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La filmografia di Paolo Sorrentino

Il cinema di Paolo Sorrentino assomiglia a un lago ghiacciato. In superficie tutto è immobile, congelato. Sotto il ghiaccio i vari elementi si scontrano per conquistare l’esistenza

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Nel 2014, Paolo Sorrentino, con La Grande bellezza, è stato l’ultimo regista italiano a vincere l’Oscar. Non certo una sorpresa. Già da L’uomo in più, suo primo lungometraggio, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Solinas.

Il cinema di Paolo Sorrentino somiglia a un lago ghiacciato. In superficie tutto è immobile, congelato. Sotto il ghiaccio i vari elementi si scontrano per conquistare l’esistenza. I protagonisti dei suoi film sembrano dominati dalla noia e dall’inerzia, ma sono sempre in lotta contro il mondo. Le loro vicende riescono a raccontare il reale e l’eccezionale, con la medesima potenza.

Biografia e gli esordi cinematografici

Paolo Sorrentino nasce a Napoli il 31 maggio 1970. A soli 16 anni rimane orfano di entrambi i genitori, morti a causa di un malfunzionamento di una stufa.

Avvenimento di certo drammatico che Paolo ricorda con un tocco di ironia, perché “ Bisogna essere costantemente ironici per far uscire il serio.”

A me Maradona ha salvato la vita. Da due anni chiedevo a mio padre di poter seguire il Napoli in trasferta, anziché passare il week end in montagna, nella casetta di famiglia a Roccaraso; ma mi rispondeva sempre che ero troppo piccolo. Quella volta finalmente mi aveva dato il permesso di partire.

Il giorno dopo Paolo era pronto a seguire la sua squadra del cuore, ma arriva la tragica notizia.

Era il 1987, e quell’evento ha cambiato la vita e la personalità del futuro regista.

“Non sono più stato quel che ero.”

Dopo il liceo, Paolo frequenta la facoltà di Economia e Commercio, abbandonando gli studi universitari a cinque esami dalla tesi. È ormai travolto dalla sua vera passione, il cinema.

Cosa può raccontare il cinema? Tutto! E la noia dà la possibilità di osservare tutto.”

A questa conclusione arrivò Paolo, in un momento di noia, mentre seduto sul divano guardava Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders.

Il suo esordio cinematografico avviene con il cortometraggio Un paradiso, realizzato con Stefano Russo. Successivamente è aiuto regista in Drogheria di Maurizio Fiume e collabora con Antonio Capuano.

Paolo Sorrentino è legato sentimentalmente con la giornalista Daniela D’Antonio e ha due figli. Attualmente vive a Roma con la sua famiglia.

Le conseguenze dell'amore | Paolo Sorrentino (2004) – BY LORENZO CIOFANI

I temi del cinema di Paolo Sorrentino

Nel 2009, Vincenzo Patanè realizza, per Taxidrivers, un’incisiva e interessante intervista al regista, futuro premio Oscar. In quest’occasione, Paolo Sorrentino, incalzato dal nostro direttore, dichiara alcuni temi ricorrenti nel suo cinema.

La solitudine e l’amicizia ritornano nella filmografia del regista in maniera ossessiva. “Sono due situazioni molto importanti, mi piace metterli in scena, sono entrambi dei sentimenti che poi sconfinano in un altro che è quello della malinconia.”

La solitudine è ovunque, è dentro le persone.”

Leggi l’intervista.

Ma nei film di Paolo Sorrentino c’è molto di più e azzardiamo aggiungendo almeno altri due elementi che caratterizzano i suoi personaggi. Il sacro e il rituale, non certo di matrice religiosa, ma metafisica. Queste due peculiarità sono strettamente legate e svelano la sofferenza dei protagonisti dei suoi film.

Ciò è evidente soprattutto nei lavori realizzati con Toni Servillo. Da L’uomo in più fino a La grande bellezza e in parte anche in Loro, i personaggi principali sono tormentati da alcuni gesti ripetitivi, che diventano rituali e sfociano nel sacro.

