The Mauritanian , in streaming su Prime Video, è un film del 2021 diretto da Kevin Macdonald. Prodotta tra gli altri dalla BBC World, la pellicola è distribuita dalla BIM distribuzione e da Prime Video.
Protagonisti Tahar Rahim, Jodie Foster (vincitrice del Golden Globe 2021 come miglior attrice non protagonista), Benidict Cumberbatch e Shailene Woodley ( The Divergent).
Presentato in anteprima europea nella sezione Special della 71/ma edizione del Festival di Berlino, il Film di Macdonald affronta un capitolo oscuro della giustizia americana dopo l’11 settembre e lo fa mostrandone tutto l’orrore.
The Mauritanian: una storia vera.
Basato sul libro di memorie del 2015 ‘Guantánamo Diary’scritto da Slahi durante la prigionia, il film racconta la storia di un cittadino mauritano, Mohamedou Ould Slahi.
Catturato dal governo degli Stati Uniti perché creduto coinvolto negli attacchi terroristici dell’11 settembre, l’uomo viene trasferito in prigione. Secondo i Servizi segreti, Slahi sarebbe stato tra gli artefici dell’attentato alle Torri Gemelle e avrebbe reclutato i dirottatori degli aerei nel World Trade Center. Slahi trascorre così diversi anni nel campo di detenzione di Guantánamo Bay, senza essere né accusato né processato.
Si fa carico della causa l’avvocato difensore Nancy Hollander (Jodie Foster ), che riprende il caso di Slahi ( Tahar Rahim) e si prepara ad affrontare il procuratore inviato dai militari (Benidict Cumberbatch). Accanto alla Foster, c’è Shailene Woodley, che interpreta la sua associata, Teri Duncan. Tra Slahi e Nancy pian piano si stabilisce un rapporto di assoluta fiducia e verranno così a galla tutte le atrocità subite dall’uomo a Guantanamo.
Umiliazioni sessuali, minacce, musica ad altissimo volume, incappucciamenti, violenze sessuali, soffocamento con acqua (waterboarding) e utilizzo di cani feroci.
Tante le torture perpetuate sul prigioniero, poi rivelate da rapporti tenuti nascosti dai Servizi segreti. Secondo gli avvocati difensori, tutti e cinque gli uomini, accusati di cospirazione negli attacchi dell’11 settembre 2001, sono stati torturati con le tecniche ideate da Mitchell e Jessen, psicologi dell’aeronautica militare, incaricati dalla CIA nel 2002 di mettere a punto un programma di tecniche di interrogatorio che permettesse di ottenere informazioni utili per individuare i responsabili degli attacchi negli Stati Uniti nel 2001. I due furono pagati più di 1600 dollari al giorno. Slahi è stato rilasciato solo nel 2016, dopo 14 anni trascorsi a Guantanamo. Quasi cinque anni dopo, la storia del suo decennio e mezzo di detenzione è sullo schermo.
The Mauritanian: l’orrore e l’armonia
Adattato dagli sceneggiatori MB Traven, Rory Haines e Sohrab Noshirvani, il film di Macdonald è un viaggio doloroso ma edificante. Nonostante l’orrore, vissuto Slahi mantiene una leggerezza e una fede incrollabili che traspaiono nell’interpretazione misurata e mai sopra le righe del bravo Tahar Rahim. Quella che potrebbe apparire quasi superficialità nell’affrontare il dramma vissuto è in realtà l’aspetto più interessante del Film. L’incubo vissuto da Slahi viene mostrato in più fasi e momenti, senza filtri e quasi in modo documentaristico.
Tutto è permeato però sempre da un potente alone di coraggio e speranza. Il vero Slahi ha sempre mantenuto infatti un senso di “leggerezza” ed è riuscito a coltivare il suo amore per la cultura pop.
Si sorride con i suoi riferimenti alla Serie Ally McBeal, alla Tv americana e all’ideale del pallone di calcio che strappa una risata e unisce anche in mezzo al nulla. L’amicizia con il vicino di Cella marsigliese ( che non avrà un volto per molto tempo) emoziona e fa riflettere sulla voglia del contatto umano nonostante tutto. La stessa solidarietà che traspare con alcuni carcerieri, mette in evidenza un pregiudizio che tenta da entrambe le parti di scavalcare se stesso.
