Uomini giusti o crudeli, di famiglia o ombre solitarie. Uomini che vivono secondo le regole della violenza e della pistola o quelle delle stagioni e del raccolto. Uomini dannati che vagano sempre a una pallottola di distanza da una croce su Boot Hill o in cerca di pace in un mondo che è ancora lontano dal concepire tale parola. Volti segnati e occhi disillusi che rivelano cicatrici profonde e pelle dura crepata dal sole. Immersi in una terra che inevitabilmente spazza via tutto e che sovrasta anche le figure più imponenti. Il West, la cui unica oasi è un saloon che sa essere luogo di rifugio come di morte, dove bagnare le labbra con del whiskey e trovare una donna comprensiva e un letto per la notte. Il West, luogo di sogni infranti e l’amore per una terra che pretende sacrifici prima di essere avuta.
Come disse Don Jose, personaggio del capolavoro IlMucchio Selvaggio(1969)di Peckinpah, a quello interpretato da William Holden: “Tutti sognano di tornare bambini, anche i peggiori fra noi. Forse i peggiori lo sognano più di tutti”. È dal 1903, anno di quello che si considera il primo western realizzato, The Great Train Robbery(1903),film muto diretto da Edwin S. Potter, che questa landa selvaggia e le storie degli uomini e le donne che la popolano affascinano e vengono raccontate.
Da allora il western si è sviluppato ed evoluto in un genere solo all’apparenza semplice, ma in realtà sfaccettato e tentacolare. Dopo il muto con i suoi William S. Hart, Tom Mix e il leggendario Broncho Billy Anderson che fecero strada ai John Wayne, ai Gary Cooper e ai Gregory Peck, si entra nell’era dorata del genere classico meglio rappresentata da John Ford e Howard Hawks.
Il West si è tinto di tanti colori, l’elenco dei sottogeneri è lungo: il western all’italiana, conosciuto internazionalmente con il nome vagamente dispregiativo di Spaghetti Western, in cui a sua volta troviamo una moltitudine di filoni, dal western cosiddetto rivoluzionario a quello parodistico degli anni Settanta. Troviamo il western americano revisionistico, i western “rossi” (detti anche Osterns) tanto amati da Stalin e realizzati in Russia e nell’est Europa comunista, gli “acid western”, nati durante la new wave americana di fine anni Sessanta e i cui portavoce spaziano dallo Jodorowsky di El Topo (1970) a Dennis Hopper.
In questa pagina, mese dopo mese, titolo dopo titolo, si cercherà di esplorare questo territorio con la speranza di portare all’attenzione di chi vorrà film, registi, interpreti e tematiche poco “toccati” che invece meritano di essere conosciuti, appartenenti a un genere che forse non ha ancora il rispetto che merita. Un genere spontaneamente epico, essenziale ma mai povero. Si tratteranno film caduti in secondo piano, ingiustamente mal ricevuti al momento della loro uscita nelle sale o dimenticati negli anni a seguire.
Grazie alla sua presenza al festival di Venezia dove ha presentato, l’anno scorso, il film Road to Nowhere, si è timidamente ripreso a parlare di un regista troppo spesso ghettizzato, Monte Hellman, autore di due piccoli western ruvidi e pregni di simbologie: Le Colline Blu (1965) e La Sparatoria (1967). Oltre alla presenza di un giovaneJack Nicholson, queste due pellicole hanno in comune una forte dose di misticismo e rientrano nel già citato filone del western “in acido” che vedeva nel genere lo spazio e il modo per poter raccontare personaggi fortemente difettosi, tristi e introspettivi che rappresentano alla perfezione la società americana del periodo, disillusa e allo sbando. Hellman dimostra di conoscere il genere, mantenendo un gusto per l’epico tutto americano, ma guardando anche e soprattutto all’Italia con un utilizzo assolutamente sperimentale del montaggio e un uso talvolta psichedelico dei contrasti cromatici. Un cinema cinefilo, cinico e polveroso quello di Hellman.
È stato scelto come titolo di questa rubrica Dust: polvere rossa, gialla e sempre protagonista di ogni pellicola, al di sopra delle parti, che copre i volti sudati, che colora i vestiti e talvolta ricopre i cadaveri. Come cantò Leonard Cohen: “When it all comes down to dust I will kill you if I must”.
Eugenio Ercolani
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