Connect with us

Reviews

‘Songs My Brothers Taught Me’ lo schiaffo al cinema di Chloé Zhao

L’opera che ha sancito il debutto di Chloé Zhao è uno schiaffo al cinema indipendente americano.

Pubblicato

il

Songs My Brothers Taught Me (2015) è il film di debutto della filmmaker cinese Chloé Zhao, distribuito negli USA dalla società di distribuzione arthouse Kino Lorber. L’opera è stata presentata al Sundance Film Festival e ha sancito il debutto della cineasta indipendente recentemente celebrata per il pluripremiato Nomadland.

Con questo film la regista cinese Chloé Zhao ci schiaffeggia con la nostra stessa ignoranza. Ci sputa davanti agli occhi il libro non finito della vita rubata agli Indiani d’America che abitano nelle Riserve. Un popolo lasciato da parte da secoli dal governo degli Stati Uniti.

Songs My Brothers Taught Me: la trama

Johnny e Jashaun Winters sono fratello e sorella. Vivono con la loro madre Lisa (Irene Bedard) nella Riserva Indiana di Pine Ridge in South Dakota. Johnny distribuisce illegalmente bevande alcoliche agli abitanti della Riserva, in cui l’alcool è proibito. Sta pianificando di lasciare la Riserva dopo il diploma per trasferirsi a Los Angeles con la sua ragazza, Aurelia (Taysha Fuller).

Songs my Brothers Taught Me | archive, 21st aiff 2015, international competition | AIFF • Athens International Film Festival

L’identità morta di un popolo ricordato per stereotipi

Per Johnny, il pensiero di uscire di casa è un macigno sullo stomaco. Ambisce ad avere una vita migliore, ma allo stesso tempo non vuole abbandonare sua sorella minore, Jashaun, e sua madre.

La casa in cui abitano è logorata dal tempo, dalla mancata manutenzione e dall’assenza di valore che viene data all’ambiente circostante in cui la comunità vive. I bambini disegnano e coprono le pareti della loro camera da letto con impronte di mani dipinte, come a voler regalare a modo loro una superficie di vita a qualcosa che è morto dentro.

È la cultura ad essere morta, l’identità di un popolo che viene ricordato con degli stereotipi assegnati dagli Europei e che ora non c’è più.

Songs My Brother Taught Me racconta l’inganno degli Indiani d’America dei Nativi Americani

Gli Indiani a cavallo con le piume in testa, icone dei film western degli anni 70′ che noi italiani abbiamo ampiamente contribuito a creare, sono morti dentro. Sono stati sterminati dall’uomo bianco e privati della libertà di vivere nelle loro terre. Quegli stessi uomini ora vivono in un limbo tra la morte e la non vita in perimetri ai quali il dominio bianco li circoscrive. Lo stesso dominio che li sbeffeggia illudendoli di regalargli la dignità che hanno perso.

Un sistema che sostituisce il Columbus Day con l’Indigenous People Day fingendo di celebrare i popoli nativi anziché l’inizio della loro distruzione. Un governo che li chiama “nativi” anziché “indiani” in forma di riconoscimento del grande errore storico, ma comunque unificando sotto un unico “bollino sociale” tutte le diverse comunità che ne fanno parte.

L’alcolismo è uno stereotipo comune tra i nativi americani. Cos’altro ci si può aspettare da popoli che sono stati vittime di una storia così feroce? Sono stati privati di tutto, sono stati privati della vita.

Gli splendidi paesaggi del Nord America, un tempo veramente la “terra dei liberi”, sono stati sezionati per dare a queste persone un posto dove vivere, ma lasciandogli la non-libertà di pochissime opportunità. Cosa hanno adesso questi uomini? Casinò, tabaccherie, abitazioni fatiscenti e terre sottosviluppate circondate da una società che non li tiene in considerazione. E l’alcol.

Nomadland' Cinematographer's Favorite Film Shots - Variety

La vita nel perimetro della Riserva

Nella riserva in cui ci porta Chloe Zhao, l’alcol è illegale. Forse come forma di protezione per la comunità, per limitarne l’abuso. Come avviene con tutte le sostanze proibite, in questa riserva si crea un mercato clandestino.

L’ambizioso Johnny, simbolo di una generazione che vede nella fuga dalla Riserva l’unica via di salvezza, vive l’opportunità di trarre beneficio dal vizio dei suoi familiari, amici e conoscenti. Quello che Johnny porta con sé è un fardello pesante, il peso di una comunità che vorrebbe salvare e contemporaneamente contribuisce a distruggere per la sua stessa salvezza.

Come molte piccole comunità in tutto il mondo, tutti conoscono tutti e molti di loro sono imparentati. Particolarmente vero per Johnny. Scopriamo presto che suo padre recentemente scomparso ha avuto venticinque figli, da nove donne diverse. Iniziamo a renderci conto che molti di questi personaggi sono i fratelli di Johnny, e tutti hanno parole di disprezzo per il loro padre.

