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Alias: la serie che piacerebbe a Cronenberg è su Disney Plus

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Alias è un serial creato da J.J.Abrams: tutte le stagioni sono ora disponibili su Disney Plus.

Lo show ha lanciato parecchi talenti: dalla protagonista Jennifer Garner a Bradley Cooper, fino al creatore Abrams.

Sidney Bristow (l’atletica e bellissima Jennifer Garner) è una studentessa universitaria, e in segreto un agente dell’ SD6, una branca della CIA. Quando il fidanzato le chiede di sposarlo, lei deve rivelargli tutto, venendo meno al suo voto di segretezza. I suoi capi decidono allora di uccidere il ragazzo. In cerca di vendetta, Sidney scopre però che l’ SD6 non è una branca della CIA, ma un organizzazione segreta, dipendente dalla sinistra Alleanza, acerrima nemica dell’agenzia governativa.

Sidney diventa allora un’agente doppiogiochista, all’apparenza fedele all’SD6 ma in realtà alle dipendenze della vera CIA. Questo, calato in un complicato scenario spionistico, è solo il pirmo dei moltpelici, innumerevoli colpi di scena, che si susseguono incessanti di episodio in episodio: Sidney scoprirà che anche il padre (Ron Rifkin) è un agente doppiogiochista, che il capo dell’SD6 Arvin Sloane nasconde più segreti di quanto sembri, che sua madre Irina Derefcko (la bravissima e affascinante attice di cinema Lela Olin) non è morta come pensava ma è una spia traditrice russa… e tanto altro ancora.

Impossibile narrare a grosse linee lo svolgersi di Alias, un’unica, lunga e cervellotica trama che va avanti fra tradimenti, cloni, mistiche predestinazioni, bombe, eslposioni e travestimenti, senza soluzione di continuità, dalla prima serie e ancora oggi, alla quarta in onda, non sembra volersi fermare.

L’autore è J.J. Abrams, un ragazzotto (allora) promettente che sembrava cresciuto a pane e serial capace di tenere incollati allo schermo senza il minimo cedimento per oltre 70 puntate: perchè nei rivoluzionari anni 90 Alias in fondo era la versione adulta di Buffy.

Viviamo nell’età della simulazione: ma questa è solo una delle molte illusioni del nostro mondo postmoderno”: nessuno meglio di David Cronenberg, regista che ha sempre sostenuto l’illusorietà delle nostre percezioni, e il mondo del reale come un possibile simulacro di qualcosa di nascosto, e guest star dell’episodio più onirico della serie, cosciente, e delle sue parole può rendere il senso profondo di Alias.

Niente di ciò che vediamo è reale, o quantomento non è come pensiamo che sia: il continuo gioco di rovesciamenti rende la realtà insicura e incerta, e in nessun telefilm come in Alias sentiamo il bisogno di tirare il fiato e di cercare un approdo sicuro dove qualcosa o qualcuno ci dia sicurezza. In fondo, l’agente speciale Sidney Bristow non è dissimile dal Jack Bauer di 24 o dalla succitata Buffy di Sunnydale, tutti figli del Dale Cooper di Twin Peaks: sentinelle che tentano di far sì che il mondo diventi più sicuro, che tentano di alzare il velo di mistero che nel nuovo secolo sembra stendersi su tutto, perché ognuno può essere una spia, un agente del caos.

Dal punto di vista narrativo, Alias non è dissimile da un colto fumetto di spionaggio simil soap-opera: situazioni romanzate e azione rocambolesca, rese verosimili da una fittizia aderenza alla realtà e dal fatto che ogni personaggio può morire o rivelarsi malvagio, divertendo e appassionando per la sua capacità di portare all’estremo le conseguenze dei colpi di scena, senza timore di quale direzione narrativa ciò potrebbe far prendere alla storia.

Morti, resurrezioni, cambi di prospettiva, nuovi protagonisti. Oltre a tutto questo, Alias è anche la ricerca dell’identità che coincide con i dolori della crescita: in fondo, il percorso di Sidney non è che una ricerca affannosa e impervia della sua vera identità che sta dietro i suoi tanti alias: tra doppiogiochisti e segreti nascosti, Sidney scoprirà lentamente la sua vera madre, il suo vero padre, il vero amore, fino a perdere addirittura una parte del suo passato salvo poi cercare la vera sé stessa (è una predestinata).

Ma la sospensione dell’incredulità porta a tenere il fiato sospeso per ogni episodio, ciascuno dei quali si chiude con un classico cliffhanger. E stilisticamente, ha ancora tanto da insegnare a molti action-film del grande schermo: anche senza particolari innovazioni, usa ogni artificio per spiazzare e per coinvolgere, portando direttamente nel vivo dell’azione: flashback, momenti introspettivi, soluzioni cromatiche che si differenziano a seconda degli ambienti, primi piani e campi lunghi che sottolineano un particolare fraseggio narrativo.

 

 

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