Film di breve durata, circa un’ora e un quarto, la cui trama si sviluppa quasi completamente all’interno di un commissariato di polizia nella capitale del paese.
Qui Hamza (Alban Ukaj) è un ispettore che ha dovuto lasciare la moglie partoriente in condizioni piuttosto complicate in ospedale, richiamato in servizio per penuria di personale.
Giunto al distretto di polizia dovrà gestire gli svariati casi che gli si presentano di fronte. Lo farà con fermezza ma non senza umanità e comprensione.
Un microcosmo che rappresenta un’intera nazione
Full Moon si svolge durante un’unica, lunga notte di luna piena. Il lavoro di Hamza non è facile, reso ancor più complicato dall’attesa snervante di notizie dall’ospedale.
Il posto di polizia diventa così un microcosmo nel quale si affolla un’umanità stanca, rappresentazione di una società, quella bosniaca, al collasso in una nazione dilaniata ancora oggi da odii e rancori profondi.
Molti dei mali della Bosnia-Herzegovina attuale vengono rappresentati da Nermin Hamzagić (anche sceneggiatore insieme a Emina Omerović) attraverso i personaggi che sfilano nelle stanze e nelle celle del commissariato.
C’è il ragazzo disperato che divelle i bancomat per procurarsi il denaro necessario per curare il figlio malato di cancro.
Il venditore ambulante costretto a pagare il pizzo ai poliziotti corrotti colleghi di Hamza. La ragazzina minorenne arrestata mentre si prostituisce concedendosi a un vecchio nell’abitacolo di una macchina.
Lo stesso Hamza, che non riesce a sapere quali siano le condizioni della moglie e del nascituro perché non si è accattivato con il denaro i favori del personale dell’ospedale, non è completamente immune da colpe perché, grazie a un’estorsione, ha potuto pagare la fecondazione assistita della moglie.
Girato con uno stile claustrofobico quasi tutto in interni, con una fotografia nella quale dominano tonalità desaturate incentrate sui blu, e sui verdi, Full Moon è capace, nella sua semplicità, di non scadere nel retorico.
I dialoghi sono ben scritti e le intenzioni del regista di utilizzare ciò che avviene in una realtà circoscritta come quella del posto di polizia per parlare, in generale, dei problemi della nazione, sono state centrate in pieno.
A non convincere è il tocco quasi da film horror che il regista ha voluto inserire, rappresentato da un misterioso ragazzino vestito di giallo – una sorta di fantasma – che, ogni tanto, compare a Hamza.
Una componente abbastanza fuori luogo nel contesto, oltretutto non sviluppata a sufficienza per diventare organica alla storia.
Ma, al di là di questa pecca, Full Moon è un film che funziona, nel quale Hamzagić non dà un giudizio sul comportamento dei vari personaggi, ma li utilizza per dare un giudizio al suo paese soffocato da una dilagante corruzione.
Una nazione che non ha ancora fatto i conti con il proprio recente passato ed è ancora in preda agli odii provocati da una guerra fratricida.