Presto capiamo perché Johnny vuole lasciarsi alle spalle questo posto per sempre. Con la fantasia di un bambino e il coraggio di un quasi uomo, Johnny immagina una vita al di là dei confini artificiali della riserva in luoghi che a lui sono sconosciuti.

L’aridità della terra e degli uomini

Ci si aspetta di vivere una vita di sofferenze all’interno di una riserva e il dolore che l’accompagna è quasi fisiologico. Questa sconcertante consapevolezza rende l’esistenza di questi individui ai nostri occhi ancora più triste.

La Zhao mette in mostra condizioni di vita che generalmente non sono raccontate dal cinema. Scatena in noi quasi un sentimento di vergogna e di disagio per essere quotidianamente all’oscuro di queste realtà, mentre ci riempiamo la bocca di quanto del mondo conosciamo.

C’è un contrasto tra la bellezza dei paesaggi e il duro stile di vita affrontato dai personaggi, che si materializza nella linea limitata dell’orizzonte al quale sono relegati. Sebbene affascinante, la terra è arida, così come sono ridotte all’aridità le persone che la abitano.

Chloe cattura l’imbarazzo dell’adolescenza di Johnny, assieme alla tensione con i membri della famiglia e la comunità tutta. Alcune scene sono dense di dialoghi che esplicano la pesantezza del vissuto dei personaggi. Altre sono tagli su momenti di silenzio, in cui vediamo i personaggi “fermi” nel loro inferno, mentre silenziosamente ci raccontano l’atmosfera sociale in cui sono costretti a vivere.

Un assaggio del cinema di Chloé Zhao

Songs My Brother Taught me è un antipasto che la Zhao ci offre al suo cinema. Con questo film ci fa scoprire l’appetito per uno stile che è tutto suo. Fatto di spazi aperti, di attimi di contemplazione sulla natura dei luoghi nelle terre sconfinate americane e di momenti di riflessione. Gli stessi che ritroveremo in Nomadland. La Zhao ci da accesso ad una comunità a noi sconosciuta e noi viviamo sulla nostra pelle le emozioni (le delusioni) dei personaggi sullo schermo. Personaggi e natura si fondono in un unicuum che rende il film opera d’arte.

La luce naturale è catturata nei momenti in cui dona artificio all’immagine, come in The Tree of Life di Terrence Malick (2011), creando un risultato ottenibile solo in determinate aree del mondo: quelle fatte di distese aperte, dove la linea dell’orizzonte è lontana e irraggiungibile. Dovrebbe provare a girare anche nelle savane africane, la Zhao.

L’inquadratura è aperta con il grandangolo, per dare ancora più spazio alla visione. Mentre il focus della narrazione resta sui personaggi. Il lavoro della Zhao con gli attori non professionisti ripaga i suoi film di una verità umana che pochi interpreti sono in grado di raggiungere.

Ci viene da pensare che la carenza di budget in cui la regista si è ritrovata a girare Songs My Brother Taught Me, quello che inizialmente era stato pensato come Lee un film ambientato sempre nella Riserva di Pine Ridge, abbia spinto l’artista ad uno sforzo creativo maggiore. Con un budget completo, il film, come la regista stessa ha dichiarato, sarebbe finito per essere un film più tradizionale (nel senso buono del termine). Ovvero un film secondo gli stilemi classici del cinema.

Così come le comunità di cui ci racconta e la natura di cui ci regala dipinti indimenticabili, la Zhao, come donna, come artista e come immigrata negli Stati Uniti, ha saputo adattarsi ad un ambiente a lei ostile, facendo della carenza di risorse la virtù del suo cinema e il suo tratto distintivo in grado di farla emergere nel tanto affollato ambiente cinematografico americano.

Songs my brother taught me ovvero il paradosso del cinema indipendente americano

È quasi un paradosso vedere una storia così americana raccontata al cinema da una regista di origine cinese. Uno schiaffo morale a tutto il cinema indipendente americano. A tutti quegli autori che volano da New York a Los Angeles senza soffermarsi a guardare cosa c’è nelle terre di mezzo, o cosa di quelle terre è ancora rimasto. Ai cineasti per i quali la parola indie è solo un’anticamera per annunciare il loro ingresso ad Hollywood. A questi e a tutti gli altri, aggrovigliati nella grettezza delle loro carriere ancora non sufficientemente di successo, con Songs My Brother Taught Me, Chloé Zhao dà un pugno in faccia.

Un articolo di Kevin Joiner e Federica Pazzano

Leggi anche: Oscar 2021 Nomadland Miglior Film e Chloé Zhao Miglior Regista