La cultura del Myanmar, uno dei paesi più poveri del sud-est asiatico, tormentato da continui colpi di stato – l’ultimo nel febbraio scorso-, è da sempre soggetta a controllo militare. Fare cinema nell’ ex-Birmania, quindi, è un’impresa. Con il film Money has four legs, il regista Maung Sun mostra, con chiari riferimenti autobiografici, tutte le difficoltà in cui versa l’industria cinematografica birmana, assoggettata da sempre ad una irrazionale censura. Il film, una delle chicche dell’ultimo Far East Film Festival, incarna in ogni inquadratura la bellezza del cinema del Myanmar di oggi.
“Qual è il messaggio di questo film?”
Wai Bhone (Okkar Dat Khe) è un giovane regista, figlio di un mostro sacro del cinema del passato che non c’è più, alle prese con il suo primo lungometraggio. Il film è un remake del gangster movie Bo Aung Din (Shwe Done Bi Aung, 1940). Il giovane fatica ad ultimare la pellicola.
Da una scena del film, Wai Bhone è pronto a girare una delle scene cruciali.
Da un lato, deve arginare i limiti della censura, che vede contenuti scabrosi e inappropriati ovunque, dimostrando di travisare completamente il significato del film. Dall’altra, ha a che fare con un cast in perenne ritardo e costantemente impreparato quando si tratta di girare. A questo si aggiungono i permessi mancanti, un produttore autoritario, che auspica il suo fallimento e vuole rimpiazzarlo e, infine, i soldi che non bastano mai.
Wai Bhone vive con la moglie Sleazir (Khin Khin Hsu), impiegata di banca, e la figlioletta Meemi, su cui i genitori ripongono grandi speranze. Il quadretto familiare è completato dalla presenza del cognato Zaw Myint (Ko Thu), un ubriacone dedito al crimine, che Wai cerca di aiutare reclutandolo come comparsa nel suo film. La generosità di Wai si trasforma in un pericoloso boomerang, quando Zaw rompe la costosa telecamera della produzione e Wai non ha i soldi per ripagare i danni. Preso dalla disperazione e irretito da Zaw, Wai si dà al crimine.
Da una scena del film, i due cognati Zaw (a sinistra) e Wai tramano ciò che li aiuterà ad uscire dai guai.
Una celebrazione dell’arte cinematografica
Il film, dal forte carattere autoreferenziale, considerando che i mezzi della produzione sono costantemente parte della messa in scena, è ricco di riferimenti culturali, citazioni colte, prop curiose, che rappresentano una critica decisa nei confronti del clima socio-politico del paese. Non si può non notare che i pochi soldi che Wai possiede sono tenuti nascosti proprio all’interno di una copia ingiallita di 1984, romanzo pubblicato nel 1949 dallo scrittore britannico George Orwell, in cui s’immagina il controllo totalitaristico sull’uomo attraverso il potere manipolatorio della propaganda.
Il film è zeppo di riferimenti come questo, tanto quanto la casa della famiglia di Wai è povera e spoglia di ogni cosa. L’unico oggetto di valore rimasto è un premio vinto dal genio cinematografico di suo padre da cui egli non vuole separarsi. Tuttavia, il film non si costruisce sullo stereotipo per assecondare il gusto del pubblico affinché venga visto. È piuttosto la celebrazione intellettuale dell’arte cinematografica e forse per questo non di facile comprensione e apprezzamento per tutti.
Da una scena del film, Wai è preso dalla disperazione a causa delle bravate dell’irresponsabile Zaw.
In alcuni frangenti, il film diventa quasi una lezione per aspiranti registi. I riferimenti alle riprese in soggettiva, la sequenza onirica di Zaw ed il mix di gangster movie ed action comedy, che si concretizza con la rapina perpetrata ai danni della banca da due “clown” pusillanimi, sono lampanti. Lo stesso danno alla telecamera rappresenta un riferimento chiaro ai costi ingenti e necessari, che le produzioni devono affrontare. Per avere la tecnologia giusta a disposizione bisogna avere il capitale e, soprattutto, un produttore onesto.
Da una scena del film, il set di Wai, mentre questi è impegnato a girare la scena conclusiva della pellicola.
Il lato comico del finale
Il film è senz’altro definito da una sottile vena intellettuale, ma non manca di divertire in modo leggero senza, però, voler compiacere nessuno. Il lato comico della vicenda sta tutto in Money has four legs, il titolo del film e del DVD, che il padre compra per la figlia, divoratrice di cartoni animati. “Il denaro scappa, corre veloce, è difficile acciuffarlo, ma se, invece, è lui a rincorrerti non puoi sfuggirgli”, dice Zaw, mentre guarda il cartone con la nipotina. Il detto è vero. Così, con una serie di buffi inconvenienti, equivoci sorprendenti ed una scena finale dai risvolti esilaranti si ridimensionano la gravità del film e la precarietà di questo cinema, che, alla fine, è proprio bello.