I May Destroy You di Michaela Coel potrebbe essere una delle serie TV più importanti uscite fino ad oggi. Fresca vincitrice di quattro premi Bafta 2021, tra cui quello di miglior miniserie, è distribuita da BBC One e HBO e in Italia è ancora inedita. Girata nel 2020, è stata preparata in due anni e mezzo.
La storia è una rivisitazione romanzata dell’aggressione sessuale della Coel, avvenuta mentre scriveva la sua commedia di Channel 4, Chewing Gum.
La serie ruota attorno alla questione del consenso, anche se etichettarlo esclusivamente come consent drama significherebbe fare alla talentuosa narrazione di Michaela Coel una grande ingiustizia.
I May Destroy You potrebbe essere descritta più accuratamente come una riflessione trasparente sulle complessità della vita, con una maggiore visibilità data a questioni generalmente considerate tabù.
Dodici episodi di circa trenta minuti, pieni di arguzia e osservazioni acute, in cui Coel ha sostituito le risate del precedente lavoro con verità necessarie e incisive.
Trama
I May Destroy You segue la storia di Arabella (interpretata dalla stessa Coel), una scrittrice emergente, il cui libro di debutto ha riscosso un certo successo. La incontriamo per la prima volta in Italia, a Ostia, dove i suoi agenti l’hanno mandata per lavorare al suo secondo romanzo, ma dove invece lei trascorre il tempo con il suo amante italiano.
Al suo ritorno a Londra è costretta a passare una notte intera sveglia per concludere qualcosa prima della scadenza imminente. Le cose prendono una brutta piega quando si concede una pausa dalla scrittura per incontrare gli amici per un drink.
Si sveglia la mattina dopo con un taglio sulla testa, il telefono rotto e senza nessuna idea di come sia tornata alla sua scrivania. Mettendo insieme informazioni da flashback inquietanti, si rende conto che nel suo drink c’era qualcosa che non andava e che la notte prima è stata violentata.
Da quel momento la vita della ragazza è costretta a cambiare, per quanto lei sembri non volerlo ammettere.
Il rapporto tra personaggio e autore
Il caso di Arabella Essiedu è un paradosso comune. La protagonista di I May Destroy You condivide molto con la sua creatrice Michaela Coel, che la interpreta anche nello show.
Sia Arabella sia Michaela sono londinesi cresciute in quartieri popolari: entrambe figlie di madri dell’Africa occidentale, entrambe scrittrici, e tutte e due hanno frequentato scuole cattoliche rigide.
Ma Arabella non è Michaela.
Quando la storia inizia, la protagonista è al mare, incapace di scrivere il romanzo per cui è stata chiamata da una rinomata casa editrice. Coel, al contrario, è a capo del suo secondo programma televisivo.
In I May Destroy You, le differenze tra il personaggio e la sua creatrice sono significative. Arabella e Michaela, quando subiscono l’aggressione, sono in momenti diversi della loro carriera. Un trauma che Arabella subisce nel primo episodio durante un incidente modellato sulla vita reale di Coel.
Una storia di formazione
I May Destroy You è tanti spettacoli in uno, al punto che concentrarsi su un qualsiasi aspetto della storia sembra quasi riduttivo.
È una racconto che mette la lente di ingrandimento sui millennial neri.
È un dramma sull’aggressione, le sue conseguenze e tutte le forme nebulose che può assumere.
Ma è anche, per usare una parola che Arabella avrebbe sicuramente deriso, un Künstlerroman, una storia di formazione con un artista al centro, che segue la crescita sia di una persona sia della sua voce creativa.
L’arte che Michaela Coel e il suo personaggio praticano è complessa: lavorano per romanzare la loro storia dolorosa, senza diminuirne l’impatto o riviverne il trauma.
L’opera sociale di Michaela Coel
Il lavoro di Michaela Coel dissipa sapientemente le nozioni tradizionali di narrazione, dissolvendo l’illusione fittizia di protagonisti e antagonisti.
Arabella (Michaela Coel), Terry (Weruche Opia) e Kwame (Paapa Essiedu) sono scritti e presentati come individui ricchi di sfumature, capaci di causare danni quanto di risollevare chi li circonda.
Le trame in continua espansione intrecciano ogni episodio, commentando molte realtà socio-culturali.
Il ritratto dei tre ragazzi mostra tre identità definite in parte dai loro lati oscuri e dallo spettro della loro sessualità. Ogni personaggio riflette aspetti della popolazione nera che i bianchi tendono a non considerare.
L’acuto spirito di Michaela Coel consente di articolare le realtà della dinamica di potere tra le donne nere e la supremazia bianca.
