Ho scelto di inaugurare questa rubrica dedicata alle donne che lavorano nel cinema con Marjane Satrapi, perché la ritengo un’autrice preziosa, per il suo talento certamente, ma ancor di più per il suo coraggio e per la sua profonda onestà intellettuale.
Marjane debutta sul grande schermo con una straordinaria opera prima, “Persepolis”, lungometraggio di animazione vincitore, tra gli altri, del Premio della Giuria al Festival di Cannes 2007.
L’idea del film, tratto dall’omonima graphic novel in quattro tomi (edizione Lizard , poi Sperling & Kupfer) da lei scritta ed illustrata, nasce insieme a quella della collaborazione con Vincent Paronnaud, disegnatore molto apprezzato in Francia (nome d’arte “Winshluss”), con il quale Marjane già condivideva lo studio dove lavora.
Oltre alla forte sintonia artistica, anche il fatto che Vincent non sia del tutto estraneo al linguaggio cinematografico sembra rendere la loro unione professionale particolarmente utile per la buona riuscita del progetto, sia per la stesura della sceneggiatura, che per la direzione delle differenti fasi di lavorazione. Ma se è vero questo, c’è anche da dire che i due cortometraggi d’animazione “Raging Blues” e “O’ Boy! What nice Legs!”, realizzati da Vincent, hanno poco a che spartire con la complessità di un lungometraggio come “Persepolis”, il che mette maggiormente in evidenza la sorprendente compiutezza del risultato poi ottenuto.
“Persepolis” racconta in prima persona la vita dell’autrice, dall’infanzia trascorsa a Teheran (Marjane nasce a Rasht, capoluogo della regione Gilan, nel 1969) fino al definitivo espatrio in Francia (1994), a Parigi, dove tutt’ora vive e lavora. Un interessante percorso di formazione che attraversa gli anni della rivoluzione islamica e della guerra tra l’Iran e l’Iraq (1980-1988). L’aspetto autobiografico è ciò che per primo colpisce in questa storia.
Marjane non delega nessun personaggio di fantasia per parlare del suo Paese. Usa il suo nome e la sua faccia, anche se stilizzata nei tratti di un disegno. A chiunque abbia visto il film risulta chiaro quanto questo tipo di scelta non abbia a che vedere con un’ipotetica vena narcisista. Al contrario, sembra piuttosto soddisfare il forte desiderio di assumersi la piena responsabilità di tutto ciò che viene narrato. Marjane racconta l’Iran attraverso gli occhi di chi ama la sua terra e lotta ogni giorno perché diventi un Paese libero e democratico. Apre la porta di casa sua allo spettatore, lo conduce per mano nelle stanze del suo passato, gli confida le proprie speranze, gli confessa paure ed errori, condivide con lui la gioia della scoperta e il dolore della perdita, ricordandogli cosa significhi la guerra e vivere in una dittatura. In un dialogo intimo, poetico, appassionato.
Ma c’è dell’altro. L’ironia. È formidabile la cifra ironica della scrittura di questa autrice, ciò che ne rende davvero originale lo stile, insieme alla semplicità del tratto grafico.
Ho sempre ritenuto l’ironia una potentissima arma di espressione. In questo caso la sua forza è addirittura rivoluzionaria. L’autrice/protagonista vive sulla propria pelle l’oppressione di un regime che, come se non bastasse, guarda alle donne come all’ultimo tassello della piramide della società. E cosa è capace di tirar fuori da una simile esperienza? La farsa. La farsa di un dramma che pur l’ha segnata in profondità, che è visceralmente parte del suo essere.
Credo non ci sia vittoria più grande di questa sulle miserie dell’essere umano. Marjane è uno spirito libero e vitale.
Il film, in bianco e nero, viene realizzato con la tecnica tradizionale di animazione. La trasposizione cinematografica aderisce perfettamente allo spirito della graphic novel da cui viene tratta, dando origine, comunque, ad un prodotto autonomo. Marjane e Vincent reimpastano gli ingredienti del romanzo a fumetti, trascurandone alcune parti ed enfatizzandone altre, e impostano la trama come un lungo flashback. Arricchiscono l’aspetto visivo con scenografie di stampo realistico ed illustrazioni astratte e simboliche. Con le musiche originali di Olivier Bernet, donano unità alla narrazione, rafforzandone ulteriormente il carattere. Il risultato è un’opera compiuta in ogni sua parte.
