Lunghi minuti di applausi seguono alla proiezione di Bonne mère, il secondo film diretto da Hafsia Herzicon cui l’attrice e regista di origine tunisino-algerina (pluripremiata attrice per il film Cous Cous ed esordio alla regia con Tu mérites un amour nel 2019) ha vinto l’Ensemble Prize nella sezione Un Certain Regard del 74° Festival di Cannes.
Gli applausi empatici ed il premio ricevuto sono rivolti non solo alla cineasta, ma a tutte le madri che, come la protagonista del film Bonne mère, proteggono e aiutano i propri figli, anche a costo di ingenti sacrifici personali, ponendosi come ago della bilancia nelle famiglie di tutti i tempi.
Il film è ambientato in un complesso residenziale nel nord di Marsiglia ed il titolo è ispirato alla cattedrale della città, Notre Dame de la Garde, che la gente del luogo chiama appunto ‘Bonne mère’.
Bonne mère: a tutte le ‘madri coraggio’
Nora, la ‘buona madre’ protagonista del film, fa la donna delle pulizie in aeroporto, sugli aerei in rotazione continua, insieme ad una squadra di colleghi molto simpatici che la sostengono nei momenti più duri. Ogni tanto lavora anche da una signora anziana, Viviane, con la quale ha un rapporto di vero affetto, che va al di là del lavoro. Ma la parte più faticosa della giornata, per Nora, è quella che svolge in famiglia: con il figlio maggiore, Ellyes, in carcere, l’altro figlio maschio Amir che non vuole crescere e pensa solo ai videogiochi, con la figlia Sabah disoccupata, turbolenta e madre single, e con tre nipoti a suo carico, la giornata della donna non finisce mai. Non è tanto il lavoro fisico che la spaventa, quanto lo scarso senso di responsabilità dei suoi figli e la carenza di denaro. Per pagare l’avvocato al figlio infatti, Nora non solo dovrà rinunciare a rifarsi i denti, obiettivo per cui risparmiava da anni, ma sarà costretta anche a vendere i pochi gioielli di famiglia che le restano, tra cui la fede nuziale.
“Finché sarò ancora in piedi – dice Nora – rimarrò forte”.
Un omaggio autobiografico
Ciascuno di noi ha certamente conosciuto nella sua vita una ‘bonne mère’, sia stata essa una madre, una nonna o una zia, qualcuno sempre pronto a sacrificarsi per gli altri, a preparare da mangiare per tutti, a rialzare la testa e a risollevare i familiari dai loro fallimenti.
Hafsia Herzi ha scelto come protagonista del film Halima Benhamed, una signora che non aveva mai recitato, madre e accompagnatrice di una delle giovani attrici giunte per il provino, Sabrina Benhamed, che ha poi avuto la parte della figlia. Halima dapprima ha timidamente rifiutato ma Hafsia, avendo finalmente trovato la madre con lo ‘sguardo lontano’ che cercava, l’ha convinta ad accettare il ruolo.
Il film è però un omaggio alla vera madre della regista, simbolo di tutte le madri che si prendono cura dei propri familiari, che trasmettono, anche nella povertà, i valori dell’onestà e dell’educazione, portando avanti con disinteresse ed energia, la vita quotidiana ed i legami familiari.
“Il carattere della madre impavida mi ha affascinato sin da quando ero piccola – racconta la regista – Sono cresciuta sola con mia madre, che faceva le pulizie, avendo perso mio padre quando ero molto giovane. Ammiro tantissimo questa donna, mia madre: quando ci svegliavamo, la mattina, aveva già preparato tutto per noi, prima di andare al lavoro. Volevo fare un film su di lei e su quelle donne che si dimenticano completamente di se stesse per prendersi cura dei propri figli.”
Un caos vitale, legati per la vita
Dunque Nora veglia sul suo caotico clan familiare, così come la cattedrale veglia, dall’alto della collina dove è costruita, sull’intera città di Marsiglia. La scelta di reclutare nel film tutti attori non professionisti, a parte il personaggio della zia, si è rivelata vincente.
“È stato fantastico il set di questo film, mi piace quando ci sono molte persone in giro – ha dichiarato la regista – erano tutti attori non professionisti. Abbiamo provato molto, per creare una connessione forte. Posso dire che ora siamo legati per la vita e alcuni di loro vogliono continuare a recitare“.
Le riprese a Marsiglia si sono basate principalmente sull’aiuto reciproco: la regista racconta di aver messo le persone in città a lavorare, come ad esempio il custode dell’edificio, che era un suo amico d’infanzia ed ha aiutato la troupe ad accedere ai tetti, nell’unico momento in cui non c’era controllo, in una scena in cui serviva riprendere un’alba con una vista panoramica Tutti hanno contribuito alla buona realizzazione del film anche rischiando in prima persona.
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