Disponibile dal 9 luglio 2021 su Netflix, Come sono diventato un supereroe di Douglas Attal è una strepitosa opera prima, incentrata sul tema dei supereroi e basata sull’omonimo romanzo di Gérald Bronner.
Come sono diventato un supereroe | Trama e influenze
Gary Moreau (Pio Marmaï) è un tenente della polizia francese, al quale viene assegnato un importante caso in cui sono coinvolti dei ragazzi con superpoteri. A causa della sua scarsa condotta negli ultimi dieci anni, gli viene affiancata, suo malgrado, una collega, Cécile Schaltzmann (Vimala Pons).

Con l’aiuto di due sue storiche conoscenze, Callista (Leïla Bekhti) e Monté Carlo (Benoît Poelvoorde), Moreau rintraccerà un pericoloso traffico di sostanze che donano superpoteri a chi le inala.
Tra le influenze dichiarate dal regista e utilizzate per dare forma agli scenari e alle caratteristiche dei protagonisti, troviamo Watchmen, Daredevil e Batman. Ma, già al primissimo sguardo, sono evidenti riferimenti (più o meno consci) anche a un prodotto seriale più recente come per esempio The Boys.
«I poteri li hai o non li hai.»
E non solo perché al centro del racconto c’è un nugolo di persone con poteri sovrumani. L’atmosfera, il mood di Come sono diventato un supereroe pesca a piene mani da quell’universo fumettistico impregnato di oscurità, sofferenze, sensi di colpa, vendette, impotenza.
Una famiglia di supereroi
Moreau è una sorta di Bruce Wayne senza soldi né gadget. In compenso ha una propensione alla vita da scapolo, con tanto di appartamento disordinato e gatto da compagnia. Dietro questa facciata si nasconde, però, un animo segnato, le cui ferite emergeranno solo più avanti nel corso della narrazione e nei flashback che la attraversano.
Il legame del protagonista con i supereroi ha origini lontane: i Pack Royal – il trio composto da Monté Carlo, Callista e Gigaman (Clovis Cornillac) – hanno, in qualche modo, rappresentato la sua famiglia, accompagnandolo in un delicato momento di transizione e scoperta.

Dopo anni a combattere il crimine fianco a fianco, i sentimenti si instaurano in maniera istintiva, potente e durevole. Ecco perché troviamo Moreau a prendersi cura di Monté Carlo, quasi fossero figlio e padre.
Il lato umano è un aspetto fondamentale da esplorare in questa nuova generazione di supereroi, figli di una società che ne ha sempre più bisogno, ma che ancora non sa gestirli, difenderli e accettarli del tutto.
Il cinecomic che diventa buddy movie
La descrizione del contesto risulta uno degli elementi più riusciti, grazie alla quantità di dettagli e alla loro attualità. Tra Youtuber che stilano classifiche sui supereroi, pubblicità che inneggiano alla normalità, giovani alla ricerca di qualche “spasso”.
«Il sangue è la sostanza.»
Da qui deriva l’altro punto di forza di Come sono diventato un supereroe, rendendolo un buddy movie assolutamente unico nel suo genere e anche accattivante. Moreau e Cécile simboleggiano la classica coppia di poliziotti con poco o nulla in comune, costretti a collaborare e a fidarsi l’uno dell’altro, poiché ne va del loro lavoro e, soprattutto, della loro stessa sopravvivenza.
Gli scambi di battute e le scaramucce durante le indagini permettono di conoscere meglio le rispettive personalità, per cui diventa semplice empatizzare.

Nel frattempo anche il crimine ha la sua dignitosissima parte da giocare: il giovane Naja (Swann Arlaud), con i suoi traffici e lo spaccio di poteri, appartiene al tessuto sociale tanto quanto chiunque altro. Non sapremo mai chi o cosa lo ha spinto a imboccare quella strada, resta invece il dubbio se avrebbe potuto percorrerne una differente.
Un’ultima nota la vogliamo dedicare ai suggestivi ed emozionanti commenti musicali, a cura di Nino Vella e Adrien Prévost.
*Salve sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.