Esemplare è Titta Di Girolomo in Le conseguenze dell’amore. La consegna della valigia contenente i ricavati di Cosa Nostra, avviene secondo gesti e azioni ripetitive, messe in atto con maniacale precisione, appunto il sacro.

E come ogni sacerdote, Titta ha bisogno dei suoi strumenti per compiere il suo rito, la pistola e un preciso abito. D’altronde anche il killer agisce in questo modo.

Le conseguenze dell'amore - Sorrentino, l'amore e l'enigmatico Servillo – der Zweifel

Le conseguenze dell’amore

Con Le conseguenze dell’amore (2004), suo secondo film, Paolo Sorrentino ha già raggiunto una certa maturità stilistica e autoriale. Il lungometraggio è stato presentato al 57° Festival di Cannes.

Titta Di Girolamo (Toni Servillo) è un uomo di 50 anni, che vive una vita monotona. Apparentemente non fa nulla, in realtà “lava” i soldi della mafia. Gli unici contatti umani che ha sono quelli con il direttore dell’albergo e con una coppia anziana, ricchi ormai decaduti. Molto colto, ma poco propenso al dialogo. Questa sua vita, fatta di azioni rigidamente preordinate, comincia a scomporsi quando inizia a parlare con la giovane barista dell’albergo, Sofia (Olivia Magnani).

Il film, disponibile su Mubi, è senza sbavature. Tutto è al posto giusto e i personaggi e l’ambientazione si trovano in perfetta sintonia. Un paesaggio silenzioso, come il protagonista, interpretato da un insuperabile Toni Servillo.

La cosa peggiore che può capitare a un uomo che trascorre molto tempo da solo è quella di non avere immaginazione.”

In questo modo Paolo Sorrentino presenta il suo personaggio. Un uomo sostanzialmente solo, costretto a vivere in un sorta di prigione, dove ogni rumore è ovattato.

Annoiato, stanco e depresso; così appare Titta, ma non certo arrendevole. Spinto dall’amore, come suggerisce il titolo, diventa un vero eroe, capace di donare un milione di dollari a una coppia di nobili decaduti. Non importa se il costo è la sua stessa vita.

Il film, come detto in precedenza, ha un ritmo sacrale e rituale. Come il lunghissimo piano sequenza della commissione della Mafia e la morte del protagonista.

Paolo Sorrentino usa una regia molto virtuosa, soprattutto nei momenti di smarrimento del protagonista. Notevole è l’uso della musica, curata da Pasquale Catalano.

Il cast: Toni Servillo, Olivia Magnani, Adriano Giannini, Raffaele Pisu, Angela Goodwin.

Leggi anche: Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino

L'uomo in più film

L’uomo in più

È con L’uomo in più (2001) che si inaugura il sodalizio artistico tra il regista e Toni Servillo. Il film è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia e Paolo Sorrentino ha vinto il Nastro d’argento come migliore regista esordiente.

Antonio Pisapia (Tony Servillo), in arte Tony, è un “crooner” partenopeo dalla voce seducente, conteso dalle donne, coccolato dai manager. Antonio Pisapia (Andrea Renzi) è invece uno stopper di classe e – dopo un grave infortunio – un allenatore dilettante ma geniale. Per loro sembra iniziare un periodo di successo, ma nel 1984, la carriera e la vita di entrambi vanno in mille pezzi.

L’uomo in più è un film sorprendente per un’opera prima. Luca Biscontini, nella sua recensione pubblicata su Taxidrivers, lo apprezza per la sua freschezza e originalità della messa in scena. Non è di meno la sceneggiatura, scritta dallo stesso Sorrentino, e la bravura degli attori.

Impeccabile, come sempre, Toni Servillo, ma colpiscono anche interpreti impegnati in ruoli minori, come Peppe Lanzetta.

Dicevano che ero bello… ma io non mi sono sentito mai bello… io mi sentivo potente.”

È la perdita del potere che viene raccontata in questo film. I due protagonisti, conducendo una vita parallela, vengono travolti da un destino crudele.

