Letter from Paris di Walerian Borowczyk. Con queste lettere, redatte con calligrafia umana su fondo nero, inizia il documentario del regista polacco, dal 10 maggio disponibile su Mubi. Per diversi secondi, lo spettatore è costretto a piantare gli occhi sulla scarna immagine fissa, mentre in sottofondo un pianoforte gorgoglia note di una cavernosa distonia: ouverture di una sinfonia di rumori e fotogrammi imperfetti. Poco dopo, ecco Parigi, tutta nel bassorilievo della Marsigliese di François Rude sull’Arco di Trionfo: invero poco trionfale nel velo dello smog, poco magniloquente nel passaggio frenetico e indifferente di veicoli e pedoni. A ben vedere, o a ben ascoltare, la metropoli suona come una cacofonia.
Letter from Paris: la trama
SINOSSI UFFICIALE DA MUBI: “Parigi è una città mostruosamente inumana, in cui auto, autobus, folle e rumori incessanti si intrecciano fino a soffocare qualsiasi attività umana con un po’ di delicatezza. Persone e fiori tentano di sopravvivere in una città che sembra pronta a esplodere a causa del traffico e del caos”.
Impressioni di Parigi
È tutto montaggio, Letter from Paris di Walerian Borowczyk: visivo, sonoro. Uomo con la macchina da presa che passeggia nel turbinio della metropoli, il regista polacco realizza nel 1976 questo mediometraggio documentario di sensazione, fatto di scatti nervosi e strepito urbano. Quasi è un flâneur dell’800, catapultato dall’epoca della Parigi del prefetto Haussmann, di esplosiva modernità, dritto nel ventesimo secolo schizoide. Rari gli sprazzi di bellezza delicata nell’affaccendarsi diffuso, nell’impero del frastuono. Conseguenze di stile visivo: le inquadrature sono volutamente irregolari, quasi fossero frammenti di vita; il fuori fuoco frequente è l’equivalente dell’Impressionismo al cinema; gli stacchi del montaggio avvengono in media ogni due o tre secondi. A livello del suono, poi, Letter from Paris di Walerian Borowczyk è un film da vedere a volume basso, per evitare stress uditivo.
Il trailer di Letter from Paris
Borowczyk canta il corpo elettrico
Nello stesso torno di anni, Borowczyk realizzava alcuni dei film che meglio ne avrebbero caratterizzato la poetica erotica, ora più spinta, ora più surreale: Racconti immorali (1974), La bestia (1975), Interno di un convento (1977). Se non ha qualcosa di voyeuristico, la città di Letter from Paris non è, però, nemmeno tutta nevrosi. C’è, infatti, un lato sottilmente godereccio nella stratificazione delle immagini, un accumulo sensoriale insistito, la ricerca di uno stordimento oltre il limite. Le immagini si sovrappongono, corpi e oggetti coprono altri corpi e oggetti. Il regista chiede non voluttuosamente, ma almeno volutamente ai passanti di ricambiarne lo sguardo, di farsi sorprendere dal buco dell’inquadratura. Il cinema anche si cumula: nei manifesti, nelle macchine fotografiche dei turisti. L’arte è nella facciata delle chiese, ma anche nelle più carnali riproduzioni dozzinali dei mercatini e degli antiquari. Se il contenuto di Letter from Paris è alienante, lo stile di Borowczyk inclina invece, con urgenza, all’immersione nel corpo elettrico della città, nella metropoli che vibra.
Monsieur Borowczyk nel caos del traffico
Né è estranea, come controcanto stonato, una tensione ironica, in Letter from Paris. Non siamo all’umorismo algido e nostalgico del Jacques Tati, stralunato dai tempi moderni della città, di Playtime (1967) o di Monsieur Hulot nel caos del traffico (1971). Nondimeno, nel caos urbano di Parigi, Borowczyk si adopera per trovare anche note divertite o soavi. È il caso dell’insistenza sulle scritte dell’alta tensione – a proposito di corpi elettrici – che diffidano dall’avvicinarsi, mentre proprio su di esse il regista rallenta i tagli del montaggio per riprendere, tramite le grate, i treni in partenza. C’è anche lo stravagante accanimento sul frignare del bimbo, sul cane che abbaia: loop surreale fuori schermo. Immancabile la signora ripresa a distanza con la baguette sottobraccio. E poi c’è il volo dei piccioni, in contemporanea al sollevamento delle gru. Perché queste sono le città moderne: prendere o lasciare quel poco di natura che c’è in mezzo ai cantieri.
Cantiere d’immagini e suoni in frenetica cumulazione, Letter from Paris di Walerian Borowczyk potrebbe finire dopo pochi minuti, o andare avanti all’infinito, prolungando a piacere la tensione nevrotica, erotica, ironica della capitale francese e del suo flusso potenzialmente perpetuo.
Letter from Paris di Walerian Borowczyk è visibile in streaming on demand su MUBI.