
Primo lungometraggio del ceco Jan Prusinowsky, “Frankie is a womanizer” segue un impianto da commedia sentimentale, mescolando ai ai toni leggeri della narrazione un’ ironia beffarda fatta di gesti bruschi e situazioni paradossali, e proponendo una via diversa del metter in scena le dinamiche umane, sottraendosi alla mielosità delle terre latine e preferendo lo spaesamento, l’inciampo, il distratto distacco dal mondo, l’umore glaciale.
Tutto ciò è ben espresso negli occhi e nella pavida visione del futuro di Frantisek, donnaiolo per natura, psichiatra radiato all’albo poiché amante di molti, troppi corpi, colpito chimicamente – si dice – dall’irresistibile fascino del tradire. Abbandonato dalla moglie, perso il controllo della propria vita, sarà costretto a riconsiderare le proprie scelte, ritornando “figlio”, nelle mani d’una madre possessiva ed ossessiva.
Il film, con andamento circolare – da un bar si parte e nello stesso si ritorna alla fine – va ad indagare con economia di azioni e sentimenti le relazioni tra le persone, i meccanismi d’attrazione e repulsione reciproca, la commedia menzognera del dire una cosa e farne un’altra. E se è sempre forte la tensione dell’individuo alla fuga dalle proprie responsabilità, la vicenda di Frantisek sembrerebbe voler dire che poi è sempre della stabilità che si va sognando, è della moglie che si è innamorati, è d’un figlio che si vorrebbe aver cura.
Salvatore Insana