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Cannes

Sola contro tutti. Conversazione con Simón Mesa Soto regista di ‘Amparo’

Amparo di Simón Mesa Soto è la storia di una donna ma anche di una società rapace dominata da violenza e corruzione

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Simón Mesa Soto

Nella Medellin degli anni novanta Amparo è una madre single che lotta con tutte le sue forze per evitare al figlio di essere mandato al fronte. Presentato in anteprima nella Semaine de la Critique del festival di Cannes 2021, Amparo mescola documentario e stile espressionista per raccontare la storia di una donna e di una società rapace, dominata dalla corruzione e dalla violenza. Del film parliamo con il regista Simón Mesa Soto.

Qui per i vincitori di Cannes 2021

Simón Mesa Soto

Conversazione con Simón Mesa Soto

Amparo è la storia di una madre single, ma anche della società Colombia e in particolare di quella di Medellin degli anni ’90. Mentre la protagonista è fautrice di cambiamenti e dimostra di sapersi adattare ai cambiamenti del reale, gli uomini rimangono fissi all’interno del ruolo assegnatogli dalla società. Le donne tengono unita la famiglia, gli uomini la dividono. C’era da parte tua la volontà di esprimere all’interno del film un concetto così contemporaneo?

Abbiamo lavorato su questo progetto per cinque anni senza sapere che il film sarebbe stato visto in questi giorni. Nel tempo intercorso dall’idea alla realizzazione di Amparo molte cose sono cambiate, nella società come pure nello percezione del mondo. Quando pensavo al film ero concentrato soprattutto sulla figura di mia madre, ma volevo anche raccontare la società in cui ero nato e cresciuto che è quella della Colombia degli anni novanta. Si trattava di un ambiente molto duro, ancora di più per una madre single come la mia: essendo il mio primo lungometraggio volevo raccontare qualcosa che fosse importante per me come persona ed è quello che ho fatto. Questo è stato il mio scopo. Non pensavo ad altre cose tranne questa. Ho cercato di mostrare cose che io credo siano alla radice di molti dei problemi  della Colombia di oggi: parlo della corruzione, della violenza, della guerra.

Simón Mesa Soto

La prima immagine di Amparo ce la mostra in campo lungo, ultima di una fila di lavoratrici. A differenza di quelle che seguono in cui la vediamo spesso in primo piano e al centro della scena. Una costruzione che sembra anticipare l’evoluzione psicologica della protagonista, dapprima timida e gregaria, in seguito volitiva e combattiva, decisa a tutto pur di salvare il figlio da una sorte avversa.

In quella scena volevamo introdurre la protagonista attraverso una rappresentazione del suo mondo per poi soffermarci su di lei. Da quel momento in poi la nostra idea era di stare su Amparo il più possibile. Volevo realizzare un processo filmico che mi permettesse di fare un vero e proprio ritratto di questa donna per cui, dopo la sequenza in questione, siamo rimasti vicini a lei organizzando tutta la messinscena in modo che ogni volta ci troviamo a guardare la sua faccia. Da questa idea è nata la costruzione del film.

Temi e analisi del film di Simón Mesa Soto

Nella scena d’apertura vediamo il figlio di Amparo ripreso frontalmente in modo da non capire né chi sia il suo interlocutore che lo interroga, né l’ambiente in cui si trova. Ad aumentare lo spaesamento concorre la tipologia delle domande  perché quelle della voce fuori campo non sembrano corrispondere al contesto in cui vengono fatte. Da qui il disagio e il disorientamento che si crea nella visione della sequenza in questione. 

Volevo creare un profondo senso di incomprensione causato dal semplice ascolto di quell’interrogatorio. Questa idea mi è venuta in mente nel momento in cui, facendo delle ricerche sull’esercito, mi sono imbattuto in uno dei questionari che vengono somministrati ai ragazzi durante il processo di reclutamento. Sono rimasto molto sorpreso dal tipo di domande che conteneva e ho pensato che sarebbe stato straordinario metterlo nella prima scena. Non sapevo se avrebbe funzionato, ma ho pensato che l’idea del questionario fosse molto forte. Soprattutto non volevo rendere chiaro che quello era il test psicologico per valutare l’idoneità al servizio militare. Nei fatti è un test psicologico che deve confermare la sanità mentale dei sottoposti per evitare che in futuro qualcuno dei prescelti perda la testa e uccida qualcuno dei suoi commilitoni, perché si tratta di una cosa che capita spesso. Amparo è un film su una donna, ma, attraverso questo espediente, parla anche di cosa vuol dire essere un uomo. Riguarda le stesse cose che ho dovuto affrontare io da giovane, trovandomi di fronte una società molto violenta che ti spinge a diventare così.