E restano immancabilmente da soli. Ma attenzione la loro non è una sconfitta. Piuttosto un nuovo inizio e non importa se uno dei due Pisapia muore, continuerà a vivere nell’esistenza dell’altro.

Il cast: Toni Servillo, Andrea Renzi, Nello Mascia, Angela Goodwin, Peppe Lanzetta, Marzio Honorato.

Leggi anche: L’uomo in più di Paolo Sorrentino

 

 

Il divo

Il divo (2008) è il terzo film di Paolo Sorrentino e ancora una volta il ruolo da protagonista è affidato a Toni Servillo. Il lungometraggio è stato presentato al Festival di Cannes, aggiudicandosi il premio della giuria.

A Roma, all’alba, quando tutti dormono, c’è un uomo che non dorme. Quell’uomo si chiama Giulio Andreotti (Toni Servillo). Pacato, sornione, imperscrutabile, Andreotti è il potere in Italia da quattro decenni. Agli inizi degli anni novanta, senza arroganza e senza umiltà, immobile e sussurrante, ambiguo e rassicurante, avanza inarrestabile verso il settimo mandato come Presidente del Consiglio. Alla soglia dei settant’anni, Andreotti è un gerontocrate che, equipaggiato come Dio, non teme nessuno e non sa cosa sia il timore reverenziale. Abituato com’è a vedere questo timore dipinto sul viso di tutti i suoi interlocutori.

Il divo racconta alcuni momenti salienti della storia politica contemporanea del nostro Paese e il film ha scatenato non poche polemiche. Il regista, peraltro, non si limita a un semplice resoconto, ma propone, senza mezzi termini, le sue idee, rafforzate da testimonianze reali.

Paolo Sorrentino, coraggiosamente, affronta il delitto del giornalista Mino Pecorelli, la morte del generale Carlo Alberto dalla Chiesa e soprattutto l’incontro tra Giulio Anderotti e Salvatore Riina.

So di essere di media statura, ma non vedo giganti intorno a me”.

https://www.youtube.com/watch?v=7FX-lgSQlGw

È ciò che dice Andreotti/Servillo quando accetta di tentare la conquista del Quirinale. È una frase pronunciata realmente dall’esponente politico. Come molte altre circostanze ricostruite nel film hanno un loro corrispondente nella realtà storica.

Ma anche in questo film Paolo Sorrentino racconta la parabola di un uomo potente, circondato da tante persone, ma in realtà “miseramente” solo.

In un articolo, già pubblicato su Taxidrivers, si sottolinea il grande fascino della colonna sonora che va dalla technopop targata anni ’80 di “Da Da Da”, al flauto di Vivaldi, da Bruno Martino alle seducenti track scritte da Teho Teardo.

Il cast: Tony Servillo, Anna Bonaiuti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Giulio Bosetti.

Leggi anche IL DELITTO MATTEOTTI e IL DIVO due film a confronto

La grande bellezza: capolavoro di Paolo Sorrentino

La grande bellezza

La grande bellezza (2013) è stato presentato al Festival di Cannes e ha vinto il Premio Oscar come miglior film straniero. La sceneggiatura è stata scritta da Paolo Sorrentino e Umberto Contarello.

Dopo “L’apparato umano”, l’unico romanzo che ha pubblicato da giovane e che gli ha regalato la notorietà, Jep Gambardella (Toni Servillo) non ha scritto più nulla. È diventato però un giornalista e frequenta spesso l’alta società romana. La sua vita è un susseguirsi di incontri, appuntamenti e celebrazioni eccentriche che lo rendono testimone della crisi della società.

Con questo film Paolo Sorrentino viene, evitabilmente, accostato a Federico Fellini. Ci sono dei riferimenti felliniani in tutta la filmografia del regista napoletano. Caratteristica che egli stesso definisce “riflesso inconscio”, non premeditato.

Voluto, senza dubbio, è invece il nocciolo tematico de La grande bellezza. Come Federico Fellini in La dolce vita, anche Paolo Sorrentino si occupa dello smarrimento dell’essere umano nelle società opulenti.

