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Diversamente. La recensione della commedia italiana in arrivo su Prime

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Disponibile su Chili dal 18 maggio, il nuovo film di Max Nardari si propone di affrontare attraverso il genere della commedia i temi più attuali e spesso difficili e forieri di contrasto fra opposte vedute che vive l’attuale società italiana, sempre più divisa al suo interno e costretta a confrontarsi con un presente caratterizzato dalla precarietà e dall’assenza di possibilità, privo di certezze e di riferimenti stabili.

Queste le differenze trattate da ognuno dei singoli segmenti: economiche e professionali, di genere, razziali e religiose. L’unico modo per vincere la diffidenza e l’ostilità che generano è sempre e solo costituito dall’incontro e dalla conoscenza reciproca e, per mezzo di essi, dalla tolleranza che ne scaturisce.

La leggerezza della commedia, con molte scene dove non mancano battute e situazioni comiche, che dovrebbero rendere la visione piacevole e di facile fruizione, vuol essere il veicolo per esporre l’idea del regista in merito a temi ardui e complessi, che se affrontati con toni drammatici potrebbero allontanare lo spettatore in quanto richiederebbero- durante la visione stessa-, un’attenzione e un coinvolgimento intellettuale ben maggiori e profondi, che non tutti sarebbero disposti a concedere.

Tale forma di racconto, però, sconta una superficialità e una prevedibilità- presente e caratterizzante ogni episodio-, che mina alle fondamenta la riuscita dell’opera.

Tutti gli elementi filmici- dai soggetti alle sceneggiature-, sono troppo facili e scontati per riuscire convincenti e credibili; lo stesso vale per la recitazione (con l’eccezione di Chiara Zanella), che non riesce mai a creare personaggi sfaccettati e profondi, ma soltanto superficiali e piatti, prevedibili nel loro comportamento: ciò anche per come sono descritti e sviluppati nella sceneggiatura.

La conclusione di ogni segmento è sempre anch’essa ampiamente prevedibile, rendendo così il film non solo privo di qualunque profondità, ma anche di sorprese che ne aumentino lo spessore semantico arricchendone la visione, che invece scivola via veloce e pressoché insensibile.

Inoltre, l’insistenza con la quale il regista sottolinea il proprio punto di vista nuoce alla libera ed autonoma interpretazione del singolo spettatore, al quale non si richiede di riflettere e formarsi una propria personale idea sui temi trattati: al contrario gli viene imposto- sia pur coi toni leggeri propri della commedia di cui s’è detto-, l’assunto del regista, presentato come univoco e dunque indiscutibile, come una verità apodittica cui lo spettatore deve implicitamente credere in quanto irrefutabile.

Pur sotto il velo della leggerezza, la volontà di presentare le idee e le convinzioni del regista come le uniche veritiere e perciò impossibili da respingere, risulta evidente e nemmeno troppo celata dalla scorrevolezza del racconto e dai momenti di comicità che di tanto in tanto fanno capolino.

Ciò si rivela inoltre in contraddizione col proposito di un film il cui messaggio vorrebbe essere un invito alla tolleranza e al rispetto delle differenze reciproche, comprese le opinioni individuali; che vengono tuttavia implicitamente negate allo spettatore tanto insistito e marcato è il punto di vista del regista.

Con la parziale eccezione del primo episodio, maggiormente sviluppato sul piano narrativo e dell’analisi dei personaggi, il film si presenta dunque non come una riflessione aperta e libera sui temi affrontati, ma al contrario come l’esplicita espressione di un preciso e ben definito punto di vista, cui lo spettatore è chiamato ad aderire

 

 

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