. E’ questa la sua forza.

Jodorowski’s Dune racconta molte storie. La principale riguarda la maniera in cui il regista messicano riesce a trasformare un’idea nel progetto di un film unico nel suo genere. A movimentare lo sfondo è l’eterno confronto tra arte e capitale, con quest’ultimo pronto ad alzare il livello della sfida. Un agone rispetto alla quale Jodorowski sembra avere una capacità di resilienza maggiore di altri suoi colleghi. La fede e l’entusiasmo nelle proprie idee gli permettono comunque di dare seguito alle proprie convinzioni, seppure in una forma diversa da quella originaria.

Io credo che Jodorowski sia cosciente di quanto sia complesso e difficile fare cinema e questa è una delle ragioni per cui lui diversifica le sue attività, evitando di fare solo film. E’ il regista più puro che conosco. Alejandro non ha mai diretto un episodio di uno show televisivo, né uno spot pubblicitario. Altri lo hanno fatto. David Lynch è un grandissimo autore ma, ad esempio, ha diretto uno spot commerciale per un profumo di Kelvin Kline nel 1980.

Jodorowski rispetta cosi tanto il cinema da volervi lavorare solo avendo il completo controllo del progetto e quando ci sono  le condizioni per portare avanti la sua visione. Se deve dipendere da qualcun altro, retrocedendo dal suo pensiero originale, non ha la pazienza per farlo. Lui arriva con il progetto già in testa e con il lavoro fatto insieme a chi l’aiuta a mettere a punto gli aspetti visivi del film. A quel punto non accetta cambiamenti o imposizioni. In questo senso è un regista unico.

Peraltro sappiamo come anche David Lynch pur riuscendo a fare il “suo” Dune fu costretto ad accettare il final cut del produttore. Il fatto che Jodorowski abbia rinunciato a filmare una versione diversa dalla sua ha in qualche modo mantenuta inalterata l’energia e la purezza della sua creazione. E’ un paradosso, ma fino a un certo punto.

Sono d’accordo con te. Non poter completare il film fu un’esperienza molto frustrante. Quando tu lavori così a lungo e duramente senza riuscire a concretizzare un tale sforzo è difficile parlarne. Ci sono voluti molti anni per poterlo fare e il mio documentario è capitato al momento giusto, quando Jodorowski era finalmente pronto a ritornare con la memoria a quei giorni così difficili, ma anche esaltanti.

All’inizio di Jodorowski’s Dune gli spettatori penso saranno toccati e incuriositi dalle affermazioni del regista intenzionato a fare di Dune un film profetico, capace di cambiare per sempre la mente degli spettatori più giovani. Per Jodorowski infatti il suo lungometraggio doveva avere gli effetti  di una sostanza lisergica. 

Non penso di aver mai sentito dire a nessun regista una cosa del genere. Molti spiegano le ragioni per cui fanno un film, ma nessuno ha mai dichiarato l’intenzione di volere farne uno che risultasse profetico per le nuove generazioni e in quanto tale capace di cambiare le menti di chiunque lo avesse visto. Questo è il modo in cui lui vede il cinema. Per Alejandro i film sono così potenti da cambiare la mente delle persone che li guardano. Il suo punto di partenza è pensare che se lo spettatore esce dalla sala essendo la stessa persona di prima allora il film ha fallito il suo scopo. Se nella vita le esperienze di norma ci fanno cambiare, allo stesso modo guardando un film dovrebbe accadere la stessa cosa. Quello che succede sullo schermo deve agire sull’anima dello spettatore. Questo è quello che Jodorowsky cerca sempre di fare attraverso i suoi film.

Dicevamo di come all’interno di un’ unica, grande storia Jodorowski’s Dune si arricchisca di mille rivoli narrativi. Tra i più incredibili c’è quello relativo alla formazione del cast attoriale e anche tecnico. Ancora più incredibili e per certi versi divertenti risultano le strategie e gli escamotage utilizzati da Jodorowski per ottenere la partecipazione di artisti del calibro di Orson Welles, Mick Jagger, Salvador Dalì, ma anche dei Pink Floyd, di Moebius, di Hans Ruedi Giger e di Steve O Bannon.

Si, Jodorowsky cercava di fare qualcosa di diverso dal solito. Per esempio un film nel quale ci fosse una scena in cui Orson Welles dice a Mick Jagger di tagliare a pezzi braccia, gambe e testa di David Carradine: il tutto accompagnato dalla colonna sonora dei Pink Floyd.  Ogni altro film è destinato a sfigurare se comparato a Dune. Si tratta di qualcosa di unico. Parliamo di una straordinaria opera d’arte.

Parlando della forma di Jodorowski’s Dune, e cioè di come hai costruito il film tenendo sempre a mente la relazione tra parola e immagine. Un binomio, questo, che tu fai interagire attraverso le animazioni che danno vita alle tavole dello storyboard. Così facendo Jodorowski’s Dune ha il merito  di rendere l’idea di come il film poteva essere se fosse stato realizzato.

Se avessimo preso tutto il lavoro di Jodorowsky e gli avessimo dato vita con una fantasia bizzarra e inquietante secondo me sarebbe stato un po’ troppo. E poi in quel caso sarebbe stata la mia versione di Dune e non quella di Jodorowsky. Noi invece volevamo fare due cose: la prima era di rispettare quello che Alejandro, Moebius e tutti gli altri artisti avevano fatto; e dunque di non trasformare il loro lavoro in qualcos’altro, magari adatto alla nostra epoca, ma distante dal modello iniziale.

