Della filmografia di Agnès Varda, inspiegabilmente, conosciamo molto meno rispetto a quella di François Truffaut o di Jean-Luc Godard. E’ il momento di riscoprirla su Mubi, la piattaforma dedicata al cinema di qualitá. Oggi é l’anniversario della morte e vogliamo celebrare il suo cinema.
Il lavoro d’esordio di Agnès Varda, La pointe Courte (1955) è stato definito “il primo film della nouvelle vague” dallo storico del cinema George Sedoul. La regista non amava le etichette, ma si è sempre schierata dalla parte degli oppressi e dei ribelli. Come quando filmò la rivendicazione dei diritti dei neri americani in Black Panthers o quando all’età di 90 anni a Cannes era alla testa del movimento femminista Mee Too contro le molestie sessuali. Nel 2017 entrò nella storia degli Academy Awards come prima donna regista a ricevere l’oscar d’onore, che le fu consegnato da Angelina Jolie. Diamo uno sguardo ai suoi lavori disponibili su Mubi: oltre al già citato La Pointe Courte, troviamo Les fiancés du pont Mac Donald e Il verde prato dell’amore.
Poche parole, ma essenziali
Il suo debutto alla regia è ambientato in un villaggio francese di pescatori dal suggestivo nome La Pointe Courte (il punto corto). Come attraverso un sipario, entriamo nell’intimità di un villaggio di pescatori, il cui perimetro è disegnato dai panni appesi, dalla legna per il fuoco, dalle reti stese ad asciugare. Dove la gente si scambia poche parole, ma essenziali. Dove l’esistenza è faticosa e precaria, ma una festa tradizionale e un ballo portano la felicità. Qui arriva una coppia in vacanza, lei è di Parigi, lui è nato e cresciuto a La Pointe Courte. Stanno vivendo una fase critica del loro rapporto: dopo quattro anni di matrimonio rimpiangono gli slanci della passione passata, eppure non vogliono lasciarsi. Al contrario degli abitanti del villaggio, sono liberi dalla fatica del lavoro e al riparo dalle difficoltà quotidiane. Così trascorrono il tempo a tormentarsi, soprattutto la donna, per la trasformazione del legame che li unisce.
Agnès Varda segue tutto in punta di piedi, con una regia lontana da ogni pregiudizio, ma attenta a immortalare i dettagli.
Mentre la coppia venuta dalla capitale sembra sprecare i giorni che ha a disposizione – parlano troppo per essere felici, sentenzia una vecchia del posto – il tempo trascorre inesorabilmente. Del resto, nella prima inquadratura del lungometraggio la regista aveva indugiato sulle venature dei cerchi di un tronco d’albero, immagine degli anni che passano. Intanto c’è chi finisce in prigione per aver pescato non rispettando la legge e chi muore perchè il medico è stato avvisato troppo tardi. Nella fotografia in bianco e nero, tra i due turisti e il contesto che li ospita si delinea un contrasto nitido come il sole e l’ombra che si stendono alternativamente sul villaggio.
Dirigere Godard e sua moglie
Nella variegata filmografia di Agnès Varda c’è posto anche per il cortometraggio muto Les fiancés du pont Mac Donald (1961). Interpretato in ordine di apparizione (come è scritto nei titoli di testa) da Anna Karina e da Jean-Luc Godard, unitisi in matrimonio proprio in quell’anno. Sono loro i due fidanzatini che prima si baciano sul ponte e poi si salutano. Il tono è comico, anzi grottesco, ma il significato è come sempre profondo: cambiare punto di vista può fare la differenza tra la vita e la morte.
Felicità?
La Berlinale consegnò l’orso d’argento ad un film del 1964 che Agnès Varda chiamò Le bonheur (la felicità) e che in Italia diventò Il verde prato dell’amore. Nel verde prato dell’amore l’idillio riempie ogni cuore, colma tutto lo spazio. Non c’è posto per la tristezza, per la noia o per il senso di colpa. Sembrano solari pennellate impressioniste le rapidissime inquadrature con cui Agnès Varda dipinge l’intima passione tra uomo e donna con una deliziosa sequenza in interno. La vita si identifica con la felicità e l’intero mondo pulsa di gioia. I colori preferiti sono quelli istintivi, giallo o rosso. E trovano posto in gran quantità anche l’azzurro del cielo, il verde del bosco, il bianco dell’abito da sposa, i colorati mazzi di fiori che danno profumo a tutto il film. L’unico ad essere assolutamente bandito è il nero, tanto che la dissolvenza tra una scena e la successiva può essere a rosso o ad azzurro, ma mai a nero, nemmeno quando la vita per sua natura volge necessariamente in tragedia. Sulle sublimi note di Wolfgang Amadeus Mozart, Agnès Varda ha realizzato il trionfo dell’amore, non senza la sua consueta, sottile ironia. Attraverso lo sguardo del protagonista interpretato da Jean-Claude Drouot, il quale recita nel film con la propria vera famigliola felice. La visione è una festa non solo per gli occhi, ma per tutti i sensi. Anche perché la pellicola è stata restaurata nel 2014 dalla Ciné-Tamaris, casa di produzione col nome di pianta e con un gatto nel logo, che Varda ha fondato insieme all’amato marito regista Jacques Demy per controllare meglio la lavorazione e la distribuzione delle opere di entrambi.
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