In cabina di regia ritroviamo colui che ha dato inizio a tutto: John Krasinski. L’attore, regista, sceneggiatore e produttore torna nei panni di Lee, ma solo per il prologo. Nel sequel viene infatti presentato l’antefatto che ha condotto i protagonisti a vivere in un mondo ormai quasi deserto e in totale silenzio.
«Questa è determinazione.»
«No è necessità.»
«Di trovare aiuto?»
«No, di aiutare.»
A Quiet Place II | Il terrore arriva dal cielo
La chiave di un progetto come A Quiet Place potrebbe trovarsi benissimo nei primi minuti di film. Una partita di baseball giovanile invita lo spettatore a entrare in un piccolo microcosmo, come quelli caratteristici della provincia americana. Dagli spalti gremiti di genitori e familiari, il clima conviviale, la confusione, il tifo e la spensieratezza, tutto a un tratto vengono interrotti.
Nel cielo, una misteriosa scia di fuoco proietta paure e interrogativi profondi nell’animo di ogni partecipante. Dentro e fuori la narrazione. La corsa disperata di Lee (Krasinski), e della sua comunità, inizia a gettare i semi di ciò che di lì a poco prenderà forma. Il terrore.
Inutile descrivere gli accadimenti sullo schermo, sia perché in parte si conoscono e sia perché meritano di essere sperimentati sulla propria pelle.
Esperienza e bravura al servizio di John Krasinski
Krasinski è ormai padrone dei suoi mezzi; lo si percepisce in ogni singola inquadratura, forte anche dell’esperienza davanti alla macchina da presa.
Accarezza i suoi attori girandogli intorno, suggerendo di osservare più da vicino quello che li agita, che li fa scattare, che dà loro un motivo per sopravvivere o per aiutare. Non potendo troppo utilizzare la voce e le parole, tanto è lasciato agli sguardi e ai gesti.
Ecco quindi che si rivelano fondamentali gli interpreti del calibro di Cillian Murphy ed Emily Blunt, a cui fanno eco i giovanissimi – ma già ampiamente e unanimamente apprezzati – Millicent Simmonds e Noah Jupe.
Se in A Quiet Place – Un posto tranquillo la famiglia Abbott lavorava come un unico nucleo, dove tutti avevano un preciso ruolo, nel secondo capitolo le cose in qualche modo cambiano.
A Quiet Place II | La famiglia “ricomposta”
La dipartita del capofamiglia ha lasciato un vuoto incolmabile. Affettivamente, ma anche e soprattutto dal punto di vista pratico. Evelyn (Blunt) deve cavarsela con tre figli, uno dei quali appena nato. Regan (Simmonds) e Marcus (Jupe) sono costretti a compiere l’ennesimo balzo in avanti in termini di crescita, maturità, presa di coscienza.
Da loro dipenderanno le sorti della famiglia. E proprio questa torna come una delle tematiche cardine, arricchendosi di nuove sfaccettature.
L’arrivo sulla Terra degli alieni ha distrutto il mondo come lo conoscevamo, spingendo l’umanità verso incredibili sfide e soluzioni. L’incontro tra Evelyn, i suoi ed Emmett (Murphy) sembra rimettere i tasselli al posto giusto, per quanto siano improvvisati.
Si viene così a creare un nuovo nucleo, composto di adulti e bambini, coesi al fine di non soccombere. E il concetto di casa riassume un pizzico del suo valore.
Varie linee narrative tenute insieme da un’ottima suspense
A Quiet Place II possiede una trama più sfilacciata, dal momento che le linee narrative portano i protagonisti a separarsi e ad affrontare situazioni diversamente complicate. Nonostante ciò, la suspense cresce di minuto in minuto, tenendo ben annodati insieme tutti i fili e facendo sì che l’attenzione non possa mai calare.
Sono novantasette minuti di pura adrenalina, di intrattenimento catartico e di quell’eccitazione che viene voglia di condividere appena usciti dalla sala.
Ma attenzione, perché dietro la facciata da blockbuster – Michael Bay compare in veste di produttore – si trovano riflessioni interessanti e lodevoli. A partire dalla descrizione di un’umanità completamente privata di ciò che la rendeva tale: sciacallaggio, violenza, soprusi diventano i termini di paragone su cui basare il giudizio degli altri.
«Le persone ancora vive non sono come prima […] Quelle non sono persone da salvare.»
Di brave persone ne restano poche nei momenti di difficoltà, ma la speranza non deve mai morire. Mai. E chi può farsi portatore di un simile messaggio se non i bambini?
Il suggestivo e superbo montaggio finale lo sta a indicare, nella maniera più semplice e potente che si possa immaginare. La salvezza del mondo intero viene riposta nelle loro mani e nelle loro fantastiche menti.
Un’ultima positiva lode va al sempre magnifico contributo musicale, che porta la firma di Marco Beltrami.