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FESTIVAL DI CINEMA

FAR EAST FILM FESTIVAL 13: “Welcome to Shama Town” di Li Weiran

FAR EAST FILM FESTIVAL 13: “Welcome to Shama Town” di Li Weiran. Saltellante e colorata, malgrado l’aridità e la polvere che continuamente si sollevano, l’opera prima del regista Li Weiran ha intenerito la platea. Un film citazionista: dai caratteristi vagamente felliniani alla slapstick moderna, fino al balletto di chiusura in stile Bollywood. A cura di Rita Andreetti

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Shama Town sarebbe un posto davvero sperduto nel più arido deserto montuoso della Cina nordorientale, se non fosse per il suo agguerrito sindaco Tang che ha così tanto a cuore le sorti della città e dei suoi abitanti, da escogitare svariati sistemi per poterne rilanciare l’immagine e l’identità. Malgrado gli sforzi, però, Shama Town è abitata da caratteristi goffi e ingenui, che vanificano i tentativi di risollevare le sorti del posto: da un trio cleptomane, al gruppo di parenti serpenti, alla bella fidanzata del sindaco che non trova con lui alcuna intimità.

Alcuni ritrovamenti fortuiti riportano a galla la leggenda del Bandito Hu, che pare avesse conservato e tracciato un lauto tesoro frutto della sua attività violenta, e sconvolgono definitivamente la monotonia di Shama Town. Purtroppo il caso, in questo deserto, gioca un ruolo di rilievo: la notizia del succulento ritrovamento arriva all’orecchio di un gruppo di poco raccomandabili gangster interessati al bottino. Tentando prima di comprare sindaco e abitanti col turismo, con i pomodori, con le aspettative di un futuro più roseo, i gangster arrivano ad espropriare gli ingenui cittadini del tesoro.

È qui che prende il via la parte più action di tutto il film, un mix di generi senza padrone che oscilla dal grottesco alla commedia black, col pubblico sempre dalla parte del sorriso un po’ ebete di Tang Gaopeng e della sua incapacità di confessarsi all’amata. È qui, cioè, che la cittadina si risveglia, facendo di tutto per riprendere il controllo del tesoro che le appartiene, perché sepolto sotto i propri piedi, perché rubato da un bandito che ha terrorizzato per anni le vite dei loro antenati, perché necessario per ridare vita alla spenta Shama. Ma per non scivolare nel cappa e spada all’orientale, qui, a Shama Town, le guerre si fanno con i pomodori.

Saltellante e colorata, malgrado l’aridità e la polvere che continuamente si sollevano (spazi luci e ambienti che ricordano l’altro western visto in Italia), l’opera prima del regista Li Weiran ha intenerito la platea. Già la sua personale presentazione, in anteprima fuori dai confini cinesi, ha introdotto il clima grazioso della città di Shama.

Una città tutta citazionista, questa: nelle azioni dei suoi abitanti folli attinge alla lontana dai caratteristi felliniani, i quali ammiccano alla slapstick moderna e poi svoltano verso orizzonti di botte da orbi, chiudendo col balletto alla Bollywood.

Li Weiran non si fa mancare niente, e il pubblico gradisce.

Rita Andreetti

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