Il giustificabile risentimento di Arabella nell’essere definita “afro-caraibica” da un operatore sanitario, e la sua insistenza nel sottolineare che questa ignoranza alimenta la differenza di trattamento, sembrano voler gridare al mondo la rabbia e l’angoscia per alcune delle micro aggressioni che le donne nere affrontano ogni giorno.
Il racconto schietto della violenza
La serie non solo riflette la triste realtà per cui chiunque può essere vittima di violenza sessuale, ma ci spinge ad analizzare come gli stereotipi culturali e d’identità agiscano da limiti, per fornire a determinati individui compassione, supporto e cura adeguati.
Il punto non è entrare in empatia con Arabella e Kwame per i traumi subiti perché sono persone “buone”, ma riconoscere le conseguenze negative della violenza.
Inoltre, I May Destroy You è una rappresentazione onesta dei molti modi in cui il trauma post violenza può presentarsi.
Il disagio della protagonista, per esempio, dovuto all’incapacità della polizia nel trovare l’aggressore, la spinge ad amplificare la sua voce sui social media. A sostenere le vittime di violenze perché incapace di impegnarsi in modo adeguato con il proprio trauma.
È interessante l’insistenza di Michaela Coel nell’affrontare senza scuse il tabù per lasciare spazio alla catarsi, alla guarigione e alla crescita.
Utilizza i flashback della scuola superiore per permettere allo spettatore di riconoscere l’intero spettro di aggressioni sessuali, per lavorare sulla consapevolezza di potenziali esperienze con mancanza di consenso.
Il tema del consenso diviene infatti un punto centrale del racconto che coinvolge la protagonista anche in età adulta.
Il disagio come catarsi e guarigione
La serie ha il pregio di non limitarsi a trattare gli argomenti in modo convenzionale, ma cerca di guardare il lato nascosto della luna, raccontandoci di una donna nera in ogni dimensione possibile.
Una riflessione particolarmente sorprendente è la confessione di Arabella durante la terapia: gli obblighi di lavoro le tolgono tempo, denaro e risorse per riprendersi dal trauma.
Indipendentemente da ciò, l’impegno della ragazza sprona gli spettatori a riconoscere i vantaggi di cercare un aiuto professionale per gestire gli aspetti negativi dell’esistenza.
Vedere una donna nera che ha regolari incontri con il suo terapeuta nero incentiva l’idea di frequentare la terapia per chi ne ha bisogno; in particolare per la comunità black, che potrebbe essere riluttante a elaborare il proprio trauma, per paura dello stigma associato alla cattiva salute mentale.
I May Destroy You costringe a provare disagio e a riconoscere gli errori nei nostri tentativi imperfetti di racchiudere in categorie il genere umano.
Arabella è vittima di violenza sessuale, lasciata da amici in un ambiente in cui la sua vulnerabilità viene sfruttata con violenza. Eppure il rapporto della protagonista con Kwame la posiziona occasionalmente come una forza schiacciante negativa nella vita dell’amico.
In particolare, la storia di Kwame segue la narrazione di una violenza vissuta al di fuori di un contesto eterosessuale.
L’importanza del titolo
Mai come in questo caso il titolo è fondamentale, come il verbo che è stato scelto al suo interno.
I May Destroy You si traduce con “io posso distruggerti”; quindi, non “io voglio distruggerti” o io “devo distruggerti”. La scelta del verbo potere non è affatto casuale.
C’è una ambiguità nel titolo: non è specificato chi sia ”I” e chi sia “you”. Potrebbe riferirsi alla protagonista o allo stupratore, dando alla serie il significato di una storia di sopravvivenza. Perché nonostante lo stupro subito, Arabella non si distruggerà, ma troverà una nuova forza.
Ma si potrebbero anche invertire i ruoli e associare “I” ad Arabella, mentre “You” possono essere i vari ragazzi da cui la protagonista ha subito abusi.
Questa ultima possibilità offre una chiave di lettura diversa della serie, perché ciò che la ragazza scoprirà è che distruggere il suo nemico è una possibilità e non un obbligo.
La scelta non dipende dalla società, né da chi sta accanto alla vittima e vuole sfogare la rabbia contro il carnefice. È solo della protagonista che per molti motivi non si può giudicare.
Il finale di I May Destroy You può risultare sorprendente e persino inaccettabile. Ma è, in realtà, la conseguenza logica del suo titolo.
La vittoria della protagonista è aver ritrovato la pace interiore, capendo di aver recuperato ciò che ha perso: il potere di scegliere.