Feathers è una storia che potrebbe accadere ovunque o da nessuna parte, per questo i personaggi sono senza nome (solo il tipo di arabo che parlano può suggerire che ci troviamo in Egitto). Sono stati scelti attori non professionisti e la musica è il classico tono dell’Egitto, che serve a ricordare “Cairo Station” di Youssef Chahine.
Il film, che è stato premiato a Cannes dalla critica, inizia mostrando una casa squallida, polverosa, prossima alla rovina
Ovunque vediamo accumuli di immondizia e i fumi tossici provenienti dalle fabbriche vicine invadono l’abitazione.
Tutto è sporco e sudicio, le strisce nere di grasso della cucina colano sulle piastrelle, la biancheria è sparsa sui letti sconquassati e, in primo piano, compaiono i soldi. Soldi sudici che vengono contati e ricontati.
La donna è come una prigioniera in questa casa sporca. La sua espressione è impassibile mentre svolge le faccende domestiche: lucida scarpe e lava pentole in una stanzetta angusta mentre bada ai tre figli, di cui uno è un neonato. Vive rassegnata alla sua condizione di sottomissione al marito e l’unico denaro di cui è “padrona” è quello che viene contato dal padre patriarcale per farle fare la spesa.
Il cerchio si spezza con i festeggiamenti del compleanno del bambino di quattro anni. Come non ci saremo aspettati fino a quel momento, lo scenario sembra cambiare. I genitori decidono di organizzare una vera e propria festa di compleanno con i palloncini, i vicini che ballano, la torta con la candelina… vengono persino chiamati due maghi prestigiatori, e qui inizia il bello. I due maghi chiedono al padre di entrare in una grande cassa e lo trasformano in una gallina bianca senza, però, riuscire a farlo tornare indietro.
Assistiamo, quindi, a un rovesciamento dei ruoli sia nel nucleo familiare sia nel genere del film, che, improvvisamente, dopo essersi presentato come un dramma social-realista, diventa una commedia.
La moglie sarà costretta a diventare il capofamiglia e a badare al marito divenuto pollo. Ed è qui che Feathers sfodera il suo fascino.
Si scoprirà che il marito era pieno di debiti e la moglie dovrà impegnarsi per riuscire a pagare l’affitto e continuare a sfamare la famiglia. Inizialmente è decisa a continuare a prendersi cura di suo marito dandogli anche dei cereali nel loro letto coniugale.
La moglie diverrà sempre più sicura di sé e piena di iniziativa. Rifiuterà un finto benefattore che aveva solamente lo scopo di fare sesso. E, alla fine, deciderà di soffocare il marito sotto un cuscino perché ha compreso finalmente il significato della sua vita.
El Zohairy racconta tutto questo senza compromettere l’inquadratura o il ritmo e il vero colpo d’occhio a cui si deve la ricompensa è la gag rappresentativa e il modo serio in cui i personaggi trattano il tutto.
È evidente che la visione del regista è decisamente singolare in questo debutto accattivante e ben realizzato da un nuovo talento da tenere d’occhio e ora vincitore di un premio a Cannes