Questo punto è affrontato da Pasquale D’Aiello nella sua recensione del film. Sorrentino e Fellini ambiscono a restituire un quadro di un contesto sociale attraverso lo specchio fornito da Roma ma i tempi scelti sono fatali per il nostro contemporaneo e a tutto vantaggio per il maestro.

Il film è disponibile su Netflix

Il cast: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte

Loro

Loro (2018) è l’ultimo film di Paolo Sorrentino, interpretato da Toni Servillo ed Elena Sofia Ricci, la quale si è aggiudicata un David di Donatello e un Nastro d’argento come migliore attrice protagonista.

Il film, diviso in due parti (Loro 1 e Loro 2), racconta la vicenda personale e professionale di Silvio Berlusconi (Toni Servillo). La figura dell’ex premier è caratterizzata dalla sua vanità. Loro si concentra sulla corruzione del mondo politico.

Loro (film) - Wikipedia

È questo il film che ha riscosso meno successo e in parte ha deluso anche la critica. Paolo Sorrentino in più di un’occasione ha dichiarato che è stato frainteso, il suo obiettivo era quello di realizzare una commedia.

Ma il pubblico e non solo, si aspettava un film sulla falsa riga de Il divo, Loro, però ha un altro stile e soprattutto un diverso ritmo.

Il tema della solitudine è in ogni modo presente. Ciò viene sottolineato da Boris Schumacher nel suo articolo Si intitola Loro ma si legge solo. Paolo Sorrentino riesce a cogliere il dramma più intimo e lacerante di Silvio Berlusconi, ritraendolo per ciò che è (sempre stato): un uomo solo. Imprigionato e ingabbiato nella sua stessa, eterna, logorante e sfiancante messa in scena.

Il cast: Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Fabrizio Bentivoglio, Kasia Smutniak,

Anna Bonaiuto, Riccardo Scamarcio

Leggi anche Loro 1: il godimento che distrugge il sentimento

Leggi anche Paolo Sorrentino girerà il suo prossimo film, é stata la mano di Dio, per Netflix  

L’amico di famiglia

Nel 2006 Paolo Sorrentino dirige L’amico di famiglia, con Giacomo Rizzo, Laura Chiatti e Fabrizio Bentivoglio. Il film, presentato al festival di Cannes, ottenne il Ciak d’oro per la migliore sceneggiatura, scritta dal regista, con la preziosa collaborazione di Luca Bigazzi.

 

Geremia (Giacomo Rizzo) è un usuraio brutto, claudicante e morboso. Vive in una cittadina dell’Agro Pontino e assiste sua madre paralizzata. È convito che la sua attività di usura sia un bene per la collettività, poiché presta denaro a chi ha bisogno. Ad affiancarlo nella sua attività c’è Gino (Fabrizio Bentivoglio), un barista patito per il country. A rivoluzionare la vita di questi due uomini è l’arrivo di Rosalba (Laura Chiatti), una bellissima ragazza, quanto diabolica.

Come possiamo apprendere da un articolo di Claudia Morgoglione, apparso su la Repubblica, L’amico di famiglia, uscito nelle sale cinematografiche non è lo stesso presentato a Cannes.

L’ho cambiato perché c’era il tempo di farlo. Ero consapevole di avere fatto un montaggio veloce, pur di mandarlo al Festival.”

Sono queste le parole del regista, che incoraggiato dai produttori ha tagliato 6 minuti nelle sequenze finali. Il film diventa più breve e più compatto.

L’amico di famiglia, che segue Le conseguenze dell’amore e L’uomo in più; potrebbe essere considerato come un ultimo capitolo di una trilogia dedicata alla solitudine. Ma Paolo Sorrentino non accetta di buon grado questa interpretazione, perché il tema della solitudine è così vasto da non essere risolto in solo tre film.

Geremia è, però, senza dubbio un uomo solo. Probabilmente la sua solitudine è maggiore anche degli altri personaggi sorrentiniani. E poi c’è, ancora una volta, il paesaggio che diventa come una cassa di risonanza dello stato d’animo dei protagonista.

Il tema affronta l’usura, vero cancro della nostra società, ma il tratto più interessante è senza dubbio il rapporto triangolare che si sviluppa all’interno del film.

