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Michelangelo Antonioni. Il silenzio dell’attesa

Dal momento in cui nasce e fende con il suo urlo il caldo silenzio amniotico, l’essere umano brancola tra i viventi alla disperata ricerca della tangibilità.

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Una riflessione su Antonioni e sul suo cinema.

L’incontro con l’altro

Dal momento in cui nasce e fende con il suo urlo il caldo silenzio amniotico, l’essere umano brancola tra i viventi alla disperata ricerca della tangibilità. Sapere di esserci, sapere di esserci per qualcuno. Il primitivo e iniziatico incontro del bambino con lo sguardo e il corpo della madre, il bacio di chi ci ama, l’abbraccio di un amico, sono tutte esperienze necessarie per tenerci lontani dalla sensazione di non essere altro che degli automi pre-programmati. E’ nell’incontro con l’Altro che la materia diventa corpo e il corpo diviene spirito.

Se qualcosa s’incrina in questa esperienza di rispecchiamento tra l’individuo e le sue principali figure di riferimento affettivo, il mondo dei rapporti umani perderà il suo primato come sorgente di senso.

Quando l’ambiente di crescita non é più in grado di trasmettere alla persona la vitalizzante impressione dell’unicità del proprio esistere, l’uomo spogliato della sua dignità di creatura unica e speciale, inizia a muoversi nella penombra dell’esistenza riconoscendo gli altri più come sagome pietrificate che come fonti di significato.

La ricerca di senso di Antonioni

Spesso in questi casi la ricerca di senso di cui ogni essere umano é affamato, collassa nella tragica immobilità degli oggetti, i quali diventano argini innaturali di un equilibrio precario. Tabagismo, feticismo, gioco d’azzardo, droghe, collezionismo ossessivo, idolatria dell’automobile, l’uso compulsivo di internet, sono tutte realtà in cui l’oggetto é rimasto l’ultimo ricettacolo possibile della propria identità.

Il registro simbolico cambia considerevolmente poiché i rapporti tra le persone sono basati sulla comunicazione mentre la relazione con gli oggetti é impostata sul controllo. La rabbia che lega l’individuo alla sua frattura originaria, lo trascina in una terra di mezzo popolata sempre meno da scambi interpersonali e sempre più da attività solitarie tutte organizzate intorno alla cedevolezza che gli oggetti hanno di fronte alle intenzioni dell’uomo. Un oggetto non parla, non contraddice, non mette in crisi e cosa più importante di tutte, non costringe a cambiare.

Blow Up di Antonioni

In questo mondo rarefatto privo di relazioni significative, Antonioni nel suo eccellente Blow up fa muovere nervosamente Thomas, un brillante fotografo professionista che osserva impietosamente il mondo dal freddo obiettivo della sua macchina fotografica. Per Thomas le relazioni conoscono esclusivamente un fine utilitaristico in cui gli altri esistono esclusivamente per essere sfruttati o per confermare il suo inflazionato senso di superiorità.

Thomas vive nel suo laboratorio fotografico all’interno del quale é anche allestito un set con tanto di luci e pannelli. In questo modo si delinea una mancanza di confine tra vita privata fatta di relazioni intime e la vita professionale fatta di formalità e scarso coinvolgimento. L’identità tra abitazione e laboratorio ci suggerisce come Thomas chieda aiuto al suo lavoro per saturare quella parte di esistenza normalmente occupata dallo stare insieme per il semplice gusto di farlo.

Dopo averci suggerito le coordinate interiori del protagonista, Antonioni con il suo sguardo al tempo stesso partecipe e analitico, ci indica, sebbene nello stile enigmatico e surreale che ha informato tutta la sua opera, il possibile conflitto lacerante che ha costretto Thomas a scivolare nel freddo involucro protettivo di tipo autistico rappresentato dalle sue fotografie, grazie alle quali può cristallizzare senza pericolo le terremotanti emozioni derivanti dallo scambio interpersonale, intrappolandole nel fragile conforto della celluloide.

Qui per la recensione di Blow Up

Un’analisi del cinema

Un giorno passeggiando per un parco pubblico alla ricerca di qualche scatto interessante Thomas viene catturato da una coppia che amoreggia furtivamente sperando di essere lontana da sguardi indiscreti. Così non è e quando lei se ne accorge si lancia verso Thomas implorandolo di darle il rullino, angosciata che quel momento di intimità clandestina, con quell’uomo molto più grande di lei e probabilmente sposato, potesse venire divulgato. Thomas si diverte a tenere la ragazza sulle spine per il semplice gusto di vedere vibrare di paura i suoi splenditi occhi celesti. Vista l’irremovibilità dello spietato fotografo la giovane si allontana correndo alla ricerca del suo partner che sembra svanito nel nulla.

Una volta sviluppate le foto però Thomas si accorge che tra i cespugli vicino alla coppia, in maniera confusa e sbiadita si può scorgere, grazie a ripetuti ingrandimenti, la sagoma di qualcuno che impugna una pistola. A quel punto entra in una spirale crescente di tensione; quella donna che ha maltrattato e respinto inizia ad essere un’ossessione, vorrebbe incontrarla di nuovo, parlargli, proteggerla, forse amarla. Preso ormai da un fervore incontenibile durante la notte si reca nel luogo in cui la coppia amoreggiava e trova dietro un cespuglio il cadavere dell’uomo pervaso da un pallore lunare e paralizzato in una espressione quasi beffarda. La mattina successiva non v’era più traccia del corpo e Thomas inizia a rendersi conto che forse tutto questo é frutto della sua immaginazione.

