Presentato al trentesimo Noir in Festival (Leggi anche: Noir in Festival 2021 all’insegna delle donne) – in programma online dall’8 al 13 marzo – The Spellbound (Les Envoûtés) di Pascal Bonitzer racconta le vicende di Coline (Sara Giraudeau) e di Simon (Nicolas Duvauchelle).
The Spellbound | La trama
Costretta a fare economia per non rischiare di ritrovarsi al verde, la giovane decide di accettare la proposta della direttrice della rivista settimanale per cui lavora. Le viene quindi affidata una rubrica intitolata La storia del mese.
Il suo primo incarico è quello di recarsi nei Pirenei, per intervistare un uomo che sostiene di aver visto il fantasma della madre, nell’esatto momento in cui quest’ultima abbandonava le spoglie terrene.
L’incontro tra Coline e Simon diviene un po’ il fulcro dell’intero progetto. Lui è un artista che prova a sedurla, lei tenta di giocare la carta della professionalità con poco successo. Il fatto di essere in qualche modo immatura, sentimentalmente parlando, la mette in una posizione di svantaggio.
L’atteggiamento e le attenzioni dell’uomo avranno ben presto la meglio, dando vita a una relazione passionale ma altalenante.
Figure in bilico sul doppio binario fantasia/realtà
Parallelamente prosegue il discorso del contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti. A portarlo avanti c’è anche il personaggio di Azar (Anabel Lopez), vicina e quasi amante di Coline, che ha vissuto un’esperienza simile a quella di Simon.
Figure in bilico, che non sembrano per nulla ancorate alla tangibilità degli eventi, quanto piuttosto caratterizzate da una spiritualità accentuata. Persino i tatuaggi appaiono simboli e richiami di qualcosa di ancestrale e lontano.
The Spellbound si gioca tutto così, su un doppio piano, di fantasia/immaginazione e realtà. La protagonista ne viene inesorabilmente e inevitabilmente travolta. I dubbi cominciano a insinuarsi in ogni piega, conducendola sempre più verso un baratro di disperazione e oblio.
Gli elementi del noir non preannunciano un happy end
A livello stilistico, la pellicola afferra qui e là elementi del noir, con questa atmosfera sospesa, seducente, suggestiva. Il melodramma alla base fa il resto, spingendo lo spettatore a provare ciò che prova Coline.
Se ne esce con una sensazione di mistero ma anche di malinconia, causata dalla consapevolezza che probabilmente non ci sarà un happy end.
Seppur non troppo originale, risulta apprezzabile la scelta di iniziare il racconto con la fine della storia. Quando il cerchio si chiuderà, una verità difficile da affrontare, ma necessaria, piomberà sulle spalle della donna.
Stando alle parole del regista, l’idea risale a molto tempo prima, nata dalla volontà di trasporre un romanzo di Witold Gombrowicz. Ispirato poi da un poema di Gérard de Nerval e da The Way it Came di Henry James, Bonitzer – in collaborazione con Agnès de Sacy, cosceneggiatrice – realizza un’opera di per sé affascinante e ricca.
Temi quali la solitudine, la gelosia, il senso di colpa, la sessualità, il tradimento, trovano un loro spazio e un valore all’interno della narrazione, contaminati da una preziossima venatura noir.
*The Spellbound è prodotto da Saïd Ben Saïd e Michel Merkt, una produzione BS Productions, con il contributo di Région Nouvelle-Aquitaine, dal Centre Nationals duCinéma et de l’Image Animée e da Le Tax du Gouvernement, Fédéral de Belgique. SBS Distribution si occupa delle vendite internazionali.
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