Una cosa è certa: Benedetta, l’ultimo film del regista olandese Paul Verhoeven, presentato in concorso a Cannes 2021, non lascia indifferenti. Il film ha diviso infatti in due fazioni critica e pubblico, alcuni lo hanno adorato, altri detestato con tutte le forze.
Di certo i temi cari al regista, la violenza, il sesso, la religione, la morale, sono qui presenti in un mélange singolare, che oscilla tra il serio, lo storico, il grottesco, finanche allo splatter. Sembra di non essere in presenza dello stesso regista che ha diretto il magnifico Elle, solo pochi anni fa, ma di un artista completamente diverso, che, alla tenera età di quasi 82 anni, vuole ancora, a modo suo, divertirsi a fare cinema.
Il film arriva in sala Distribuito da MOVIES INSPIRED | Sito Ufficiale
Benedetta: potere LGBT+ ante litteram
La storia, pur romanzata, del film s’ispira a quella di Benedetta Carlini, entrata giovanissima in convento, mentre dilagava la peste, e divenuta suora per convinzione e per voti fatti dai genitori (una famiglia benestante toscana) alla Vergine Maria, come viene raccontata in un vero e proprio saggio storico intitolato: Atti impuri-Vita di una monaca lesbica nell’Italia del Rinascimento, scritto dall’autrice americana Judith C. Brown.
A poco a poco Suor Benedetta, interpretata dall’attrice belga Virginie Efira, si avvia verso una personalissima forma di misticismo, tra visioni vere o presunte, stimmate reali o auto-inferte, stati di trance e voci dall’al di là udite o immaginate, insieme ad una forte personalità e capacità di leadership, ed acquisisce un forte potere personale che va a contrastare con quello della Madre Badessa, gelida e conservatrice – splendidamente interpretata da una feroce Charlotte Rampling – che per anni ha imposto le sue regole nel convento, quasi governando un regno.
Una giovane e disinibita novizia, Bartolomea (nel ruolo Daphne Patakia) guiderà Benedetta alla scoperta del sesso, con scene volutamente comiche e dissacranti, finché la Badessa farà la spia al nunzio papale, per vendicarsi dell’orgoglio personale della suora, ormai venerata da tutti, sia per il miracolo delle stimmate e sia per la capacità di parlare al cuore della gente.
Nel finale la peste e le masse popolari saranno dalla parte di Suor Benedetta e l’aiuteranno a sgominare i suoi nemici, salvandola dall’accusa di eresia, anche se con alcune discusse sequenze alla Bruce Lee.
Indipendenza versus controllo
Con il suo sguardo lucido e irriverente – provenendo, non va dimenticato, da un paese a maggioranza protestante – Verhoeven racconta, con modalità in questo caso davvero singolari, alcuni vizi della chiesa cattolica dell’epoca, controllante, punitiva e mortificante, soprattutto per le donne.
Non è tanto l’omosessualità a fare paura (anche quella!) ma soprattutto l’autonomia di pensiero, l’indipendenza spirituale, il misticismo ‘femminista’ – elementi in seguito analizzati dalle studiose di gender studies – ed il seguito personale di una figura femminile sicuramente interessante, pur se ambivalente e narcisista.
Le location in Italia e Francia
Pur essendo la vera Suor Benedetta vissuta nel Convento della Madre di Dio, a Pescia, e rispettando il film tale dislocazione spaziale, la maggior parte delle scene sono state girate a Montepulciano, successivamente a Bevagna e infine nella Val d’Orcia. Alcune riprese sono state invece realizzate in Francia, nell’abbazia cistercense di Silvacane, nel comune di La Roque-d’Anthéron, e nell’Abbazia di Le Thoronet.
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