Non è l’immagine dell’America e del mondo occidentale contro l’islamico e il diverso l’idea più potente del film, quanto il messaggio della Democrazia che si frappone contro il potere del Pregiudizio e dell’autoritarismo.
La libertà in nome della Verità
Un concetto dato spesso per scontato quello del diritto alla verità e a una difesa equa, ma di cui il film di Macdonald mostra tutti i limiti e le pesanti mancanze. Si viene catapultati in un vortice incredibile di segreti e bugie, di manipolazione, di macchinosi ingranaggi di potere e la consapevolezza di essere davanti a una Storia vera è prepotentemente disturbante.
In un’ intervista, la Foster ha dichiarato: “Questo è un momento molto emozionante nella storia americana. So che la verità e la riconciliazione sono difficili per gli americani. È molto difficile per noi guardare indietro alla nostra storia ed essere in grado di esaminare davvero le nostre azioni. Cercare la maniera in cui potremmo riparare i danni che abbiamo fatto. Penso che non faccia parte della nostra cultura chiedere scusa. Ma se non lo facciamo, penso che saremo seduti lì 40 anni dopo a chiederci come abbiamo creato un sistema così mostruoso che tratta le persone in modo diseguale.
Dobbiamo tornare indietro nel passato ed esaminare gli errori che abbiamo commesso”.
L’Inferno di Guantanamo
Sembra quasi un caso che il film esca (su Prime Video) in concomitanza con il rilascio da parte del Governo degli Stati Uniti del prigioniero più anziano del carcere di massima sicurezza. Si tratta di Saifullah Paracha, settantatre anni, detenuto dal 2004, senza mai essere stato processato per rispondere ad accuse precise.
Guantanamo, la struttura detentiva statunitense di massima sicurezza, si trova nella base navale USA, sull’isola di Cuba. Il campo è noto all’opinione pubblica mondiale per le violazioni delle Convenzioni di Ginevra riguardo ai prigionieri di guerra. L’area di detenzione era inizialmente composta di tre campi. Il Camp Delta (che include il “Camp Echo”), il Camp Iguana e il “Camp X-Ray” (al quale è ispirato l’omonimo film). Quest’ultimo è stato chiuso il 29 aprile 2002. Attualmente il carcere ospita 40 detenuti contro i 700 del 2003. Come l’ex presidente Barack Obama anche Joe Biden vuole chiudere Guantanamo.
Amnesty International all’inizio dell’anno ha diffuso un nuovo rapporto sulle violazioni dei diritti umani ancora in corso nel centro di detenzione di Guantánamo Bay.
“Il nostro rapporto – aveva detto Daphne Eviatar, direttrice del programma sicurezza e diritti umani di Amnesty – Usa –non riguarda solo le 40 persone ancora detenute. Riguarda anche i crimini di diritto internazionale commessi a Guantánamo negli ultimi 19 anni e la continua mancanza di accertamento delle responsabilità. Riguarda allo stesso tempo il futuro, dato che nel 2021 saranno trascorsi 20 anni dagli attacchi dell’11 settembre e dall’inizio della ricerca di una giustizia autentica”.
The Mauritanian: tra film e documento
Nonostante il buon lavoro fatto sulla sceneggiatura e gli ottimi interpreti, il film di Macdonald non riesce a donare ai suoi personaggi un’anima del tutto convincente. Nell’ultima decisiva parte del racconto la loro evoluzione sembra risolversi in modo affrettato, semplicistico e poco approfondito. Dietro gli spessi occhiali da sole di Nancy Hollander straripa un’imprevista emotività che sfocia nella retorica lettura di un Dossier nascosto. L’avvocato Couch indossa senza troppa convinzione gli abiti finali del patriota disilluso, mentre Slahi si perde nella narrazione della vicenda stessa. Inoltre, le immagini nei titoli di coda dei veri protagonisti della vicenda, paradossalmente si discostano dal film, donando l’impressione di aver assistito ad una pellicola che “documenta” una Storia, mentre avrebbe voluto mostrare molto altro.
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