Major Grom: Il medico della peste di Oleg Trofim con Tikhon Zhiznevskiy è disponibile su Netflix. Il film, prodotto da Bubble Studios e KinoPoisk, è tratto dalla graphic novel creata da Artyom Gabrelyanov.
È un viaggio di un “eroe maledetto” in un mondo straordinario, ma al contempo reale e malvagio. Il suo trionfo, previsto già nei primi minuti del film, viene raccontato attraverso gli stilemi del cinema action/supereroistico, con non pochi riferimenti al nostrano poliziottesco anni ‘70. Major Groom: Il medico della peste riserva delle sorprese, ma un po’ di mistero in più non avrebbe guastato.
La trama
San Pietroburgo è oppressa dalla criminalità e dalla corruzione. Un enigmatico assassino, che si fa chiamare Il medico della peste, ha deciso di fare giustizia, uccidendo le personalità più ricche e potenti della città. La polizia non riesce a fermare le azioni delittuose del criminale, il quale riesce a portare dalla sua parte la popolazione attraverso l’utilizzo della rete. Il cinico detective Igor Grom si mette sulle tracce dell’assassino e con l’aiuto di un suo inesperto collega e una giornalista intraprendente, riesce a fermare il medico della peste.
L’eroe solitario
Major Grom: Il medico della peste è un film d’azione: già le prime sequenze sono caratterizzate da inseguimenti e sensazionali combattimenti. È in questo modo che viene presentato Igor, il protagonista.
Solitario e anticonvenzionale, così appare Igor, e lo spettatore non deve faticare molto a inquadrare le sue principali caratteristiche.
Igor si stacca dal racconto e soprattutto dal resto dei personaggi, i quali risultano di contorno o al massimo strumenti dell’eroe per ottenere il suo premio.
È l’unico poliziotto di San Pietroburgo a non indossare l’uniforme di ordinanza, ma ne indossa una propria, caratterizzata da un insolito copricapo.
La presentazione di questo personaggio, forse ancora troppo presente la fonte fumettistica, non è certo nuova come modello cinematografico.
Un poliziottesco contemporaneo
La storia del cinema è piena di eroi come Igor, solitari, tenebrosi e soprattutto contro le regole e le gerarchie.
Con le dovute differenze, il protagonista di Major Grom: Il medico della peste ricorda molto da vicino gli eroi del poliziottesco italiano degli anni ‘70. Come loro, Igor riesce a risolvere ogni caso e catturare il criminale di turno.
Ma i suoi metodi non sono proprio ortodossi. Spesso usa la violenza e soprattutto non obbedisce agli ordini dei suoi capi. Conseguenza di tutto ciò: il ritiro del distintivo.
Ma gli eroi del poliziottesco non si arrendono e non si arrende Igor, che, immancabilmente, torna nel corpo della polizia, per smascherare il famigerato medico della peste.
Il bene e il male
La struttura narrativa del film, dunque, non è certo innovativa, ma il procedere degli eventi, in alcuni momenti appesantito nel dare troppe spiegazioni, riserva alcune sorprese.
I due mondi contrapposti non sono radicalmente separati e chi appare buono e generoso è, in realtà, un criminale schizofrenico. Il maggior merito di Major Grom: Il medico della peste consiste nell’attualizzare la secolare guerra tra il bene e il male.
Nella prima parte del film i potenti della politica e della finanza sono minacciati da un nuovo mondo, che appare solidale e giusto, è il mondo della rete e dei social.
Ma successivamente si apprende che da qui nasce l’azione criminosa del medico della peste, un Robespierre o, per meglio dire un Rasputin, dei nostri giorni.
L’universo della rete e dei social, che inizialmente appaiono come conquiste di libertà, sul finale vengono descritte come armi pericolose. È attraverso l’utilizzo del web, infatti, che il criminale conquista l’opinione pubblica e può commettere i suoi delitti.
Il lieto fine
Il lieto fine è scontato. Il criminale viene smascherato, la città è salva e soprattutto Igor comprende che non può agire da solo, gli amici sono preziosi.
Major Grom: Il medico della peste ha un difetto sostanziale: è troppo prolisso. Il materiale narrativo è sovrabbondante, allo spettatore vengono date delle informazioni non necessarie e viene condotto per mano, come farebbe una madre iperprotettiva.
Viene negata ogni possibilità di ricostruire i singoli pezzi e svanisce il fascino della fruizione. Il regista e gli sceneggiatori non riescono a dare al film una sua autonomia di linguaggio e la fonte è vistosamente presente.
Il cast: Tikhon Zhiznevskiy, Lioubov Novikova, Sergei Goroshoko, Oleg Chugunov