Cavallerizzo di Yuri Pirondi e Ines Bonhorst è stato presentato in anteprima mondiale al Biografilm Festival.
È un documentario che affronta vari temi, come lo sfruttamento idrogeologico, la delocalizzazione e l’impegno di un’intera comunità nel portare avanti le proprie tradizioni. Gli autori di Cavallerizzo, però, evitano di usare un registro espressivo didascalico. I fatti narrati non vengono esposti per esprimere una denuncia sociale o politica. Piuttosto, assumono una funzione evocativa rivolta a una memoria ancora presente, ma vissuta diversamente dai vari membri della stessa comunità.

La trama
Il 7 marzo del 2005, il borgo di Cavallerizzo, in provincia di Cosenza, a minoranza linguistica albanese, subisce un’enorme frana. Fortunatamente nessuno viene ferito, ma tutti i residenti vengono evacuati e trasferiti in un nuovo centro abitato poco distante. Liliana, una donna avanti con gli anni, e suo figlio Raffaele, però, decidono di continuare a vivere nella loro vecchia casa, contro il volere delle autorità e dei loro concittadini. Il film esplora le conseguenze dell’evento su una comunità fratturata e i tentativi di portare avanti le tradizioni albanesi.
Non è un film ambientalista
Il tragico evento della frana, che, nel marzo del 2005, colpì il piccolo borgo calabrese è sicuramente il punto di partenza di Cavallerizzo. Ma viene utilizzato come un semplice pretesto per spostare l’attenzione su altro.
Le frane, purtroppo, sono sempre più frequenti nel nostro paese, e sempre più spesso sentiamo parlare di “rischio idrogeologico”, espressione che fino a qualche anno fa era comprensibile solo agli addetti ai lavori.
Il tragico evento di Cavallerizzo, infatti, è solo uno dei tanti disastri ambientali che continuano a colpire la nostra penisola. E, come spesso capita in questi casi, non sono mancate le polemiche nell’individuare il vero responsabile.
Polemiche poi continuante per la costruzione della new Cavallerizzo. Ma tutto ciò nel documentario realizzato da Yuri Pirodi e Ines Bonhorst diventa solo lo sfondo.
L’opera (una coproduzione tra Italia e Portogallo), infatti, non è un film di matrice ambientalista, e non vuole portare avanti un certo tipo di denuncia.
Il coraggio di Liliana
Senz’altro questi elementi sono presenti, ma in secondo piano, perché il focus del documentario appare, piuttosto, quello di cogliere gli stati d’animo di un’intera comunità nel vivere un momento difficile.
Cavallerizzo è un film corale, ma lo sguardo dello spettatore viene catturato maggiormente dal quotidiano di Liliana e Raffaele.
Madre e figlio decidono di continuare a vivere nella loro vecchia casa, nel centro del borgo abbandonato da tutti. La macchina da presa documenta le loro giornate trascorse in solitudine.
Liliana e Raffaele passeggiano per le strade del borgo, dove la natura rivendica il suo spazio e rimangono solo i gatti a fare compagnia.
Qualcuno nella nuova Cavellerizzo considera Liliana una pazza, ma la donna ha coraggio da vendere e preferisce vivere in totale solitudine, senza rinunciare alle sue origine e alla casa.
È una maestra in pensione, che non ha perso la voglia di lottare per conquistare ciò in cui crede e per difendere con le unghie la sua scelta.
Ma lei e il figlio sono soli . Tutti, anche il resto della famiglia, hanno preferito abbandonare il vecchio borgo e trasferirsi nel nuovo centro abitativo.
Albanesi e la Calabria
È qui che il resto della comunità continua a vivere le proprie tradizioni, senza dimenticare l’identità albanese. Queste terre, infatti, da secoli sono abitate dai discendenti di Scanderbeg, guerriero scappato dalla dominazione turca.
Il documentario descrive questo popolo fiero e coraggioso, che, nonostante il trascorrere del tempo, non dimentica le sue radici.
“Siamo albanesi in ogni tempo e in ogni luogo.”
È ciò che sottolinea uno degli abitanti di Cavallerizzi, ricordando le tradizioni e la lingua di questo popolo. Sono gli albanesi, infatti, che hanno popolato con la loro Storia questo angolo della Calabria.
I protagonisti del documentario non sono solo gli esseri umani, ma anche le immagini che raccontano la bellezza di questa terra, della natura selvaggia, a tratti inquietante, ma capace di accogliere l’esistenza dell’uomo.
La Calabria, una delle regioni più belle del nostro paese, spesso dimenticata. Cavallerizzi le dedica numerose inquadrature con un enorme potenziale poetico.