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Asian Film Festival

Grey Fish nella sezione Newcomers del 18° Asian Film Festival di Roma

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Già presentato al Bridges International Film Festival, é stato proiettato venerdì 17 giugno nella sezione Newcomers del 18° Asian Film Festival di Roma, alla Farnese Arthouse di Piazza Campo De’ Fiori 56, Grey Fish, il film d’esordio di He Sheng. Una meditazione onirica sulla memoria, la giovinezza e l’amore, in cui il protagonista, e con lui lo spettatore, si trova sospeso fra le diverse e opposte dimensioni della realtà e dell’immaginazione, che senza soluzione di continuità sfumano liberamente l’una nell’altra.

Durante un sogno, il musicista Chen Xun si vede ragazzo percorrere in moto una strada di campagna insieme a una fanciulla che non conosce. Dopo una breve sosta, la misteriosa ragazza è svanita. Al risveglio, torna nel villaggio natale approfittando della festa di Qingming, dedicata al culto degli avi.

Qui ritrova il vecchio padre infermo e alcuni amici di gioventù, compresa una ragazza della quale uno di loro è ancora innamorato. Intanto, compaiono come per caso immagini dell’ignota fanciulla del sogno, alla quale Chen non sa attribuire un’identità.

Pur nella durata esegua del film, l’esordiente regista e sceneggiatore intreccia temi profondi e complessi, come le occasioni perdute della giovinezza e il tentativo di coglierle nell’età adulta; il contrasto fra la città e la campagna, rinverdita e rigenerata dalla primavera (la festività di Qingming si celebra non a caso fra il 4 e il 5 aprile); il difficile rapporto fra le generazioni, spesso impossibile e ridotto a un dialogo tanto superficiale da risolversi in pochi scambi di battute; infine, il ritorno della memoria sull’infanzia, rivista nella maturità quasi come una stagione mitica e fuori dal tempo.

Una tale ricchezza tematica viene trattata non seguendo una logica narrativa stringente: piuttosto affidandosi a suggestioni, a salti temporali e improvvisi mutamenti d’ambientazione (il film è girato prevalentemente in esterni), che, se da un lato possono disorientare lo spettatore abituato ad un modo di raccontare più convenzionale, dall’altro lasciano il regista libero di passare da uno all’altro dei temi cardine della storia con impalpabile ed inavvertita leggerezza, in un libero fluire di una sequenza nell’altra, cui contribuisce in maniera determinante l’utilizzo minimo del montaggio.

La scelta di ridurre quanto più possibile la segmentazione e di optare in favore di lunghe riprese continue e di piani sequenza, spesso costituiti d’inquadrature fisse o con movimenti di macchina appena accennati, sovente senza personaggi in campo, si rivela dunque funzionale alla creazione di un ritmo narrativo e di un’atmosfera onirica e sospesa, quasi la realtà stessa perdesse di consistenza e si dissolvesse nella dimensione sfuggente e indecifrabile del sogno.

Il titolo può forse trovare la propria ragion d’essere nell’inquadratura finale che, perdurando oltre i titoli di coda, riporta lo spettatore all’interno della diegesi, come un sogno che non vuole finire, o che ricomincia da capo dopo una momentanea interruzione.

Un’opera, dunque, dallo stile spiccatamente personale e forse, per lo spettatore più legato a una narrazione improntata alla consequenzialità logica, di difficile fruizione, ma senz’altro ricca di quel fascino tipicamente orientale nel fondere la realtà col sogno e la fantasia; nonché già capace di adoperare al meglio quegli elementi del linguaggio cinematografico funzionali a costruire l’universo diegetico dove la realtà e il sogno sfumano e si confondono l’uno nell’altro, che costituisce la cifra stilistica dell’opera e la marca autoriale del regista e sceneggiatore.

Grey Fish

  • Anno: 2020
  • Durata: 79'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Cina
  • Regia: He Sheng

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