‘Walchensee Forever’ una saga familiare dal Festival del cinema tedesco
Vincitore del premio Kompass-Perspektive alla Berlinale 2020, il documentario di Janna Ji Wonders è la storia senza tempo di una famiglia alla ricerca di una sua identità
Presentato in concorso al Festival del Cinema tedesco, Walchensee Forever è un documentario del 2021. La Produzione è di Flare Film, BR Bayerischer Rundfunk.
È una saga familiare, questa di Janna Ji Wonders: un viaggio a ritroso nel tempo. Inizia dal ristorante di famiglia sulle rive del lago Walchensee, nella Baviera del Sud, per arrivare a San Francisco, alla “Summer of Love”vissuta negli anni ’60 con la sorella. Janna va alla scoperta dei segreti di famiglia per risalire alle diverse personalità che compongono il suo albero genealogico. Una storia senza tempo sulla ricerca della propria identità. Un film sul ciclo della vita.
Walchensee Forever: la storia
Un intero secolo si riflette in questa epopea familiare, contraddistinta da donne forti. Poco dopo la fine della prima guerra mondiale, la bisnonna della regista si trasferisce sul lago bavarese di Walchensee e apre un ristorante per escursionisti nel meraviglioso paesaggio alpino. Persino stando dietro ai fornelli, la sua è una presenza “mondana e imponente“, come rivelano vecchie fotografie. Sua figlia Norma continua a gestire l’attività fino alla vecchiaia, sempre con rigore e senso del dovere, tanto da spingere le sue figlie, Frauke e Anna, ad avventurarsi nel mondo per ritrovare sé stesse. Anna approderà nella comunità di Rainer Langhans. Frauke si strugge per l’amore della sua vita, muore misteriosamente, diventando così una figura oscura . L’irrequieta Anna rimane inaspettatamente incinta e dà alla luce una bambina. Torna con la figlia Janna a Walchensee, dove la nonna diventa una figura importante. La regista Janna sta cercando risposte a domande di fondo sul significato della casa, sulle origini e su quanto riescano a plasmarci. Trova indizi nel legame tra quattro generazioni di donne e nei loro approcci alla vita molto diversi.
Walchensee Forever: una saga tutta al femminile
Il primo lungometraggio di Janna Ji Wonders, Walchensee Forever, vincitore del premio Kompass-Perspektive alla Berlinale, abbraccia appunto queste quattro generazioni di donne legate fra loro dal lago bavarese del titolo. La struttura è quella dell’intervista che raccoglie le loro testimonianze sotto forma di racconti intensi.
Sono donne diverse sia per età che per ideologie e vivono tutte in epoche differenti.
La prima di tutte è la nonna di Janna, Norma, che ha 104 anni al momento delle interviste. Trasferita a Walchensee con sua madre nel 1924 dopo la morte per epidemia della sorella, Norma aveva aperto un bar-ristorante sul lago, luogo di transito e passaggio per tutte le donne della famiglia Weller. Ed è stata lei a gestirlo con più pazienza e passione.
Labilità mentale
We tried to discover our own way of living
Molto affezionata a sua sorella Frauke, sei anni più giovane di lei, Anna è la madre di Janna e ci viene presentata in un’intervista particolarmente interessante. Anna parla del rapporto che aveva con la sorella e del loro intenso legame, pur nella loro diversità. Timida e riflessiva Anna, estroversa Frauke. Nei racconti di Anna le immagini si colorano di vivi ricordi dei viaggi in Messico, tra canti e balli al suono di una musica trascinante.
Le due raccolgono grandi consensi coi loro abiti bavaresi tipici. Permane la sensazione del sogno americano che diventa realtà, ma solo fino alla fine del viaggio. Un’ombra scura cala di colpo sul racconto di Anna quando parla del rapporto con gli uomini, talmente difficile da condurla addirittura in ospedale psichiatrico.
Lo spettro della follia getta la maschera; il malessere di Anna ha radici ben più profonde e complesse da essere attribuito solo al rapporto con gli uomini. La schizofrenia si rivela in tutta la sua crudeltà.
Il viaggio in India poi la porterà a riflettere su se stessa e sui suoi limiti, fino all’incontro con Rainer, estroso hippy, e, tornata in America, con il padre di Janna.
Tutti gli avvenimenti non sono raccontati dalla regista in semplice successione cronologica. Né con la sovrapposizione di epoche e personaggi presentati con la classica formula del “confronto parallelo” tra le donne.
La regia è più coraggiosa e sceglie il rischio dell’”analisi”. Un cammino più tortuoso e doloroso che non si limita a raccogliere le testimonianze, ma le espone con scientifica riflessione. Il racconto non diventa “romanzesco” perché sia più popolare e suscitare facile commozione. Le donne si stagliano sullo schermo, nel loro asettico bianco e nero o in ingannevoli colori sgargianti, come sagome di un cammino di formazione doloroso e soprattutto vero.
Un documentario con una profondità personale
We wanted to find out more about the secret of life
La profondità prende il sopravvento sul semplice aspetto documentaristico e le similitudini o le differenze raccolte dallo spettatore vengono percepite intuitivamente, non specificate in sceneggiatura. Lo spettatore ricostruisce gli eventi attraverso interviste intime, personali, elusive a volte, ma da cui traspare una grande onestà.
Pochi i dettagli storici, volutamente lasciati sullo sfondo, perché ciò che interessa è il racconto dal punto di vista umano.
Attraverso fotografie e video d’epoca consunti dal Tempo, e rincorsi da una voce fuori campo, il lago diviene cronista muto e il montaggio veloce regala un’atmosfera intensa.
Un film difficile Walchensee Forever, ma che induce a riflettere sul significato profondo di casa, famiglia, origini e vita.
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