CineCina

800 eroi di Guan Hu, il blockbuster patriottico della Cina

Published

on

Numeri impressionanti, ecco per cosa ci colpirà 800 eroi di Guan Hu (Mr. Six, 2015), una produzione Beijing Diqi Yinxiang Entertainment e Huayi Brothers Media, al Far East Film Festival e nelle sale italiane dal 25 giugno grazie a Notorious Pictures.

Un kolossal epico girato in IMAX e dedicato a un episodio della storia cinese che ha lasciato il segno più localmente che internazionalmente: questa impresa filmica mira a fissare nel tempo il sacrifico patriottico degli ottocento eroi del magazzino Sihang.

800 eroi di Guan Hu: la trama

1937, l’esercito nazionale cinese è schiacciato verso Shanghai dagli invasori giapponesi. Shanghai è l’ultima roccaforte prima dell’invasione di Nanchino, la capitale della giovanissima Repubblica. E all’interno di Shanghai, il magazzino Sihang è l’ultimo bastione in cui una divisione rimane in difesa per non capitolare completamente.

Davanti a loro, lo schieramento giapponese che ha appena ricevuto rinforzi, mentre dietro, divisi dal canale Suzhou, la Shanghai delle concessioni. Una zona della città che appartiene geograficamente alla Cina, ma politicamente alle potenze europee, e in cui prosegue la vita lontanissima dalla realtà bellica.

I Giapponesi sono molto attenti a non danneggiare questo lato della città per non incorrere in problemi con l’Europa che, dal canto suo, osserva da vicino l’evolversi della battaglia senza prendervi parte. La resistenza del battaglione rimasto al Sihang è fondamentale per far pressione sull’opinione internazionale in favore della Cina, fino a questo momento lasciata sola a fronteggiare il Giappone, nel pieno di una guerra civile interna.

I soldati presenti sono poco più di 400, ma per non far sapere l’esatto numero in difesa dell’edificio, gli alti funzionari dell’esercito ne comunicano il doppio, 800.

La resistenza dura quattro giorni, al termine dei quali i Cinesi tentano una ritirata, al fine di trasmettere lo spirito patriottico e tenere in vita la patria.

Guarda il trailer di 800 eroi di Guan Hu.

Filologico e filogovernativo

Non è scontato approcciarsi a 800 eroi di Guan Hu senza una conoscenza di questo episodio storico e più in generale, di come la guerra si stava svolgendo sul lato asiatico. Malgrado la storia distributiva confusa del film (che avrebbe dovuto esordire nel 2019 allo Shanghai International Film Festival, poi ritirato), i 147 minuti di resistenza stremata sfoggiano fortissime note patriottiche, quasi nazionaliste.

Chissà se Guan Hu volesse restituire uno spazio anche alla fazione del Kuomintang (e per questo poi si è arenato nella sua premiere nazionale). Storicamente, infatti, ha avuto un ruolo notevole nell’opposizione all’invasione giapponese. Ma le parti, qui, si confondono e quello che rimane sono i personaggi, a cui il regista si affeziona e verso i quali ci spinge ad avvicinarci.

The show must go on

D’altro canto, Guang Hu ha cercato un modo per descrivere la guerra sfruttando al meglio le infinite possibilità del digitale e del suo budget (80 milioni di dollari). Non solo per la straordinaria veridicità dell’ambiente (ricostruito in un anno e mezzo di lavoro), dove anche il fango sembra uscire dallo schermo. Più che altro per le scelte di regia e i punti macchina, che in collaborazione con il direttore alla fotografia Cao Yu (Forever Young, 2018), Hu ha meticolosamente preparato.

La sua intenzione è rappresentare l’abominio, il collasso diffuso e il senso di impotenza, le dimensioni di questo scontro e l’ossimoro spaziale che divideva Shanghai tra lo splendore e il cimitero.

Alcune inquadrature memorabili evidenziano questa sconfitta con maestosa spettacolarità. Ad esempio, il momento dello scontro al terzo piano dell’edificio, con un campo lungo laterale, perfettamente bilanciato tra le due fazioni, e la luce che si accende improvvisamente, in un lampo folgorante. È lì che comincia lo show.

Perché è di quello che si tratta, soprattutto per questi aristocratici osservatori stranieri, che al di là del Suzhou Creek affollano le balaustre come fossero allo stadio. O peggio, se ne stanno a sorseggiare la bibita dall’alto, in una piacevole ricognizione dal dirigibile.

Questo vetro invisibile e infrangibile separa la Shanghai delle concessioni così come la platea, pungolando fastidiosamente, con questo gioco tra lo spettatore e gli attori del massacro.

Il valore dei dettagli sul campo di battaglia

Dopo solo un’ora di film, gli intrepidi soldati hanno già affrontato talmente tanti attacchi che non si vede alternativa se non la resa. La carneficina ha già assunto diverse forme, i valorosi sono morti, i codardi giustiziati, i giusti infilzati. Chi aveva un buon cuore ha dovuto uccidere, chi aveva sete di vendetta, era nel posto giusto. Le descrizioni di come la morte prende questi eroi nelle peggiori modalità, è puntuale. E i dettagli sono ciò a cui il regista si appiglia per lasciare ai personaggi crivellati, l’ultimo soffio di dignità nello spirare in sofferenza: la fotografia dell’amata, il cavallo bianco, il fratello o la fratellanza.

Se fossimo tutti come loro, i Giapponesi non avrebbero scampo.

Poi, arriva l’inversione di marcia, e quello che poco prima era solo “pubblico”, attraversa il proscenio e si getta sul palco per dare il proprio contributo. Da quel momento in poi, la partecipazione e il sostegno dell’altra Shanghai saranno evidenti e fondamentali.

Purtroppo, però, il film è sfiancante. La lunghissima sequenza in cui i soldati si intestardiscono sulla bandiera è quasi folle. Completamente realizzato con tecnologia IMAX,  è pensato per  le ultratecnologiche sale della Cina: non per quelle della provincia italiana. Se ci era sembrata difficile la sequenza dell’attacco di Pearl Harbor (Michael Bay, 2001), oppure affannante l’impresa di Dunkirk (Christopher Nolan, 2017), allora l’opera ambiziosa di Guan Hu non ci farà respirare. Eppure, registicamente è arte sopraffina.

La poesia tra le granate

Carico di metafore poetiche, Guan Hu ha realizzato un film di guerra maestoso e suggestivo. Prima di tutto, il cavallo bianco, stilema dell’eroismo che sopravvive, il patriottismo che corre e si macchia di sangue, ma rimane anche quando la morte ha preso tutto.

O l’infinta scena del lavaggio dei corpi che si preparano alla ritirata, che diventerà un eccidio. C’è qualcosa di religioso: in montaggio alternato, il politico con le sue parole dà l’estrema unzione ai soldati. Mentre questi depurano il fisico e si preparano a lasciare la terra.

E ancora, le lettere, le scritte, i messaggi, che ritornano, ma saranno negati al pubblico italiano, che non può decifrare quegli ideogrammi.

Ti sta crescendo la barba…

È la battuta più rappresentativa di tutto i film: 800 eroi di Guan Hu non è solo una storia di uomini che diventano adulti, ma anche di una giovane nazione che diventa tale, unita e gloriosa.

Questa è la riscossa del sogno cinese: da sempre abituati a digerire la morale hollywoodiana, con questo film ci possiamo confrontare con quella che sarà l’etica del futuro. Perché grazie ai quasi 500 milioni di dollari di incasso, è questo il nuovo ideale che entrerà dagli schermi nelle nostre case.

Commenta
Exit mobile version