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Taxidrivers Magazine

“Pulp” & “99 and 44 100 % Dead”

Tutto il cinema degli anni Settanta. Rubrica a cura di Paolo Gilli

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Certi film potevano uscire solo negli anni Settanta. Per questa ragione inauguriamo questa nuova rubrica, parlando di due dei crime movie più strambi – ed è tutto dire – usciti in quel glorioso decennio: Pulp (1972) e 99 and 44/100% Dead (1974).

Pulp (da noi poco conosciuto con il titolo Colpiscono senza pietà) è la seconda e purtroppo ultima collaborazione del trio Caine/Hodges/Klinger, ossia i responsabili per il miglior gangster movie britannico mai realizzato (se la gioca con The Long Good Friday), lo straordinario Get Carter (1971). Considerando il precedente, Pulp (che fu un fiasco tremendo al botteghino), risulta decisamente spiazzante, anche a distanza di quasi quarant’anni.

Innanzitutto, dalla grigia e uggiosa Newcastle si passa al clima mediterraneo di Malta, mentre l’atmosfera nichilista lascia spazio a un tono leggero e rilassato. Michael Caine è lo scrittore Mickey King, autore di popolarissimi romanzetti pulp, che viene ingaggiato da un ex-attore/gangster per scriverne la biografia. Mentre King (divertentissimi i suoi voice-over, costantemente in ritardo e/o in contrasto con la narrativa) cerca di ‘sbandolare’ la matassa in cui si è andato a ficcare, intorno a lui iniziano ad accumularsi i cadaveri.

L’elemento vincente di Pulp, però, è da ricercarsi nel “mood” che il film trasmette, in primis grazie all’ennesima interpretazione memorabile di Caine. Del tutto consapevole del suo status dell’epoca, il nostro gioca con il suo personaggio di Get Carter, ribaltandolo completamente (mentre si possono riscontrare tracce di Alfie e Harry Palmer).

Circondato da un cast variopinto – che include Lionel Stander, Mickey Rooney, Nadia Cassini, Al Lettieri, Leopoldo Trieste, Janet Agren e Luciano Pigozzi – Caine attraversa l’intero film con aria perennemente rilassata e decisamente divertita. Considerando gli ingredienti di questa commedia-gangster alquanto bizzarra, la scelta del titolo non appare certo un caso. Totalmente opposto in quasi tutto a Get Carter, ad una seconda occhiata le due pellicole hanno però in comune una trama piuttosto simile. Anche qui una ragazza è stata violentata e uccisa, e anche in questo caso sono coinvolti personaggi locali prominenti, che coprono a vicenda i loro crimini. In Pulp però tutto è (volutamente) più confuso.

Difficilmente catalogabile, ma non meno weirdo risulta invece 99 and 44/100% Dead (il titolo fa riferimento ad un famoso slogan delle saponette Ivory) dell’ancora troppo sottovalutato John Frankenheimer. Di produzione americana, il protagonista è però ancora una volta inglese. Richard Harris è Harry Crown, un gangster chiamato in “una” città (le riprese esterne sono state realizzate tra Miami e Seattle) non meglio identificata, ma dall’aspetto vagamente futuristico, per risolvere una guerra fra bande in favore del suo vecchio conoscente “Unkle Frank” (Edmond O’Brien). Tra gli avversari, Marvin “Claw” Zuckerman, un Chuck Connors uscito direttamente da un 007.

Se la premessa è alquanto semplice, il proseguimento risulta inutilmente contorto e macchinoso per risolversi in un finale di routine. Colpa della sceneggiatura di Robert Dillon (suo lo script del notevole Prime Cut di Michael Ritchie), ma anche di Frankenheimer, che sembra indeciso su quale direzione prendere. L’intenzione era probabilmente quella della black-comedy o della satira, ma il tono è da commedia demenziale (si gioca con l’immaginario gangster anni’30) e i personaggi finiscono per essere delle caricature. Qualcosa chiaramente non ha funzionato. Ci sono impennate d’azione tipiche per il periodo, ma che qui sembrano quasi fuori luogo. Come per Pulp, anche qui il termine “mood” è adeguato come non nessun’altro, ma Frankenheimer, questa volta, non ha né il ritmo né il brio del suo collega inglese. Harris (ma il regista avrebbe voluto Robert Mitchum), che ricorda proprio Caine, è lo stile fatto persona, non scomponendosi neanche per un secondo, e se il film resta in piedi è soprattutto grazie a lui.

Eppure nonostante tutte queste pecche 99 and 44/100% Dead ha qualcosa di affascinante e surreale. Sarà la geniale scena pre-credits, gli splendidi titoli di testa in stile pop-art (estetica adottata anche nelle scenografie), la comicità squisitamente “off” o l’atmosfera a volte letargica, a volte over-the-top (tanto da ricordare l’assurdità di certi cartoon), che attraversa l’intero film. In ogni caso, tutto ciò fa il suo effetto.

Come altri film di Fankenheimer diretti in quel periodo, la critica fu spietata e il pubblico non se lo filò manco di striscio. Non un capolavoro, ma decisamente unico. Oggi rappresenta una curiosità e un interessante tassello nella carriera del regista.

Paolo Gilli

  • Genere: Noir
  • Regia: Mike Hodegs / John Frankenheimer