31. Fantafestival: “Demon’s twilight” di Federico Lagna
31. Fantafestival. “Demon’s twilight” di Federico Lagna: decisi a girare un documentario sulle cause psicologiche che porterebbero ad una forma di possessione demoniaca, alcuni studenti universitari rimangono intrappolati nel loro gioco di suggestione, con effetti tragicamente imprevisti. Recensione di Francesco Lomuscio
Decisi a girare un documentario sulle cause psicologiche che porterebbero ad una forma di possessione demoniaca, alcuni studenti universitari rimangono intrappolati nel loro gioco di suggestione, con effetti tragicamente imprevisti.
Dedicato a Mario Bava e corredato di omaggi a I lunghi capelli della morte (1964) di Antonio Margheriti, si costruisce su questo soggetto il lungometraggio d’esordio – conosciuto anche con i titoli Il demone dentro e Lontano dalla luce – di Federico Lagna, il cui curriculum, al di là di una manciata di short come regista, include il montaggio di Brokers-Eroi per gioco (2008) di Emiliano Cribari.
Quindi, l’ennesimo prodotto volto a riallacciarsi al filone portato al successo dal friedkiniano L’esorcista (1973), anche se, in questo caso, i referenti vanno di sicuro ricercati in titoli nostrani come Lisa e il diavolo (1974) del già citato Bava; tanto più che il film, sceneggiato da Joe Vignola e girato in una esoterica Torino, si propone di rilanciare l’orrore gotico made in Italy.
Il lato strettamente “pauroso”, però, sembra essere relegato soltanto agli ultimissimi dei circa 87 minuti di visione, ritenuti dallo stesso Lagna appartenenti più al filone dello urban fantasy che all’horror.
In ogni caso, tra recitazione spesso non convincente (nel cast anche l’OlivieroCorbetta del televisivo Mozart è un assassino e il Diego Casale visto in Non ho sonno e A/R-Andata+ritorno) ed eccesso di verbosità, si perde prestissimo la capacità di coinvolgere lo spettatore, ammorbato dall’onnipresente lentezza del ritmo narrativo.
Aspetto, quest’ultimo, che contribuisce in maniera fondamentale ad accentuare la fiacchezza generale di un’operazione caratterizzata da una regia poco più che anonima e da personaggi il cui spessore non viene quasi neppure abbozzato.
In sintesi, l’impressione immediata è quella di trovarci dinanzi al degno erede tricolore del David DeCoteau responsabile della soporifera serie Brotherhood e di tanti derivati; con l’unica differenza che, in questo caso, non mancano nudità femminili.
Francesco Lomuscio
Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers