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In Sala

Una notte da leoni 2

“Todd Phillips torna ad occuparsi di un dopo-addio al celibato con il sequel di una delle sue commedie più fortunate”.

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Superata la parentesi rappresentata dall’on the road Parto col folle (2010), Todd Phillips torna ad occuparsi di un dopo-addio al celibato con il sequel di una delle sue commedie più fortunate, la quale vide i compagni di sbronza Phil (Bradley Cooper), Alan (Zach Galifianakis) e Stu (Ed Helms) disastrosamente impegnati a ricostruire la notte prima del matrimonio dell’amico Doug (Justin Bartha).

Questa volta, con Bangkok al posto di Las Vegas, è Stu a dover convolare a nozze, ma, nonostante il ricordo ancora fresco della precedente “notte da leoni”, i suoi tre amici non mancano di cacciarsi in un nuovo guaio, coinvolgendo perfino il giovane Teddy (Mason Lee), fratello della futura sposa.

Come nel sopravvalutatissimo capostipite, quindi, lo script – concepito dallo stesso regista insieme allo Scot Armstrong che ha scritto quasi tutti i suoi film e al Craig Mazin sceneggiatore del terzo e quarto Scary movie – non sfrutta altro che l’iniziale pretesto per accendere la miccia della sequela di situazioni assurde volte a riempire l’oltre ora e quaranta di visione.

E, con il grande PaulLa versione di BarneyGiamatti incluso nel cast e l’attore-regista Nick Cassavetes coinvolto nel ruolo di un tatuatore, diciamo che, sebbene la dose d’azione sia visibilmente aumentata, tra pericolosi criminali e un lungo inseguimento in macchina destinato a coinvolgere motociclette e sparatorie, il ritmo generale non riesce a fare a meno di guadagnarsi l‘aggettivo “martellante”.

Mentre, in mezzo ad imprevisti con transessuali e ad una scimmietta alle prese addirittura con il pene eretto di un non più giovanissimo orientale, ci si chiede ancora una volta come sia possibile che la tanto volgare quanto idiota comicità di Phillips riscuota grande successo di pubblico e di critica, sfoggiata oltretutto da personaggi che non mancano di risultare odiosi (ma chi l’ha detto che Galifianakis è l’erede di John Belushi?) e volta a condurre a morali quando banali, quando discutibili.

Che si tratti della triste testimonianza del fatto che gli stessi spettatori assumano più sostanze alcoliche degli “eroi” ubriachi di questa brutta tendenza cinematografica a stelle e strisce d’inizio XXI secolo?

Francesco Lomuscio

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