Marco Speroni ha partecipato alla scorsa edizione del Biografilm Festival con A declaration of love, in concorso nella sezione Biografilm Italia. Il film esce ora al cinema con OpenDDB.
A declaration of love il film di Marco Speroni al cinema
A declaration of love, la trama
Si ripercorre la vicenda terribile di Curtis McCarty, che nel 1985 una corte ha condannato per un omicidio mai commesso. Nel corso del tempo è riemersa la verità, non tanto sull’uccisione della ragazza, quanto sul comportamento ritenuto illecito del chimico forense Joyce Gilchrist e del procuratore Robert H. Macy. Dopo ventidue anni scontati nel carcere dell’Oklahoma, McCarty ha ricevuto infine la libertà. Ma nessuno è stato in grado di offrirgli un sostegno, e ciò lo ha spinto verso una vita al limite della sopravvivenza, diventando un senzatetto e un tossicodipendente.
A declaration of love, la recensione
Condannato. Un marchio che si sente sulla pelle di Curtis McCarty, al centro del documentario A declaration of love, presentato al Biografilm Festival 2021. Un americano che ha subito uno dei tanti errori giudiziari della storia recente. Non è l’unico; ce ne sono tanti come lui. Il cinema è stato più volte la voce dei più deboli. Ha rafforzato le loro gesta contro una giustizia che è equa solo a determinate condizioni. Da Hurricane a Il diritto di opporsi, non si può certo dire che manchi la sensibilità verso questi temi. In questi casi, per fortuna, hanno avuto un esito favorevole. Marco Speroni nel film A declaration of love ha scelto questo caso per un motivo molto semplice: nella lunga e straziante intervista si è trovato davanti a un uomo che, dopo ventidue anni passati nel braccio della morte, non si è più rialzato.
McCarty vs McCarty
Curtis McCarty è un uomo sconfitto. E non è di certo colpa sua. Tutti, chi più chi meno, compiono errori, indipendentemente dall’educazione familiare ricevuta che, nel caso specifico di questo personaggio, era la migliore che potesse avere. Grazie ai genitori aveva appreso i principi dello Stato americano, quelli che per altro si ribadiscono più volte nel corso del documentario, alternando le fasi dell’intervista. Si sentiva protetto dai valori di suo padre e di sua madre, come il rispetto delle regole e delle stesse istituzioni. Ben presto, però, quelle parole perderanno il loro senso originario, graffiate dalla sofferenza provata dall’uomo, affogato nell’indifferenza generale a causa dell’incapacità (si scoprirà poi voluta) di avere giustizia per la morte di quella ragazza. La legge del contrappasso ha colpito il McCarty sbagliato, perseguitato da un procuratore distrettuale, Robert H. Macy, che secondo uno studio di Harvard «ha mandato più persone nel braccio della morte (54) rispetto a qualsiasi altro negli Stati Uniti».
Le emozioni in primo piano
A declaration of love vuole concentrarsi di più sugli effetti che sulle cause. C’è un fior fior d’inchieste che ha saputo provare la sua innocenza, ma questo ovviamente non basta a ridare dignità a un uomo provato da un’esperienza brutale e immorale. Marco Speroni sente dunque il bisogno di focalizzarsi sul volto, riemerso dopo vent’anni passati ingiustamente nel Penitenziario di Stato dell’Oklahoma e dove si vedono le rughe emergere insieme al dolore che non passerà più. Ogni sua frase è una sconfitta per la società americana, incapace non solo di fare mea culpa, ma anche di trovare una soluzione adatta a lui. La solitudine dentro il carcere lo ha dunque portato verso un isolamento emotivo che si è accentuato sempre di più, una volta riottenuta la libertà. Quelle inquadrature strette sui suoi occhi svelano un uomo sopravvissuto e lasciato solo sin dall’inizio, in balia di un destino che non ha deciso, ma che gli è stato imposto sulla base di un errore che sta pagando solo lui, nella sua vita.