“Persepolis” ha, poi, anche il merito di aver contribuito a sdoganare l’animazione come genere indirizzato per lo più al pubblico dei piccoli, mettendo in evidenza le grandi potenzialità espressive di un linguaggio in grado di veicolare contenuti molto complessi e validi anche da un punto di vista più propriamente culturale.
In effetti, e in generale, trovo abbastanza curioso il fatto che l’animazione non abbia conquistato uno spazio di gran lunga maggiore in questo senso. Il successo riscosso sia da “Persepolis” che da “Waltz with Bashir” di Ari Folman, uscito un anno dopo, entrambi candidati agli Oscar anche se in differenti categorie, lasciava presagire una sorta di continuità che è stata poi smentita dalla realtà dei fatti. Che mi risulti, da allora, era il 2008, non è stato realizzato alcun film d’animazione degno di nota pensato per lo spettatore adulto. Ma chissà che il futuro non ci riserbi qualche sorpresa.
Sicuramente è una sorpresa, ma nella direzione opposta, che proprio il secondo lungometraggio di Marjane Satrapi, “Poulet aux Prunes”, ovvero “Pollo alle Prugne”, sia in “live action” . Niente animazione!
Anche in questo caso il soggetto è fornito da una sua omonima graphic novel, e sceneggiatura e regia sono firmate insieme a Vincent Paronnaud.
Stando al racconto a fumetti, la storia, ambientata a Teheran nel 1958, ha per protagonista un grande suonatore di tar, Nasser Alì.
Durante un’accesa discussione, la moglie di Nasser Alì spezza il suo prezioso tar. Un gesto crudele ed esasperato le cui conseguenze, tuttavia, prenderebbero una piega meno tragica, se il musicista, andando a comprare un nuovo strumento, non incontrasse il suo grande amore di gioventù, Irane.
È, infatti, l’apparente indifferenza dell’affascinante Irane a costituire il vero nodo drammatico della vicenda, ciò che stravolge l’universo interiore del protagonista e lo spinge a ripercorrere le tappe fondamentali della sua esistenza, in un confronto impietoso e sorprendentemente ironico con se stesso che non lascia spazio ad auto-compassioni.
Svuotato anche del ricordo di un sentimento d’amore corrisposto eppure mai vissuto, Nasser Alì non ha più musica da interpretare, non ha più piaceri da vivere. Non gli resta quindi altro da fare che lasciarsi morire.
All’inizio dell’articolo, ho parlato di coraggio ma anche di onestà intellettuale.
Nei suoi racconti Marjane, pur perseguendo una direzione precisa, tende sempre ad ampliare la veduta d’insieme. Personaggi e contesti vengono analizzati da prospettive diverse, a volte contrastanti, il che aggiunge dimensioni e quindi spessore alla narrazione.
Nel caso di “Pollo alle Prugne”, ad esempio, il protagonista, sulle prime, sembra essere la povera vittima di una serie di contingenze sfavorevoli: il conformismo del padre di Irane, che non gli concede la mano di sua figlia; la predilezione della madre per il figlio minore, suo fratello; l’incomprensione della moglie, che non sopporta la sua musica.
Nello svolgimento della trama, però, ci rendiamo conto che Nasser Alì avrebbe anche potuto ribellarsi a quel conformismo, invece di rinunciare all’amore di una vita; scopriamo che il suo amore nei confronti della madre è anche molto egoista e che l’asprezza della moglie è il frutto dell’indifferenza che lui stesso manifesta nei confronti di lei.
Ciò per dire che non esiste mai una verità assoluta. Esistono solo le piccole e differenti verità di ciascuno, ognuna con le proprie ragioni, più o meno dignitose.
Quel che resta da fare (e non è poco) è scegliere.
Nasser Alì sceglie di mettere da parte i propri sentimenti ed ecco che, lentamente, il suo spirito avvizzisce e insieme a lui la passione per la sua musica. A chi darne la colpa se non a se stesso?
Nel cast del film, che uscirà nelle sale il prossimo autunno, Mathieu Amalric nel ruolo di Nasser Alì, Golshifteh Farahani, Jamel Debbouze, Chiara Mastroianni, Isabella Rossellini, Maria de Medeiros.
Aspettiamo di vedere i frutti di questa nuova avventura intrapresa da Marjane e Vincent, curiosi di scoprire in che modo siano stati capaci di trasporre sul grande schermo, questa volta senza l’ausilio dell’animazione, l’aspetto onirico e lo stile tragicomico della graphic novel.
Ginevra Natale
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