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Interviews

Laterale Film Festival 2021: un’immersione nell’arte. Intervista a Mattia Fiorino

Un festival, giunto alla sua quinta edizione, inteso alla stregua di una mostra d'arte cinematografica

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Il Laterale Film Festival in questo 2021 è giunto alla sua quinta edizione. Si tratta di un festival internazionale non competitivo di arte
cinematografica promosso dall’Associazione Culturale Laterale. Si svolgerà il prossimo 13-14-15 settembre nella città di Cosenza, presso il Cinema San Nicola.

Per saperne di più sul programma, la struttura e non solo leggi: Laterale Film Festival al via la V edizione

-In copertina: ‘Incedere + retrocedere ascendere (testamento)’ (Ilaria Pezone)-

Il Laterale Film Festival 2021

L’organizzazione interna del festival non è gerarchica e non prevede la presenza di un unico direttore artistico, ma piuttosto la compartecipazione di una serie di curatori. Il Laterale Film Festival è inteso, infatti, alla stregua di una mostra d’arte cinematografica. A parlarcene è uno dei curatori, Mattia Fiorino.

laterale film festival 2021

La struttura del Laterale Film Festival 2021

Lo scorso anno (e anche questo), vista la situazione che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo, ha portato a delle trasformazioni in termini di linguaggi audiovisivi? E per quanto riguarda l’assetto e la struttura del festival? Invece, per quanto riguarda i lavori pervenuti, avete notato delle differenze e/o delle attenzioni particolari nei confronti di determinati aspetti piuttosto che altri?

Per quanto riguarda l’assetto e la struttura del festival non ci sono stati cambiamenti, se non quelli di carattere puramente organizzativo applicati ad eventi simili. Non che l’intenzione sia (e sia stata) quella di apparire sordi nei confronti dell’emergenza sanitaria, quanto quella
di dare l’idea che il cinema laterale non si sia fermato neanche in questo periodo drammatico della nostra storia, ed è onestamente un fatto confortante – a giudicare anche dalla partecipazione in termini di iscrizioni e di presenza in sala. Tra le iscrizioni si sono visti ovviamente diversi film “fatti in casa”, relativi al periodo di quarantena e più in generale alla situazione pandemica che stiamo vivendo. Non c’è molto
da dire sulla maggior parte di questi: la “scoperta” della creazione cinematografica tra le mura domestiche è una falsa scoperta, e il tono elegiaco dell’anima e del corpo confinati in casa sfocia spesso e volentieri nel kitsch.

Il film di Lav Diaz, Himala: A dialectic of our time, al contrario, è un grande film da quarantena e sulla quarantena, il film “fatto in casa” che accoglie tutti gli altri, che ci parla della nostra epoca e del nostro cinema.

La selezione

Su che base viene fatta la selezione? Tenete conto principalmente ed esclusivamente del linguaggio utilizzato o c’è un’attenzione anche verso determinate tematiche?

Credo innanzitutto che l’elemento più importante del processo di selezione sia la pluralità di gusti, osservazioni ed esperienze di ognuno di noi curatori, nella consapevolezza degli obiettivi e della natura del festival. Scegliamo liberamente i film che troviamo più interessanti, senza alcuna tendenza o pregiudizio. Dire che la forma venga messa in primo piano rispetto alle tematiche non rende giustizia alla complessità del processo di selezione: si è soliti tenere separate le due componenti fondamentali dell’opera d’arte (forma e contenuto) per una pura convenzione, ma non esiste opera d’arte rilevante per uno solo dei due aspetti.

Un film come Battlefield (Silvia Biagioni, Andrea Laudante, 2021, 10’) ruota attorno ad una tematica molto importante: è, nelle parole dei registi, «un tributo a tutti i movimenti della Seconda ondata femminista». Ma questo non basta a renderlo interessante. La sua tematica è sublimata dalla forma del film, dall’originalità stilistica che i due artisti hanno messo in campo.

‘Battlefield’ (Silvia Biagioni, Andrea Laudante)

D’altra parte Seasons/Patterns (James Edmonds, 2020, 10’) potrebbe sembrare un film in Super 8 come se ne sono visti tanti altri. Dove sta lo scarto? Nella narrazione per immagini che il regista intesse, nei loro rapporti che vanno dal formale al narrativo – seppur in maniera non convenzionale; esse raccontano un anno che passa, dalla primavera all’inverno, muovendosi tra memorie e visioni che, come in tutte le
grandi storie, sono temi di tutti noi.

La fiducia nella sensibilità estetica di ciascuno di noi curatori è il fattore essenziale del processo di selezione: riportando all’attenzione degli altri un certo film (che per qualunque motivo non ha colpito tutti allo stesso modo – o addirittura è passato inosservato) si procede ad un’ulteriore revisione che, magari, fa venire a galla suggestioni e motivi inaspettati. È grazie a questi incroci di prospettive che il programma del festival viene strutturato con una certa varietà di tematiche e stili.

Al Laterale Film Festival 2021 anche Lav Diaz

Cosa significa avere Lav Diaz, vincitore del Leone d’Oro a Venezia, all’interno della vostra selezione?

