Partendo da un incredibile scambio di identità accaduto realmente nella sua America del 1928, due anni prima che nascesse, Clint Eastwood descrive, con abilissima regia e con musiche sue, le drammatiche conseguenze di una società dominata da ipocrisia e desiderio di potere, in cui le istituzioni si accaniscono contro i deboli, anziché proteggerli.
La sceneggiatura dell’emergente J. Michael Straczynski ha salvato dall’oblio i nomi di tre persone, che all’epoca non si arresero di fronte all’arroganza del sistema e riuscirono ad ottenere giustizia: Christine Collins, una delle prime donne lavoratrici e madre single, cui era stato rapito il figlio Walter di 9 anni e a cui la polizia di Los Angeles, pur di chiudere il caso, pretendeva di restituire un altro bambino, più basso e con una diversa dentatura. L’uomo di Chiesa, Gustav A. Briegleb (John Malkovich), che attraverso la radio e con i suoi sermoni invitava i cittadini a tenere gli occhi aperti contro la corruzione. L’avvocato S. Hahn, che gettò le basi di una nuova legislazione, volta a sospendere gli arbitrari internamenti negli ospedali psichiatrici.
Nella parte della protagonista, in cappello a cloche e guantini chiari, una bravissima Angelina Jolie, che già l’anno scorso nel film A mighty heart – Un cuore grande aveva magistralmente interpretato il ruolo di una donna che non si scoraggia davanti a nulla, pur di ritrovare il proprio caro – lì era il marito, qui il figlio-.
Nella scena dell’esecuzione della pena capitale, Eastwood evidenzia con forza l’importanza della pietà per ogni essere umano.
Lucilla Colonna