Il mio ultimo pensiero sarà per voi…”

In questo modo Geremia usa salutare le vittime della sua usura. Ma è forse lui l’unico “innocente” in questo universo di provincia. E la bellissima Rosalba non è pura come sembra.

Lei, accostata spesso all’immagine della Madonna, diventa il personaggio più diabolico, capace di ingannare Geremia Cuoredoro.

Il cast: Giacomo Rizzo, Fabrizio Bentivoglio, Luara Chiatti, Gigi Angelillo, Clara Bindi

Il film è disponibile su Netflix

This Must Be the Place

Nel 2011, Paolo Sorrentino dirige This Must Be the Place con Sean Penn. Presentato in concorso al Festival di Cannes, è il primo del regista in lingua inglese.

Cheyenne (Sean Penn), ebreo, cinquantenne, ex rock star. Rossetto rosso e cerone bianco, conduce una vita più che benestante a Dublino. Trafitto da una noia che tende, talora, ad interpretare come leggera depressione. La sua è una vita da pensionato prima di aver raggiunto l’età della pensione. La morte del padre, con il quale aveva da tempo interrotto i rapporti, lo riporta a New York. Qui, attraverso la lettura di alcuni diari, mette a fuoco la vita del padre negli ultimi trent’anni. Anni dedicati a cercare ossessivamente un criminale nazista rifugiatosi negli Stati Uniti. Accompagnato da un’inesorabile lentezza e da nessuna dote da investigatore, Cheyenne decide, contro ogni logica, di proseguire le ricerche del padre e, dunque, di mettersi alla ricerca, attraverso gli Stati Uniti, di un novantenne tedesco probabilmente morto di vecchiaia.

This Must Be the Place

 

Come ci ricorda un articolo pubblicato su Taxidrivers, il film nasce dall’incontro di Paolo Sorrentino con Sean Penn. Era il 2008 e il regista si trovava a Cannes per presentare Il divo, mentre l’attore presiedeva la giuria. I due si promisero di lavorare insieme.

Il regista teneva moltissimo anche alla partecipazione di Frances McDormand nel ruolo di Jane, la moglie del protagonista, tanto che quando le propose di leggere il copione, la avvertì che se avesse rifiutato la parte, il copione sarebbe stato cambiato per rendere Cheyenne vedovo o single.

Centrale è ancora la noia, la solitudine e il trascorrere del tempo.

“… Passiamo senza farci caso dall’età in cui si dice un giorno farò così… all’età in cui si dice… è andata così…”

Il tempo che passa inesorabilmente  mette in crisi il personaggio interpretato in maniera brillante da Sean Peen.

In una lucida recensione del film, a firma di Paolo Mereghetti, viene sottolineato come il film proietti Paolo Sorrentino verso un cinema privo di parole.

Questa caratteristica, già accennata nelle precedenti opere, acquista maggiormente valore e i personaggi si impongono per la loro “forma”, rifiutando l’essenzialità. Una visione originale del cinema post moderno.

Il cast: Sean Penn, Frances McDormand, Judd Hirsch, Eve Hewson, Kerry Condon

Il film è disponibile su NOW

Youth – La giovinezza

Un processo simile avviene con Youth – La giovinezza (2015). Tra gli interpreti principali del film figurano Michael Caine, Rachel Weisz, Harvey Keitel, Paul Dano e Jane Fonda.

Fred (Michael Cain) e Mick (Harvey Keitel), due vecchi amici alle soglie degli ottant’anni, sono in vacanza insieme in un elegante albergo. Fred, compositore e direttore d’orchestra, è ormai in pensione mentre Mick, regista, è ancora in attività. I due amici, consapevoli che il tempo a loro disposizione sta lentamente scadendo, decidono di affrontare il futuro insieme e guardano con curiosità e tenerezza alla vita dei loro figli. E mentre Mick si sforza di finire la sceneggiatura di quello che sarà il suo ultimo importante film, Fred non ha alcuna intenzione di rimettersi al lavoro, anche se qualcuno vuole a tutti i costi ascoltare nuovamente le sue composizioni e rivederlo di nuovo all’opera.