Amparo è un film di primi piani per la capacità di raccontare attraverso il volto dei personaggi. Spesso tu copri quelli degli uomini, specialmente dei detentori del potere. Al contrario, quando gli uomini dividono la scena con Amparo la loro vicinanza alla donna esprime bene il senso di minaccia e la debolezza della donna rispetto alla violenza del mondo circostante. 

Non avevo la pretesa di coprire la loro faccia deliberatamente. Volevo valorizzare lei evitando di dare troppa importanza a coloro che la circondano. Il più delle volte le immagini sono nate dall’intento della mdp di seguire lei. Capisco che il non vedere il volto degli uomini generi degli interrogativi, ma per me era un modo di restare sempre accanto a lei.

Amparo è una donna imperfetta, ma ha un cuore e un’umanità che gli altri non possiedono. Gli uomini l’avvicinano senza nessuna empatia e se l’aiutano è solo per tornaconto personale. La tua regia restituisce in maniera eloquente la sensazione di una società rapace e insensibile rispetto alle difficoltà delle persone.

Il tentativo era quello di mostrare cosa significava vivere in una realtà minacciosa come quella della Medellin degli anni novanta, raccontando quello che secondo me era all’origine dei molti problemi  della Colombia: della violenza, della corruzione, del come ci si possa abituare alla normalità della guerra. Io sono stato cresciuto da una madre single e quindi ho conosciuto la sua vulnerabilità in una realtà così particolare come quella colombiana. Da qui la decisione di fare un film dark, capace di mostrare la durezza della nostra società, ma anche di sottolineare attraverso i cambi di luce i momenti di tenerezza di Amparo nei confronti dei figli.

I colori e le luci del film di Simón Mesa Soto

Il contrasto di luci e colori è utilizzato per riflettere lo stato d’animo della protagonista. E in particolare il senso di colpa e la sofferenza per non riuscire a salvare il proprio figlio. Possiamo parlare del lavoro fatto con il direttore della fotografia.

Devo dire che tutto questo è il frutto del lavoro del direttore della fotografia, Juan Sarmiento. Per creare l’universo del film mi sono fidato di lui in termini di illuminazione. Abbiamo discusso per arrivare a una sorta di equilibrio tra il realismo del documentario e un tipo di stile molto formale, capace di creare l’estetica del film. In termini di luce non ho dovuto dire molto. Abbiamo discusso alcune cose e quando giravamo se non mi piaceva glielo dicevo, ma la maggior parte di quello che si vede è fatto dal direttore della fotografia. Lavoriamo insieme da lungo tempo, così abbiamo sviluppato questo tipo di estetica che è in continua evoluzione. Volevamo avere questo buio della notte nei momenti in cui lei è sola.

Simón Mesa Soto

In alcuni passaggi colori e stilizzazione arrivano ad essere espressionisti.

Penso che l’universo e i caratteri del film siano molto documentaristici in termini di location e attori poiché nessuno degli interpreti aveva mai recitato prima. Al contrario, molto dell’artificialità del cinema è dato dalla messa in scena che, come giustamente hai detto, è espressionista per quanto riguarda gli effetti provocati dai giochi di ombre e i contrasti di luce. Nella maggior parte delle scene abbiamo lavorato molto per creare questo tipo di visualizzazione.

Dicevamo di come Amparo sia protagonista dalla prima all’ultima scena. Quando ho visto il film non avrei mai creduto che Sandra Melissa Torres non fosse un’attrice professionista. Com’è che tu, Simón Mesa Soto, sei arrivato a lei e come avete lavorato per farla diventare così credibile?

Attraverso un processo di casting molto lungo e accurato. Per trovare la protagonista abbiamo visto moltissime ragazze. Stavo cercando un carattere e girando per Medellin e trovando lei abbiamo pensato che potesse essere Amparo. Dopo di che è iniziata un lunga fase di prove. Abbiamo impiegato molto tempo per provare le singole scene ed essere sicuri che Sandra potesse risultare più convincente possibile. Si può dire che l’abbiamo accompagnata attraverso il processo di immedesimazione per circa un mese, esercitandoci in ogni singola scena. All’inizio era molto insicura perché non pensava di poter essere un’attrice. Ma tra la prima e la seconda settimana ha capito improvvisamente di potercela fare, al punto di arrivare a conoscere il personaggio meglio di noi.

Amparo

  • Anno: 2021
  • Durata: 95
  • Distribuzione: The Match Factory
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Colombia, Qatar, Germania
  • Regia: Simon Mesa Soto

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