È da 15 anni che Emergency frequenta i luoghi di guerra, intervenendo a sostegno delle tante vittime dei conflitti, delle ingiustizie e delle povertà che ne derivano. Paolo Santolini e Fabrizio Lazzaretti hanno seguito per oltre due anni il lavoro che i medici e gli altri volontari dell’associazione hanno svolto tra Khartoum, dove un nuovo centro cardiochirurgico ha permesso di salvare le vite di numerosi profughi sudanesi, e Kabul, nel cui centro per vittime di guerra afghane vengono curati molti bambini feriti dalle mine anti-uomo.
Seguendo in montaggio parallelo le vicende di due minori, Yagoub, afgano di sette anni, e Murtaza, quindicenne sudanese sofferente di una patologia cardiaca, il documentario, con sguardo umano ed attento alla non spettacolarizzazione della tragedia, ci conduce in contesti dove la sofferenza e la morte fanno parte integrante della quotidianità del vivere.
I due registi evitano le interviste, provano a non fictionalizzare troppo la “realtà”, tentando piuttosto un approccio diretto – con mdp sempre vicina ai volti e poca cura per l’inquadratura – al materiale umano con il quale si confrontano. Ne esce un reportage che, pur non pretendendo l’obiettività, ha nel cinéma-verité i suoi riferimenti etico-linguistici e che raramente scende a patti con il sentimentalismo. Si entra senza mediazioni dentro le storie dei due giovani, ancora una volta simbolo di quell’ innocenza perduta per cause più grandi di loro, ancora una volta costretti ad una iniziazione alla sofferenza mai quanto qui letteralmente a prova di fuoco.
È lecito, e non troppo fuori luogo, pensare che documentari come questo, e tutto un certo cinema più attento alla ricerca e alla conoscenza che all’intrattenimento, svolgano un ruolo analogo a quello di Emergency nell’intervenire fattivamente in quella guerra mediatica dell’immaginario che spesso ci allontana dalla realtà e dall’impegno per relegarci a spettatori del risaputo e del conciliante.
Noi spettatori, vittime di un bombardamento e di astuzie tanto crudeli quanto quelle delle mine anti-uomo, possiamo, attraverso uno sguardo diverso sul mondo, riconquistare la nostra libertà di vedere e di pensare.
Salvatore Insana