Quando Gianluca Maria Tavarelli ci parla d’amore ha il potere di incollarci davanti al video, in un misto di emozione e desiderio di augurare il meglio ai suoi protagonisti.
Torna a farlo con Chiamami ancora amore, la serie TV in tre puntate che Rai Uno trasmetterà dal 3 maggio, per tre serate, di lunedì. Su RaiPlay, invece, l’anteprima dei primi due episodi a partire dal 26 aprile.
La serie, creata da Giacomo Bendotti, prodotta da Indigo in collaborazione con Rai Fiction (e in associazione con ABOUT PREMIUM CONTENT), vede come attori principali Greta Scarano (Speravo de morì prima), Simone Liberati (La regola d’oro) e Claudia Pandolfi.
Per le informazioni su Chiamami ancora amore, leggi anche : Chiamami ancora amore le prime immagini della serie
Chiamami ancora amore la trama
Anna ed Enrico si sono molto amati. E poi si sono molto odiati. Dopo undici anni di matrimonio e un figlio, si separano. La loro separazione diventa ben presto una guerra distruttiva, col risultato che i servizi sociali sono costretti a intervenire per valutare la loro capacità genitoriale. Com’è possibile che una coppia che è stata così complice e affiatata non riesca a risparmiarsi umiliazioni e vendette? Come può un amore così grande sfociare in un odio tanto cieco? Toccherà a un assistente sociale andare in fondo alla loro storia, ripercorrendola dall’inizio fino a scoprire il vero motivo dello scontro.
Chiamami ancora amore: Greta Scarano e Simone Liberati
Chiamami ancora amore Raccontare l’amore e soprattutto il disamore
Sono passati ventidue anni da quando Gianluca Tavarelli ci ha raccontato l’amore per la prima volta, in un film che ne portava il nome, Un amore, appunto, del 1999. In scena, Lorenza Indovina e Fabrizio Gifuni si incontrano, si amano, si lasciano, per poi incontrarsi e amarsi in maniera nuova, rinnovata, nell’arco di diciotto anni.
Anche con Chiamami ancora amore, il regista analizza le pieghe del sentimento sottoposto al logorio del tempo che passa, inesorabile, implacabile.
Allora, Tavarelli aveva più o meno l’età dei suoi attori e quella che hanno oggi Simone Liberati (Enrico) e Greta Scarano (Anna). Ora le esperienze in più del regista sono tutte presenti in Chiamami ancora amore. Una storia che, se pure nel dramma, riesce a essere sobria, misurata, essenziale ed efficace.
Chiamami ancora amore: Greta Scarano e Simone Liberati
Le prime scene sono dedicate al matrimonio e alla felicità di quel giorno, ma la stessa situazione riproposta in video al compleanno di Anna, dodici anni dopo, vela i suoi occhi di pianto, perché era pronta a lasciare Enrico, se non fosse stata bloccata dalla festa a sorpresa che lui le ha preparato. Cinquanta persone l’aspettano, un pubblico davanti al quale deve recitare e, giura, sarà l’ultima volta, la scena della mogliettina appagata.
Da quel momento in poi però la relazione sarà fatta soprattutto di colpi molto bassi, come tante altre coppie che abbiamo già visto nel cinema, da Kramer contro Kramer, che Giacomo Bendotti cita in conferenza stampa, insieme a Storia di un matrimonio, che lo sceneggiatore ha visto uscire proprio mentre scriveva la sua serie.
Confronto tra il dolore di oggi e la felicità di ieri
I momenti in cui la rabbia o le rivalse esplodono sono più dolorosi, perché spesso alternati ai flashback sulle scene dell’ incontro e dei frammenti amorosi, quando la tenerezza prevaleva su ogni cosa. Il confronto si fa intollerabile, come Tavarelli ci ha già raccontato nell’ultima sua serie Io ti cercherò e nel film struggente del 2015, Una storia sbagliata.
Queste ultime due narrazioni parlavano di un lutto impossibile da elaborare (per il figlio, per il marito). Anche un amore che finisce, però, è un’assenza incolmabile, la perdita dell’altro, e di quella parte del sé che nell’altro si riconosceva, nelle conferme della propria identità.
Maternità e genitorialità
Senza retorica, la serie affronta temi complessi, attraverso i quali la coppia può rifondarsi o, se non riesce, distruggersi. Il cambiamento ineludibile dell’essere genitori è un passaggio talmente complesso da far emergere tutte le insicurezze sopite. Possono esplodere i conflitti di due realtà differenti, quel patrimonio introiettato delle famiglie d’origine che improvvisamente si scontrano nella nuova genitorialità.
I fantasmi del passato, le inadeguatezze, i rapporti irrisolti, o i sensi di colpa, come nel caso di Anna, figlia di una donna depressa, con la paura di cadere a sua volta nel gorgo psicologico della madre.
Greta Scarano esprime al meglio le ansie del suo personaggio, e, insieme a lei, Simone Liberati è perfetto nel rendere il passaggio dal ragazzo affidabile di prima alla persona nuova, che ora, sentendosi minacciata, improvvisamente comincia a muoversi sopra le righe.
Anche la maternità è resa senza filtri, con tutta la solitudine che a volte porta con sé. E senza reticenze si parla di aborto. Insomma, tutti argomenti quotidiani, solitamente taciuti, e a volte fonte di tanta sofferenza.
Il mestiere di vivere
Durante l’incontro con la stampa, Tavarelli afferma che si tratta di complessità insite nel mestiere di vivere: lo definisce così, alla Cesare Pavese, perché il nostro modo di affrontare amore, disamore, genitorialità, maternità rientra nelle competenze esistenziali di tutti noi. Sono passaggi di vita, di crescita, ma possono stravolgerci e travolgere tutte le nostre certezze.
Per questo, la strada percorsa dal regista non è quella di “spettacolarizzare il testo”.
Volevo che la macchina da presa seguisse i nostri protagonisti in modo semplice e naturale. Volevo che lo spettatore fosse sempre addosso e insieme a loro, in tutti i momenti delle loro vite. Per questa ragione nella serie non ci sono quasi movimenti di macchina, carrelli o dolly, la macchina è sempre a mano e segue i personaggi in modo quasi documentario. (Gianluca Tavarelli: note di regia).
Vite che non sono le nostre ma potrebbero esserlo
Per prendere un po’ le distanze, ma neanche troppo, lo sguardo sui protagonisti è quello esterno dell’assistente sociale (Claudia Pandolfi). Mentre a lei tocca il compito di eseguire un’indagine competente, è come se ci guidasse, ci prendesse per mano, per farci seguire una storia in bilico tra la normalità e l’eccezione, tra l’altro da noi e noi stessi.
Chiamami ancora amore: Claudia Pandolfi
In Vite che non sono la mia Emmanuel Carrèr dice:
La sofferenza peggiore è quella che non possiamo condividere.
Di Chiamami ancora amore, Gianluca Tavarelli:
Dalla visione di questa serie spero che trarrete la sensazione di essere immersi “nelle vite degli altri”, vite, che per molti versi, sono identiche alle nostre.