All’edizione di Giffoni 2021 arriva Ferzan Ozpetek, grande affezionato della kermesse campana e amatissimo dai ragazzi che sono nelle varie giurie.
A distanza di vent’anni dall’uscita del suo intramontabile Le fate ignoranti – clicca qui per saperne di più sul film – il regista sta per tornare sotto la luce dei riflettori con la serie basata sul film, che vede la partecipazione di importanti nomi del cinema italiano, da Luca Argentero ad Ambra Angiolini, a Cristiana Capotondi.
Nella giornata di sabato 24 luglio, Ozpetek ha incontrato i giurati di #Giffoni50Plus, rispondendo alle loro domande, raccontando aneddoti della sua vita e regalando consigli preziosi. Ecco qui di seguito il resoconto…
Credi che i luoghi comuni possano sparire con l’arte?
Il cinema, il teatro, i libri, tutto ciò che appartiene all’arte serve assolutamente. Anche alle nostre coscienze e al modo di vedere le cose. Ma la chiave di tutto è cercare di essere felici e rendere felici gli altri. Voi siete talmente aperti come mentalità, che siamo noi adulti a dover imparare da voi.
La malinconia che si percepisce nel tuo libro rispecchia le emozioni che provi? E come influenza le opere?
Il mio paese ormai è l’Italia, la Turchia la amo molto, ma ho un’altra realtà. E non è negare ma sentire le cose. L’Italia è il paese che ho scelto.
Nella vita ci sono trasformazioni senza mai dimenticare le radici.
Tornerò in Turchia per finire la serie, ma la malinconia la avrei se vivessi fuori dall’Italia. Invece la malinconia di vedere le cose ce l’ho sempre.
Come è stato perseguire la passione per il cinema lasciando in sospeso gli studi?
Mia madre mi è sempre stata vicino, mio padre no e diceva ai miei fratelli di tenersi pronti, che avrei avuto bisogno di loro. Non ho mai avuto un bel rapporto con lui, non c’era la fiducia. Voleva che finissi l’università ed è sempre stato sospettoso, seppur contento del mio successo.
Mi è mancata sempre quella figura dell’eroe.
Nei cassetti della sua scrivania, tempo dopo che se ne era andato, ho ritrovato ritagli di notizie che parlavano di me attaccati sui suoi quaderni.
Come è stato lavorare con Ennio Fantastichini?
Con Ennio avevamo un rapporto meraviglioso. È uno dei più grandi attori con cui abbia lavorato e sarà sempre dentro al mio cuore.
Che legame hai con Roma?
Sono affascinato da Roma. Appena uscito dal collegio, a diciassette anni, l’ho sentita come la mia città. Amo molto anche Lecce, Napoli, Palermo, Venezia. Siamo in un paese meraviglioso e voi, nel vostro DNA, e spero anche un po’ nel mio, avete Da Vinci, Marconi, i più grandi scopritori, artisti e scienziati di sempre.
La cosa più bella dell’Italia è la luce.
Roma è una città molto strana, non riuscirai mai a togliere la sua bellezza. Anche se avrebbe bisogno di molti più finanziamenti per far rinascere le cose. L’Italia politicamente deve cambiare il suo sguardo, magari affidandosi ai giovani che la pensano in un altro modo.
Cosa dobbiamo aspettarci dalla serie de Le fate ignoranti?
Dopo vent’anni lo spettatore non si sorprende più per il tema, per cui ci saranno altre cose. Siamo partiti da quell’idea e abbiamo inserito altre storie.
*Leggi anche: Le fate ignoranti la serie: iniziate le riprese
Quanto c’è di verosimile e quanto di inventato per ottenere successo?
Beh, Le fate ignoranti si ispira alla storia del mio palazzo, La finestra di fronte parte dall’incontro con un signore che si era perso. Sono sempre partito dalle cose che mi capitano.
Credi che gli scrittori abbiano un ruolo determinante per formare la coscienza civile dei giovani?
A me sono serviti moltissimo i libri, gli spettacoli, i film, come a voi serviranno adesso. Per la formazione, vi chiedo solo di non perdere mai la curiosità, che è il centro delle cose, ci porta avanti.
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