Youth – La giovinezza” di Paolo Sorrentino – alquartocielo

I due protagonisti affrontano il trascorrere del tempo in maniera diverso, ma l’esito e perlopiù lo stesso.

Quando sei giovane vedi tutto vicino…è il futuro. Quando sei vecchio vedi tutto lontano… è il passato”.

La bellezza del film è senz’altro nella potenza evocativa delle immagini. Francesca Vantaggiato per Taxidrivers scrive: Sorrentino conferma ancora una volta lo stile elegante e poetico nel muovere la macchina da presa, sceglie angolazioni ricercate per incorniciare immagini straordinarie, immortala volti che anche solo guardando in camera raccontano storie.

Il cast: Michael Caine, Rachel Weisz, Harvey Keitel, Paul Dano, Jane Fonda

Le serie tv

Dal 21 ottobre al 18 novembre 2016 su Sky è andata in onda la serie televisiva The young Pope scritta e diretta da Paolo Sorrentino.

Lenny Belardo (Jude Law), un giovane cardinale americano, viene eletto Papa con il nome di Pio XIII. Il suo particolare rapporto con la fede, e gli intrighi della Santa Sede, manovrati dal cardinale Voiello (Silvio Orlando), sono temi centrali della serie tv.

The Young Pope, riassunto in vista di The New Pope

The young Pope è una serie tv originale. Paradossale, a tratti surrealista, sopra le righe, drammatica e ironica. Un opera atipica per il palinsesto televisivo nostrano.

Domenico Naso su Il fatto quotidiano scrive: È una magnifica opera d’arte. A tratti difficile, che in alcuni brevi momenti va “sopportata”. Ma ne vale la pena, visto che poi esplode in momenti coinvolgenti e sconvolgenti, come il finale del secondo episodio. Insomma, anche se The Young Pope fosse davvero masturbazione intellettuale, sarebbe comunque una signora “sega”, di quelle che meritano una standing ovation.

Leggi anche: The Young Pope: il Papa di Sorrentino tra mito, mistero, fede e estetica

Il cast: Jude Law, Silvio Orlando, Diane Keaton, Javier Càmara, Stefano Accorsi

The new Pope (2020) è la seconda serie tv realizzata da Paolo Sorrentino.

Mentre Papa XIII è in coma, l’affascinante e aristocratico Brannox (John Malkovich) diventa il nuovo Papa con il nome di Giovanni Paolo III.

Gianlorenzo Franzì scrive: The New Pope ristabilisce l’ordine che si era creato con la chiusura della The Young Pope: una serie strabiliante perlomeno dal punto di vista visivo.

The New Pope, rispetto a The Young Pope, ha forse la capacità di mostrarsi (inconsapevolmente?) più attuale, determinando in questo modo alcuni snodi fondamentali della trama che svicolano tra papi deposti in vita, terrorismo islamico, idolatria.

Il cast: Jude Law, Silvio Orlando, Massimo Ghini, Maurizio Lombardi, Mark Ivanir

È stata la mano di Dio

Il film è stato presentato in concorso alla 78° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia è prodotto da The Apartment e da Netflix. Con questo lungometraggio, Sorrentino torna a rappresentare l’Italia agli Oscar, ma non riesce a replicare la vittoria di La grande bellezza.

Fabietto Schisa è un adolescente napoletano dal carattere introverso, che allo studio (frequenta il liceo classico presso i Salesiani) alterna la passione per il Napoli calcio e Maradona. Ha una sensibilità spiccata ma è ancora in cerca della sua strada. Il padre, Saverio, dotato di un innato senso dell’umorismo, lavora al Banco di Napoli, mentre la madre, Maria, casalinga e amante degli scherzi, oltre a Fabietto accudisce il figlio più grande, Marchino, e Daniela, la sorella perennemente intenta ad accaparrarsi il bagno di casa. Attorno a loro ruota un universo variopinto fatto di parenti più o meno affezionati, compresa la conturbante zia Patrizia, e strampalati vicini di casa.