I fantasmi interiori di Antonioni

In realtà qui Antonioni descrive con impareggiabile alchimia visiva il viaggio che questo personaggio compie attraverso i suoi fantasmi interiori proiettati all’esterno. L’antico dramma edipico in cui l’accesso al corpo e all’amore della madre viene impedito dall’ingombrante presenza del padre. Un padre che assorbe tutte le attenzioni della moglie e non la concede al figlio, viene in questa pseudo allucinazione proiettato verso l’esterno. Nella nuova realtà immaginativa però la rabbia angosciante che Thomas si porta dentro da quel mancato incontro con la madre si concretizza. E si concretizza in fantasia in quell’ombra armata che neutralizza il padre edipico e rende di nuovo la madre disponibile agli impulsi infantili rimossi.

Per Thomas riconciliarsi con quella sepolta rottura interiore significa anche scorgere la via che lo riporterà a ricongiungersi con gli altri del mondo esterno. Essi sono resi ormai meno minacciosi dal ritiro delle proiezioni. Questo come si può apprezzare nell’emblematica scena capolavoro in cui Thomas riesce anche lui a vedere una immaginaria pallina da tennis con cui uno strambo gruppo di artisti di strada faceva finta di giocare. Riconsegnarsi alla fantasia del gioco testimonia lo scioglimento del cinismo come corazza caratteriale attraverso la quale Thomas si proteggeva dai suoi bisogni più profondi.

Zabriskie Point

Altro fondamentale sigillo del percorso artistico di Antonioni è Zabriskie Point. Lì la difficoltà di comunicare e di relazionarsi assumono i contorni generazionali delle proteste giovanili degli anni ’70. Attraverso le vicende di due giovani ragazzi, Antonioni allarga le difficoltà di comunicazione dal singolo, così come mostrato in Blow up, all’intera società spaccata in due tra repressione patriarcale e rabbia giovanile. Incarnazione di quest’ultimo atteggiamento è Mark.

Lui è un giovane studente che non condivide i metodi troppo democratici e non violenti applicati dai leader del movimento studentesco. Essi, secondo lui, perdono troppo tempo per discutere senza passare mai veramente all’azione. Questo modo di pensare lo porterà ad aprire il fuoco durante una manifestazione e ad uccidere un poliziotto. Da qui inizia una fuga verso il nulla, che non é certo più grande del nulla che già si lasciava dietro.

Dopo essersi introdotto in un aereoporto ruba un piccolo aereo ad elica e vola senza meta per i cieli d’America. Sorvolando il deserto nei pressi di una località chiamata Zabriskie Point inizia a volare radente al suolo e a fare acrobazie per attirare l’attenzione di chi sta guidando una macchina che solitaria come lui sta attraversando il deserto.

In quella macchina c’é Daria che guida per andare ad un appuntamento di lavoro in un residence in mezzo al deserto dove l’aspetta il suo capo.

Un incontro d’amore

I due s’incontrano tra cielo e terra, si parlano, si rincorrono, si desiderano, si amano. Antonioni magistralmente nel bel mezzo della contestazione richiama l’antico archetipo della Valle dell’Eden rappresentandolo però in una maniera riveduta e corretta. Qui non é Eva che commette peccato mandando in frantumi l’ancestrale armoni. È l’uomo, invece, portatore del germe della distruttività che metterà in pericolo la durevolezza di quell’incontro.

Nell’immaginario visionario di Antonioni la figura della donna viene riconsegnata alla sua natura psicologica più profonda. Essa è votata alla trasformazione dell’aggressività in favore di un incontro saldo e solido con la metà mancante. Daria portatrice di una profonda pacificazione rigeneratrice permetterà a Mark di ricongiungersi con le sue dimensioni più scisse e pericolose. Dopo questo incontro Mark decide di riconsegnare l’aereo che aveva rubato non prima però di averlo tutto ricolorato e disegnato. Grazie all’incontro con la parte femminile Mark matura un atteggiamento di restituzione e riparazione. La società, quindi, non é più solo un nemico da colpire ma un sistema complesso che ha bisogno del contributo di ognuno.

I due preziosi contributi al cinema mondiale qui presi in considerazione sono stati spesso considerati un fulgido esempio dell’incomunicabilità dell’uomo moderno. E anche della sua incapacità di rompere il silenzio denso e disperato dietro il quale nasconde i suoi sentimenti più autentici. A noi piace pensare che Antonioni abbia voluto invece rappresentare il silenzio come luogo necessario per il passaggio dall’ invisibile al visibile. Una camera oscura inevitabile per l’incubazione dell’immagine (di cui Blow up é una grande metafora). Un momento di sospensione dell’azione necessario per guardarsi dentro e attendere che l’inconscio esprima la sua antica sapienza.

Damiano Biondi

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