Certamente per noi è un onore, considerando anche il fatto che questa sarà la prima mondiale in sala del suo film. È curioso anche che da un regista famoso per aver girato numerosi film-fiume arrivi una «piccola forma del cinema», a ricordare, per questo quinto anno di vita del festival, che uno dei nostri obiettivi principali è sempre stato quello di porre l’attenzione sul fatto che la nostra selezione è di film “brevi” ma non “inferiori”, “corti” ma non “semplici”; è proprio lo stesso Diaz a dire in un’intervista:

There’s not short cinema or long cinema, it’s just fucking cinema, man. I hate that labelling of short film and long film, no, it’s just cinema.

Comunemente, i concetti di “cortometraggio” o “lungometraggio” vanno oltre – purtroppo – la loro connotazione puramente quantitativa per designare aprioristicamente la qualità di un film, o quantomeno condizionare l’aspettativa e l’esperienza del pubblico. Nell’ottica di questa posizione nei confronti del cinema, la figura di Lav Diaz e la presenza della sua opera nel quinquennio del festival mi sembra un monito
e allo stesso tempo un vero e proprio regalo di compleanno.

‘Himala, a dialectic of our time’ (Lav Diaz)

Una guida per il festival

Se dovessi prendere per mano lo spettatore e guidarlo attraverso il festival cosa gli direste? Qual è il suggerimento che daresti a qualcuno che non ha mai partecipato al Laterale Film Festival?

Gli direi di prestare attenzione. Non con tono dottrinale, s’intende, ma come un invito sincero.

Per quanto possa sembrare strano, è facilissimo entrare in risonanza coi film del festival: la forma breve permette ai registi di concentrare in uno spazio relativamente ristretto un universo potenzialmente illimitato. Di solito nel cinema commerciale domina la consequenzialità logica e la chiarezza espositiva, e questo dà allo spettatore la sensazione di sentirsi al sicuro nel percorso che ha intrapreso: tutto torna, tutto è chiaro, tutto ha senso, ogni azione causa una reazione ed è giustificata, messa nero su bianco.

Il cinema che proponiamo, invece, non ha nulla a che fare con tutto ciò. Invitiamo lo spettatore a prestare attenzione allo scarto tra il logico e l’illogico, tra ciò che è chiaro e ciò che non lo è, il visibile e l’invisibile (Think invisible things). È importante tentare di abbracciare l’inafferrabile e magari finire chissà dove, in qualche zona dei film che solo quello specifico spettatore ha notato. I film in programma sono 21 ma possono essere 31, 41, 51, 100, 200…

Ad un nuovo spettatore che pone la domanda “Questo film cosa vuol dire?” direi che ogni sua risposta è corretta e che col dialogo e il confronto il film può voler dire tante cose contemporaneamente. Anche per questo forniamo in sala dei libretti con quelle che impropriamente chiamiamo “sinossi”: non sono dei riassunti e non sono delle recensioni. A cavallo tra il critico e il letterario tentiamo di creare dei testi paralleli e non accessori ai film, nella speranza che grazie ad essi lo spettatore possa trovare nuovi percorsi, nuove strade laterali rispetto a ciò che vede in sala. Non una guida alla visione, insomma; un invito a stare attenti all’invisibile.

I titoli del Laterale Film Festival 2021

Quali sono i titoli che vi sentite di consigliare assolutamente?

Uno per serata, oltre a Himala: A dialectic of our time.

Mille cipressi (Luca Ferri, 2021, 13’): il cinema come arte visiva e plastica forma delle architetture e fa anche da spettatore a sé stesso, muovendosi ed esplorando, filmando e abitando la Tomba Brion di Carlo Scarpa. L’architetto usa un modulo di 5,5 cm e lo applica ad ogni singola misura della costruzione. Luca Ferri riecheggia i suoi rapporti, li varia, li enfatizza, contrappone il movimento del cinema alla stasi dell’architettura. Proprio Scarpa aveva messo in campo questo contrasto utilizzando l’acqua nel suo progetto – l’acqua, l’elemento del «movimento del tempo» secondo Tarkovskij. Ecco, forse opere come Mille cipressi ci mostrano in maniera assolutamente pratica come si possa nascondere il gigantesco nel minuscolo. Ci invita a stare attenti ai rapporti.

laterale film festival 2021

‘Mille Cipressi’ (Luca Ferri)

Seasons/Patterns (James Edmonds, 2020, 10’): per il raffinato gioco di simmetrie e opposizioni che il mondo offre da sé e che il cineasta coglie e raccoglie; egli poi individua e organizza, nell’arco temporale di un anno solare di immagini filmate, l’uomo che si riflette nella natura e viceversa. Geometrizza l’irripetibilità dei piccoli scorci di vita e mostra la naturalezza delle geometrie di cui siamo circondati. Mi sembra che film come quello di Edmonds ci invitino a stare attenti alle disposizioni e alle rime. Ci ricorda di fare attenzione quando si guardano i rami degli alberi perché non è vero che sono tutti uguali, né lo sono tutti i tronchi o tutte le mani o tutte le stoviglie di tutte le case. I rami sono sempre delle braccia, se vogliamo, ma alcuni sono braccia che conosciamo solo noi.

laterale film festival 2021

‘Seasons Patterns’ (James Edmonds)

National Bird 2 (Curtis Miller, 2020, 1’): perché incredibilmente il mondo intero sembra essersi sincronizzato per dare possibilità alla macchina da presa di catturarne 60 irripetibili secondi. Ci invita a stare attenti all’inaspettato. «Le cose che ci riescono per caso, che potere
hanno!», scriveva Bresson nelle sue Note sul cinematografo. Qui si va addirittura oltre.

Qui per altre informazioni sul festival

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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