Si è conclusa la 23a edizione del Far East Film Festival di Udine. Anche quest’anno c’è stato un successo di pubblico (ben 10.000 presenti in loco e 15.000 argonauti della rete sparsi in 38 paesi) che conferma ancora una volta che il FEFF è “la più ricca rassegna di cinema dell’Estremo Oriente in Europa”. È uscito alla grande dal difficile anno in cui il mondo è stato bloccato dalla pandemia da COVID-19 e lo ha fatto in nome dell’azzecatissimo motto coniato per questa edizione “Moving Forward” – andare avanti. Sempre.

L’interno della sala Astra del cinema Visionario di Udine, dove si sono tenute in questi giorni molte delle proiezioni dei film in concorso al FEFF23.
I vincitori per la giuria popolare
Nella tarda serata di ieri, sono stati proclamati i vincitori. Il cinema giapponese si è aggiudicato il primo e il secondo posto. Infatti, la giuria popolare ha premiato Uchida Eiji e il suo Midnight Swan (2020, Japan) con il Gelso d’Oro e Maeda Koji e il suoYou’re Not Normal, Either! (2021, Japan) con il Gelso d’Argento. Invece, My Missing Valentine (2020, Taiwan) di Chen Yu-hsun si è conquistato sia il Gelso di Cristallo che il Black Dragon Award.



I vincitori per la giuria di esperti
Invece, la giuria internazionale composta da Mike Hostench, Igort, Angel Sala ha assegnato il Gelso Bianco all’opera prima di Chan Kin-Long intitolata Hand Rolled Cigarette. Ha, inoltre, segnalato Anima della regista Cao Jingling per una menzione speciale. Infine il White Mulberry Award è andato a Soi Cheang e al suo Limbo (Hong Kong, 2021).


La lezione di rispetto del cinema orientale
Proclamati i vincitori, la manifestazione si chiude e l’appuntamento è all’anno prossimo dal 22 al 30 aprile 2022. Tuttavia, quando qualcosa giunge al termine si è sempre soliti fare un bilancio o riflettere su quanto imparato. In questo caso, non ci si può esimere dal sottolineare la lezione importante che il cinema orientale ha dato al pubblico in sala in questi giorni. Non ci si alza mai prima della fine dei titoli di coda. Andarsene non appena c’è il sentore che la pellicola si è conclusa, è irrispettoso. Significa trascurare o, peggio, mostrare indifferenza per il lavoro di centinaia di persone, che hanno realizzato il film di cui si è appena goduto.
Con ciò non si vogliono sminuire i temi straordinariamente rappresentati sullo schermo, le performance incredibili, spesso ad opera di attori bambini geniali o una cinematografia peculiare, che ha fatto vibrare gli animi di tutti, ma si vuole sottolineare come questo cinema insegni a valorizzare il lavoro di tutti, da quello del regista a quello del trovarobe. Il cinema orientale riesce a sensibilizza il pubblico anche in questo, presentando titoli di coda accattivanti ed esilaranti, commoventi e profondi, che spesso contengono il proseguo della storia, momenti topici della produzione e persino qualche papera degli attori.
Il cinema occidentale sta piano piano imparando a usare alcuni di questi escamotage, ma sempre troppo poco per trattenere lo spettatore poco attento, che scalpita per uscire dalla sala. Con astuzia e gentilezza, invece, il cinema orientale dimostra come si può riuscire a tenere quello stesso spettatore incollato alla poltroncina fino all’accendersi delle luci, senza mai per questo farlo sentire in trappola. Well done!