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Go Dante Go Go Go un genuino e volenteroso tentativo di raccontare l’amore per il cinema

Go Dante Go Go Go, una commedia che vorrebbe ironizzare sulle velleità artistiche dei giovani aspiranti registi

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Uscito a Firenze nel gennaio dell’anno scorso e presentato al Rising Sun International Film Festival a novembre, l’opera seconda di Alessio Nencioni, dopo Possessione demoniaca (2015), è una commedia che vorrebbe ironizzare sulle velleità artistiche dei giovani aspiranti registi e al contempo sulla concezione limitata e convenzionale del cinema, propria dell’ambiente accademico. Il tono e la recitazione costantemente sopra le righe tolgono però al film credibilità e coerenza e il discorso che vorrebbe portare avanti si perde in scene spesso di cattivo gusto e prive di quell’umorismo che si rivela il più delle volte involontario.

Il film, autoprodotto e scritto dal regista, parte dalla condizione iniziale del protagonista- costretto a realizzare il suo progetto in poco tempo e con ancor meno fondi a disposizione-, per intrecciare la trama principale alle sottotrame dei cortometraggi che si vedono girare sotto agli occhi dello spettatore; oppure già montati e presentati come opere realizzate in precedenza e quindi pronte ad essere assemblate agli altri episodi.

Il racconto scorre dunque su due piste narrative: le riprese dei segmenti che comporranno l’opera, con tutte le difficoltà e gli inconvenienti in cui s’imbatte il protagonista, e gli episodi stessi, che spaziano dai generi più diversi, dall’animazione al documentario, dal musical, all’horror al western. Non mancano infatti le citazioni, dal Mostro della laguna nera ai duelli pistole alla mano che chiudono molti film di Leone.

Inoltre, il film affronta anche il tema della relazione tesa e conflittuale fra Dante e la sua ragazza, che, come i il suo professore, gli rimprovera le sue ambizioni artistiche e vorrebbe trasformare quella relazione in un legame ben più solido: in una famiglia dove- messi da parte i sogni di gioventù-, ci sarebbe spazio solo per il lavoro e i figli, per una normalità borghese che il protagonista ostinatamente non vuole accettare.

Questa costruzione narrativa, però, se da un lato mostra un genuino e volenteroso tentativo di raccontare l’amore per il cinema che anima il protagonista e l’entusiasmo quasi adolescenziale col quale crede nel suo progetto e lo realizza, dall’altro sconta un’incapacità di rendere credibile e autentico il personaggio principale e la sua storia, tale da inficiare il film nel suo insieme.

Pur senza prendersi mai sul serio, il film stenta a trovare un equilibrio fra le due narrazioni e l’ironia non diviene mai uno strumento retorico funzionale a raccontare col giusto distacco una storia priva di un centro di gravità, e che perciò si sfalda fra volgarità gratuite, personaggi macchiettistici e una superficialità che ne rivela tutti i difetti e le mancanze, dalla recitazione alla sceneggiatura alla regia.

Go Dante, go go go! un film di Alessio Nencioni, con Giacomo Dominici

Un discorso analogo vale anche per la descrizione del rapporto fra Dante e la sua ragazza, tanto i personaggi sono piatti e privi di spessore: sognatore e immaturo lui, calcolatrice e possessiva lei. Anche l’uso della colonna sonora conferma l’assenza di una solida idea di messinscena, con l’alternanza di arie operistiche sempre fuori contesto e musica rap (spesso anche diegetica).

A tali carenze s’aggiunge inoltre la recitazione insistentemente marcata che caratterizza tutti i personaggi, compreso il protagonista, che invece di strappare un sorriso evidenzia ancor di più come questo film sia un’occasione sprecata per parlare del fascino che il cinema sa ancora esercitare sulle generazioni più giovani e sul bisogno di raccontare e d’inventare, proprio attraverso il cinema stesso, sempre nuove storie e nuove illusioni che prendono vita sullo schermo.

 

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