Il ‘Patrick’ di Luke Fowler è un documentario sperimentale dedicato alla vita e le opere del musicista Patrick Joseph Cowley. Un lavoro breve compresso in un efficace intarsio di colori, frutto della pellicola in 16mm e del mix di brani dello stesso Cowley. Da vedere con lo schermo esclusivo in 4/3 mentre passato e presente del paesaggio urbano ed extraurbano di San Francisco si mescolano. Il documentario, della durata di 21 minuti, presentato al Pesaro Film Festival, è stato realizzato da Fowler durante una sua residenza d’artista presso L’Headlands Centre for the Arts di Marin County in California.
Trama
Patrick Joseph Cowley, le sue suggestioni ritmiche, l’uso del sintetizzatore, la sua rapida e folgorante carriera, tutto scorre, quasi a mo’ di voce off, nella narrazione di Maurice Tani, uno dei suoi primi e più stretti collaboratori. Con la figura umana e con gli strumenti di lavoro dei musicisti si alternano sequenze di dettagli naturalistici mesciati dal paesaggio urbano del South of Market district di San Francisco. Quello che negli anni ’70 di Cowley era il cuore pulsante alternativo della città è ora relegato a desolata memoria storica di un fremito di rinnovamento spentosi troppo presto.
TheEndUp
C’è una specie di totem all’interno di ‘Patrick’ che spinge gli elementi del presente a incontrare quelli del passato. È un pezzo del tessuto urbano, una volta attivo protagonista e ora leggendaria rievocazione della memoria di chi c’era. È il TheEndUp, un nightclub di San Francisco dove Cowley fece una delle sue ultime esibizioni come disc jokey, poco tempo prima della terribile diagnosi di AIDS e la morte prematura, in quello stesso novembre, a soli 32 anni. Le sequenze brevi e le inquadrature d’esterni sembrano voler veicolare tutte le emozioni e i ricordi attorno a questo luogo non-luogo, quasi un buco nero all’interno df una cronologia inesorabile.
‘Patrick’ e il Free Cinema
Uno dei movimenti artistici che da sempre ispira l’opera e il modo di essere dei documentari di Fowler è, senza alcun dubbio, quello del Free Cinema. Dalla manifestazione nel National Film Theatre di Londra, dal 1956 al 1959, cominciò a definirsi un nuovo modo sperimentale di concepire il lavoro di documentario, inteso come sguardo sulla realtà. La pellicola da 16 mm da subito ne divenne il passepartout ideale. Si formò un gruppo di giovani cineasti impegnati in produzioni quasi semiamatoriali che più che alla perfezione tecnica badavano a mettere in luce i problemi della vita contemporanea. Una rielaborazione neorealista che, come suggeriva a suo tempo Lindsay Anderson, una delle leader del Movimento, alla fine aveva lo scopo di trarre la matrice poetica delle cose. Proprio come Fowler e il suo ‘Patrick’ .
La musica
Tuttavia, la grande protagonista di ‘Patrick’ resta senza dubbio la musica di Cowley con la capcità di Fowler di fornirne una sintesi efficace in pochi minuti. In questo senso appare determinante l’uso del personaggio Maurice Tani. La sua attitudine verso le sonorità del tempo si intuisce già dalle prime inquadrature, comprensive del fedele sintetizzatore,.‘Sea of China’, ‘Sensitivity’ , ‘Don’t Ask’ e ‘Kickin’In’ compongono una colonna sonora formidabile tale da trasformare, a tratti, luoghi e tempi in un fantastico videoclip vintage.