É il 1976 ed Eric Rohmer, uno dei registi più importanti della Nouvelle Vague, è reduce da un ciclo di opere chiamate Racconti morali. Si tratta di sei film accomunati dalla volontà di raccontare situazioni di quotidianità delle classi medio borghesi, invischiate in situazioni sentimentali turbolente, per metterne a fuoco debolezze e contraddizioni.
A quattro anni dal film che chiuse il ciclo di racconti, L’amore nel pomeriggio, Rohmer decide di avvicinarsi al cinema in costume. Realizza così La marchesa von… , un adattamento letterario da un racconto dell’800. Il film vince il Gran premio della Giuria al Festival di Cannes e ottiene un buon successo, facendo conoscere Rohmer al grande pubblico.
Due anni dopo, l’autore torna con un nuovo film in costume.
Il fuorilegge la trama
Il fuorilegge, stavolta tratto da uno dei romanzi più importanti della letteratura francese, Le Roman de Perceval di Chrétien de Troyes.
L’opera, rimasta incompiuta, narra le vicende di Perceval, un ragazzo che abbandona la madre per iniziare un percorso di vita in qualità di cavaliere valoroso. Da questo seminale romanzo, Rohmer realizza un brillante racconto di formazione, caratterizzato da una messa in scena minimale e una sceneggiatura che sa essere fedele al testo originale senza rinunciare alla chiarezza espositiva.
Perceval, interpretato nel film da Fabrice Luchini, è un ragazzo che vive isolato in un castello con la madre che, a seguito di tragici lutti dovuti alla guerra, vuole preservarlo da questa bruttura, evitando così di interfacciarsi con essa in qualunque modo.
Il ragazzo, però, a seguito di un incontro con alcuni cavalieri, ne rimane tremendamente affascinato, decidendo così di partire e recarsi alla corte di Re Artù per ottenere l’investitura.
La sua inesperienza e la sua ingenuità lo portano a inimicarsi molti valorosi cavalieri che trova sul suo cammino, dando inizio a una serie di disgrazie.
Quando decide di tornare nella sua casa natale, incontra il Re pescatore che gli offre la sua ospitalità e lo fa partecipare a una festa. Qui entra in contatto con una lancia sanguinante e una strana coppa chiamata Graal. Il ragazzo, pur essendo incuriosito, per rispetto non gli pone nessuna domanda. Perceval scoprirà tempo dopo che questa coppa sarà legata al suo destino e a ciò che gli è capitato.
Il fuorilegge – un racconto di formazione in ottonari
Il fuorilegge è prima di tutto un brillante racconto di formazione, in cui Rohmer si concentra sulla figura di Perceval per raccontare il passaggio dall’innocenza dell’infanzia alla maturità dell’età adulta, con tutto quello che ne deriva. Violenza, piaceri carnali ed egoismo sono alcuni dei peccati di cui si macchia il ragazzo, che in poco tempo si scontra con dinamiche ben diverse da quelle che viveva rinchiuso nelle mura del suo castello.
Il film è un adattamento dell’opera originale dello stesso Rohmer che, insoddisfatto di quelli realizzati fino ad allora, ne realizza uno tutto suo. La metrica usata è l’ottonario, che lo stesso regista ritiene essere più affine alla lingua parlata rispetto alla prosa. Questo nuova versione del testo riesce a essere più funzionale alla materia cinematografica e più comprensibile senza difficoltà, e senza perdere la poetica dell’opera originale.
Il tratto distintivo del cinema di Rohmer è da sempre la parola, e in questo caso vi è un’evoluzione della sua poetica, in quanto essa diventa vero e proprio componimento in versi a tutti gli effetti.
Il fuorilegge – una scenografia fiabesca e affascinante
Fin dai primi fotogrammi del film ci si rende conto di trovarsi davanti a una scenografia che definire artificiosa e irrealistica sono i migliori dei complimenti. É chiara dunque la scelta di Rohmer di creare un immaginario vicino al mondo delle fiabe e delle rappresentazioni teatrali, con elementi della scenografia volutamente irreali e fantastici come gli alberi, le mura di cinta dei castelli e gli interni delle stanze.
Anche i fondali sono visibilmente dipinti su una parete, a tal punto che quando i personaggi vi passano accanto le ombre si riflettono sulla stessa. La profondità di campo viene dunque annullata, oppure suggerita dagli elementi dello sfondo che, in base alla grandezza, ci fanno capire quanto distano dai personaggi.
A un certo punto del film vi è anche un delizioso uso dell’animazione, che riesce a stupire e meravigliare per la sua semplicità ed efficacia.
Il fuorilegge – recitazione di stampo teatrale e intriganti scelte di dialogo
La recitazione da parte di tutti i personaggi è più vicina a una declamazione misurata e impostata piuttosto che una recitazione classica. Uno degli aspetti più interessanti del film è senza dubbio la “modalità” della narrazione: fin dalle prime scene viene “svelato” il modo in cui questa storia verrà raccontata, ovvero attraverso un gruppo di musicisti e di alcuni coristi maschili e femminili che descrivono quello che accade.
Questi, però, passano senza soluzione di continuità dal ruolo di gruppo che accompagna le vicende a veri e propri personaggi in scena, in qualità di sudditi e damigelle.
Inoltre, capita spesso che i protagonisti parlino di se stessi in terza persona, commentando quasi in tempo reale quello che di lì a pochi secondi andranno a fare, come piangere o rivolgersi a un altro personaggio.
Il passaggio tra discorso diretto e indiretto è fluido, così come il passaggio tra cantato e parlato, creando un equilibrio magico e molto efficace.
Il fuorilegge è un film che a distanza di tempo lascia ancora sbalorditi per la scenografia minimale e per l’idea brillante di raccontare la crescita di un giovane cavaliere in una veste tanto classica quanto innovativa. Si tratta di una perla all’interno della filmografia di un regista importantissimo della storia del cinema, che vale ancora la pena recuperare ed apprezzare.
Il film è disponibile sulla piattaforma MUBI dal 17 agosto.
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