Luca Ferri riprende lentamente, con inquadrature fisse, dettaglio dopo dettaglio. Prodotto e distribuito da Lab 80 film, Mille cipressi non è solo l’invito a riscoprire un monumento tombale considerato tra i gioielli dell’arte contemporanea. È l’esortazione a ripercorrere tutto il pensiero e l’ingegno di Carlo Scarpa, partendo da ciò in cui l’artista veneziano credeva:
Non so se i giovani sentano queste cose, ma non importa. Se l’architettura è buona chi l’ascolta e la guarda ne sente i benefici senza accorgersene. L’ambiente educa in maniera critica.
Mille cipressi: trama
Un uomo si appresta a visitare la tomba Brion, preparando nella propria silenziosa cucina un panino da portarsi dietro. Ma consumerà il pasto soltanto al termine della visita, dopo essersi nutrito con soddisfazione dell’intero percorso artistico. Dall’inizio alla fine del cortometraggio, l’uomo riflette sul discorso che Carlo Scarpa pronunciò nel 1978 in una conferenza a Madrid. Parole che citano le Historiae di Ugo Foscolo con riguardo all’importanza di essere educati ad una vasta conoscenza e ad una conoscenza del passato.
L’esistente e la sua negazione
Attraverso l’ascolto delle parole di Carlo Scarpa e la visione delle inquadrature fisse di Luca Ferri, lo studio della tomba si anima. Nel cortometraggio presentato alla 57ma Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro il monologo è affidato a Assila Cherfi, mentre l’uomo che visita il monumento è Vincenzo Turca. L’artista veneziano spiega le proprie intenzioni e i risultati raggiunti, ma confessa anche gli errori che lo hanno indotto a distruggere il già costruito e a ricominciare da capo. Un percorso di alti e bassi che in Mille cipressi diventa metafora della vita e della morte. L’alabastro, il bronzo e le altre materie formano l’esistente, nonostante i passi falsi che ne hanno via via ostacolato la realizzazione. Ma c’è il risvolto della medaglia, ovvero la negazione del tutto: il titolo Mille cipressi fa riferimento al massimo momento di sconforto, in cui Scarpa pensò che avrebbe preferito un bosco di cipressi al posto dell’ingegnosa opera monumentale. Il confine tra vita e morte allora coincide con la determinazione dell’artista, ovvero con la sua scelta finale.