La seconda cosa, in connessione con la prima, era quella di mettere abbastanza vita dentro le immagini e dentro l’opera d’arte, lasciando però la visione incompleta e ferma al punto in cui l’aveva lasciata Jodorowski. Questo fa si che sia il cervello dello spettatore a colmare il gap esistente tra l’animazione, in cui tu puoi vedere i segni della matita sulla carta, e il tuo cervello, a cui spetta il compito di terminare l’opera. Dirai, “O mio Dio”, guardando i disegni di Mick Jagger, Orson Welles e Salvador Dali. Ma la versione più potente è quella lasciata all’immaginazione dello spettatore, il quale, a partire dalla nostra animazione, continua a  svilupparla  dentro di sé, chiudendo gli occhi e immaginandola. Quella sarà la versione più potente di tutte.

Un altro aspetto che approfondisci è l’eredità del lavoro di Jodorowski rispetto al cinema di fantascienza. Il fatto di non essere mai uscito non impedì alla visione espressa da Jodorowski di influenzare i film successivi. Basterebbe pensare alle influenze esercitate su Alien che da Jodorowski mutuò la coppia O Bannon/Geiger. E’ possibile ritrovare idee e immagini di Dune sparse nel cinema di molti autori contemporanei. 

Le influenze sono davvero tante e questa è la cosa più interessante. Tutti gli altri film e libri dello stesso genere mi sembrano avere una connessione diretta con il lavoro fatto da Alejandro per Dune. Questo perché molti hanno guardato il libro dello story board di Dune,  che è qualcosa di magico. Nessuno ha mai dichiarato di essersi ispirato, né di averlo guardato per i suoi lavori, ma se tu guardi le immagini di molti film spesso la corrispondenza è netta. Credo che questo abbia a che fare con la magia di Alejandro: il suo potere è stato quello di mandare il suo lavoro là fuori, nell’universo, per ispirare il lavoro di altri avventurieri come lui.

In Italia Jodorowski’s Dune uscirà in Italia il 5 settembre dopo una serie di anteprime nel mese di Agosto. Il fatto che questo accada pochi giorni prima della presentazione al Festival di Venezia di una nuova trasposizione di Dune permette al tuo film di essere propedeutico al lavoro compiuto da Villeneuve sul testo di Herbert. Solo vedendo Jodorowski’s Dune si può comprendere la sfida affrontata dal regista canadese e la misura della sua riuscita.   

La tua è un’ottima prospettiva che ritengo veritiera. Jodorowsky’s Dune per primo rispetta la sfida affrontata da Alejandro.  Quello di Herbert è un libro difficile da trasformare in film e se c’è qualcuno in grado di provarci questi è proprio Villeneuve. Quando seppi che avrebbe diretto Blade Runner 2049 ho pensato che era impossibile fare un seguito all’altezza del film di Ridley Scott e invece Denis è stato capace di mettere nella storia una sua visione personale. Jodoroski’s Dune è un film su Jodorowski e sul suo tentativo di realizzare Dune, ma anche sull’ispirazione che il suo lavoro ha saputo suscitare. Non bisogna essere un fan del regista, non devi neanche sapere chi è, non devi amare la fantascienza, non devi sapere cos’è Dune. Perché le persone che vedranno Jodorowski’s Dune saranno invase da un sentimento e da un’ispirazione come nessun altra visione potrà suscitare. Ci è voluto molto tempo affinché il mio documentario riuscisse a uscire in Italia e non posso credere che lo stia per fare adesso, perché è il tempo perfetto: non tanto per l’anteprima veneziana del film di Villeneuve ma poiché gli ultimi due anni per il vostro paese sono stati durissimi a causa del covid. Vedendo il film le persone si sentiranno bene e piene di energie. Questa per me è la cosa più potente presente nel mio film.

Nel film vediamo Jodorowki parlare della versione realizzata da Lynch ma non si fa nessuna menzione a quella di Villeneuve. Esiste da parte del regista messicano qualche aspettativa rispetto al lungometraggio dell’autore canadese?

La cosa buffa è che Alejandro vive a Parigi e dopo l’anteprima veneziana il primo paese in cui uscirà il film di Villeneuve sarà la Francia. Ho mandato una mail a suo figlio e con lui ci siamo detti che sarebbe un sogno riuscire a vederlo tutti e tre insieme. Non so se questo succederà ma cercheremo di farlo. Se fosse così sarebbe un’esperienza interessante. Penso che quello di Villeneuve sia un adattamento del romanzo di Frank Herbert mentre Alejandro ha fatto qualcosa di differente. Lui ha preso il libro, trasformandolo in un film di Jodorowski. Entrambi i progetti partono dalla stessa fonte ma sono diversissimi. Ciò non toglie che sono molto curioso di vedere il lavoro del regista canadese.

Infatti attraverso le parole di Jodorowski veniamo a sapere come la sua versione abbia un finale del tutto differente da quella del libro. Quella che gli spettatori vedranno è una conclusione in tutto e per tutto inedita.

Si perché Alejandro nel suo film prevedeva una fine che il romanzo non aveva, con la morte del protagonista e il successivo cambiamento dell’universo. In realtà il romanzo di Herbert è solo il primo di una serie molto numerosa di sequel, scritti da altri scrittori tra cui il figlio dello stesso romanziere. Persino oggi ne stanno per essere pubblicati altri. Tanto per dire, lo stesso Villeneuve prevede di sviluppare Dune con la realizzazione di un secondo film. Questo a ribadire l’unicità del lungometraggio  di Jodorowski.

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