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Prime Video Film

‘Come Play – Gioca con me’ il mostro dietro lo schermo è incompreso

L'horror di Jacob Chase racconta la favola nera di formazione di un bambino con autismo alle prese con un mostro digitale in cerca di amici

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Attenzione: i mostri di Come Play – Gioca con me non sono sotto al letto, ma dietro lo schermo. Nell’horror diretto da Jacob Chase, dal 27 giugno disponibile su Amazon Prime Video, il piccolo Oliver guarda Spongebob sullo smartphone, ma non sa che è un cartone dannato. Un’entità, in soggettiva, ricambia lo sguardo, fissando il bambino da dietro il monitor. Non è un update del genere dell’orrore: già Poltergeist o The Ring, a cui il film di Chase strizza l’occhio, contenevano l’elemento della tecnologia come canale del male. L’idea di poter vedere lo spauracchio solo dal dispositivo, poi, è stata di recente utilizzata ne L’uomo invisibile di Leigh Wannell. Dietro i pixel del solito uomo nero che tormenta la famigliola, c’è però qualcosa di più ambizioso per Come Play: l’essere malefico è una sorta di incarnazione in età digitale della solitudine. E questa sì che fa paura.

La trama

Oliver (Azhy Robertson, il figlio di Marriage Story) è un bambino con autismo che comunica quasi esclusivamente attraverso un dispositivo intelligente. Un’applicazione gli consente di scegliere e vocalizzare le parole. I genitori, Sarah (Gillian Jacobs) e Marty (John Gallagher Jr.), sembrano ai ferri corti (lui dorme sul divano). La madre, in particolare, vive la condizione del figlio con un misto di stress, insoddisfazione e senso di colpa. A scuola è dura farsi degli amici: già tanto difendersi dai bulli. Ma c’è qualcuno che vuole diventare amico di Oliver: si chiama Larry. È il protagonista di una favola digitale, dal titolo significativo Mostri incompresi. Il racconto è apparso automaticamente, o fantasmaticamente, sullo schermo di un tablet reperito da Marty tra gli oggetti smarriti. Ma la favola è nera: più che il miglior amico, Larry sembra il peggior incubo.

Il trailer

Le regole del gioco horror

Il gioco di Jacob Chase in Come Play rispetta tutte le regole dell’horror di mestiere. Gli interni risonanti e ombrosi si riempiono di angoscia con le carrellate all’indietro. Gli esterni a luce fredda, alienanti, mugugnano l’umore elettrico della notte, come nel bel thriller fantascientifico The Vast of the Night (2019, Andrew Patterson). Nervose e inquietanti, in tal senso, le scene in cui Marty, parcheggiatore notturno, si trova nella propria cabina in mezzo al nulla. Non mancano le soggettive negli occhi del bambino, del mostro, occasionalmente anche della madre. Efficace, persino nella propria dozzinalità, l’idea che il mostro Larry si manifesti con dei cortocircuiti elettrici, stile Lights Out (2016, David F. Sandberg). È vero, poca atmosfera e tanti jump scare: perché, semmai, l’atmosfera è tutta nel presente. Un presente anche troppo lungo, che espande a dismisura il cortometraggio originario.

I nuovi mostri

È stata la Amblin Pictures, casa di produzione di Steven Spielberg, a consentire a Jacob Chase di sviluppare il proprio cortometraggio (visibile su YouTube). Il lungo – si diceva – dura anche troppo. Eppure, è significativo che, nel cambio di formato, il punto di vista sia slittato dal padre al figlio: per più spessore, serviva più durata. L’autismo di Oliver, infatti, non è un semplice escamotage narrativo per colorire il mondo interiore del protagonista. La sua condizione sembra piuttosto essere fisiologica in un mondo che si rinchiude passivamente nelle proprie solitudini e si trincera nel solipsismo degli schermi.

Come Play: la madre col figlio si nasconde dal mostro

È lo stesso mostro a raccontare – da un collage video sullo schermo tv – la propria genesi, che suona tanto come la maledizione del contemporaneo:

L’uomo pensa solo a guardare uno schermo (…) La solitudine nel mondo ha creato Larry. Larry è fatto di solitudine.

In questo, Larry appare, anche graficamente, un singolare incrocio tra un personaggio di Spielberg e uno di Burton: un diverso, un alieno, un’artificial intelligence fatta di oscurità, che cerca di risucchiare nel cono d’ombra il bimbo senza amici. I nuovi mostri – come noi – sono incompresi.

Amici miei

Diversamente dal corto, è il personaggio della madre a mettere insieme le tante, ambiziose questioni a cuore del regista. È a causa dell’atteggiamento iperprotettivo della madre, e forse della sua mancata accettazione del figlio, che Oliver è un bambino solo. Non sembra casuale la battuta del mostro:

I tuoi vogliono che tu sia normale. Io voglio solo essere tuo amico.

Nella famiglia è l’origine della solitudine, e alla lunga il film diventa un piccolo e favolesco romanzo di formazione – ovviamente dark – sul recupero di una socialità sincera. Con la madre stessa, innanzitutto: che Oliver non guardava mai negli occhi.

Come Play, Oliver con i suoi amici al buio col tablet

E soprattutto con i compagni di scuola: assenti o bulletti, ma che, una volta riuniti, danno la sensazione di poter formare una brigata tipo Stranger Things. Per fortuna, con un’iniezione di leggerezza che salva dalla sociologia spicciola.

È dunque fondamentale poter apprezzare Come Play – Gioca con me di Jacob Chase aggrappandosi al suo lato emozionale, ai suoi trucchi di genere, alla sua sana e latente scanzonatura, per non farsi abbagliare dai troppi temi – autismo, era digitale, solitudine – accesi come lampadine nel buio.

Come Play - Gioca con me

  • Anno: 2020
  • Durata: 96'
  • Distribuzione: Prime Video
  • Genere: Horror
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Jacob Chase

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