La macchina da presa di Paolo Sorrentino mette in scena un racconto autobiografico epocale che, con il suo consueto piglio arguto ed ironico, approfondisce e svela.

La realtà si trasforma nel teatro che è sempre stata. I personaggi diventano maschere che i primi e i primissimi piani intensificano, cercando di catturarne tutta l’umanità, cristallizzarne i corpi, molto spesso caduchi, e narrarne il vissuto destinato a non perdere memoria.

Il regista racconta la sua storia con lo sguardo sincero di chi ha compreso le parti in commedia, con l’omaggio alla mano di Dio, quella del suo idolo Diego Armando Maradona, che suona come un ringraziamento postumo a qualcuno più grande di tutti. Sullo sfondo, Napoli con le sue contraddizioni e la sua grande bellezza, mentre tutt’attorno scorre la vita che comunque vada prosegue il suo corso.

Il cast: Toni Servillo, Saverio Schisa, Marlon Joubert, Marchino Filippo Scotti

Leggi anche: È stata la mano di Dio’, autobiografia di un sogno chiamato vita

Sorrentino: Felliniano e manierista?

Paolo Sorrentino è senza dubbio tra i cineasti italiani più apprezzati all’estero, soprattutto in America. In patria, però non sono mancate le critiche. In molti sono stati a considerarlo una brutta copia di Federico Fellini e di cadere spesso e volentieri in uno sterile manierismo.

Per quanto riguarda l’accusa di scopiazzare il grande maestro de La dolce vita, senza dubbio Paolo Sorrentino è affascinato dalla sua poetica. Ma non ha mai riproposto lo stile felliniano in maniera sterile. Ha sempre aggiunto, specie tematicamente, del suo, sia sul versante visivo, che su quello narrativo.

Il regista napoletano è stato anche autore di due romanzi, Hanno tutti ragione (2010) e Gli aspetti irrilevanti (2016). Opere di certo separate dalla sua attività di regista, ma che creano un gioco di riflesso, dallo schermo alla pagina scritta, in grado di trasmettere la grande capacità artistica dell’autore.

Il suo cinema, in alcuni casi, è sicuramente molto virtuoso, ma mai sterile manierismo. La sua filmografia può essere suddivisa in due periodi. Il primo che si potrebbe definire “individuale” e il secondo “corale”.

Al primo periodo si possono collocare L’uomo in più, Le conseguenze dell’amore e L’amico di famiglia. Al secondo, invece, This must be the place, La grande bellezza e Youth – La giovinezza.

 

Il periodo, cosiddetto individuale, è caratterizzato da uno stile di regia più genuino, per certi versi semplice. E l’attenzione del regista è posta su un solo personaggio.

I film definiti corali (ci sono, ovviamente, delle eccezioni all’interno dei due periodi) hanno uno stile molto virtuoso, ogni movimento di macchina, ogni immagine, stilisticamente curata; è concepita per evocare particolari stati d’animo dei vari personaggi coinvolti nella trama.

Partenope e il ricordo a Luca Canfora

Nel 2024 Paolo Sorrentino è tornato al cinema con Partenope, film passato in concorso a Cannes 2024. Decimo lungometraggio scritto e diretto da Paolo Sorrentino, un’opera attesa da tempo e molto probabilmente dedicata a uno dei principali collaborati del regista, Luca Canfora. Costumista cinematografico, operistico e televisivo, Canfora è venuto a mancare nel settembre del 2023, lasciando un profondo vuoto tra i suoi amici e colleghi.

Per Paolo Sorrentino, Luca Canfora ha curato i costumi de La grande bellezza, Yount – La giovinezza  e Loro. La sua carriera inizia con Il Pinocchio di Roberto Benigni e poi prosegue con diverse collaborazioni internazionali, come quella con Mel Gibson in La passione di Cristo, Spike Lee in Miracolo a Sant’Anna e Terry Gilliam in I fratelli Grimm e l’incantevole strega

Paolo Sorrentino racconta chi é Parthenope

La filmografia di Paolo Sorrentino