Dopo Il mondo fino in fondo del 2014, Alessandro Lunardelli affronta la sua seconda regia, con La regola d’oro, che è stato presentato al Taormina Film Festival del 2020, e ha vinto il Premio del Pubblico al Festival del Cinema di Porretta Terme.
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Affidata all’ottima interpretazione degli attori, dei protagonisti soprattutto, La regola d’oro affronta temi molto attuali: l’effetto del terrorismo sui singoli, la colpevole amplificazione mediatica, e lo sfruttamento politico, del dolore individuale. Senza alcun rispetto.
La regola d’oro: trama
La narrazione avviene attraverso un intreccio fatto di rimandi in cui si mescolano tempi e luoghi. Il presente, a Roma e in Sicilia, rimanda a un recente passato mediorientale, difficile da rielaborare. Ettore (Simone Liberati) è il caporale Seppis, tornato in Italia dopo ben cinque mesi di prigionia, vissuti insieme al suo amore, Jamila, volontaria del luogo. Gli estremisti siriani, però, liberano solo lui, ora in balia della sindrome da sopravvissuto, della rabbia nel vedere l’entusiasmo collettivo, il clima festoso per la sua liberazione, al quale è completamente estraneo. La madre lo irrita più di tutti, perché, dal suo punto di vista, continua con il suo fare salottiero, mentre lui vorrebbe rintanarsi come un animale ferito.
Poi, l’incontro con Massimo (Edoardo Pesce), autore televisivo, che lo vuole coinvolgere nell’iniziativa della moglie Monica Visentin (Barbara Bobulova), conduttrice d’assalto: Ettore ritirerà un premio a Taormina. La notizia è anticipata dal ministro (Andrea Pennacchi) che vuole, anche lui, sfruttare l’immagine dell’eroe contro il terrorismo arabo. Non può esserci eroe più involontario di così!
A Taormina ci sarà un festival della lirica presentato proprio da Monica. Iniziativa serissima che si fa autentica buffonata. Durante il viaggio e la preparazione del discorso di Ettore, lui e Massimo inizialmente distanti, si avvicineranno sempre più, rendendo per un po’ più tollerabili le loro rispettive crisi esistenziali.
La crisi esistenziale di Ettore Seppis
Lo smarrimento di Ettore è del tutto comprensibile. Il film inizia proprio mentre viene trasferito da un rifugio all’altro, verso il confine, prima della liberazione: incappucciato, con i sandali che scivolano sul pietrisco, una lingua che non conosce. E rimarrà così, estraneo, anche quando torna a casa sua, in Italia. La televisione ha inscenato il solito circo mediatico, complice la madre che le si è praticamente venduta. Per questo la rabbia di Ettore esplode soprattutto contro di lei, mentre vive giorni di collera alternata a depressioni che non può condividere.
Un frammento del film: lui che guarda per strada l’immagine di sé, mentre sorride al suo arrivo, su un maxischermo. Le volta le spalle e cammina lasciandola sullo sfondo. Per un attimo ci sono due Ettore Seppis: quello vero che viene nella nostra direzione, afflitto, imbronciato, e quello artefatto, interamente costruito dal cinico giornalismo di circostanza.
Lo sguardo infossato di Ettore rende al massimo l’impossibilità di un ritorno al quotidiano, perché per lui “Perdonarsi è la missione più dura”, come recita, nella locandina, il sottotitolo del film.
Simone Liberati, al suo quarto film da protagonista, ha confermato una recitazione che, come dice Carlo Cerofolini che lo ha intervistato, scompare all’interno del personaggio, tanto da ricordare Elio Germano, tra gli attori della nuova generazione.
Per la recitazione di Simone Liberati, leggi
Simone Liberati racconta L’amore a domicilio con Miriam Leone – Taxidrivers.it
Cuori puri: intervista a Roberto De Paolis, il regista del film presentato con grande successo alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes – Taxidrivers.it
La crisi esistenziale di Massimo
Il personaggio di Massimo è molto più enigmatico e sorprendente. Inizia ad occupare gli spazi di Ettore in modo invasivo, con la sfacciataggine che a Edoardo Pesce riesce benissimo. Spiazza lo spettatore invece quando si rivela l’unica persona capace di un ascolto attivo, vero. “Quello che hai fatto, Ettore, racconta tanto di te, ma anche di noi, di quello che siamo. C’è la paura, c’è il coraggio c’è la passione, c’è la follia, e poi c’è l’amore, c’è l’amore”.
Riesce così a far fluire il ricordo, ed Ettore racconta l’indicibile, introdotto da una scena libanese nella casa di Jamila, prima della loro cattura, in cui dagli interni bui si passa all’esterno festoso. L’unico momento in cui vediamo Ettore felice, aperto agli altri, forse com’era davvero prima del trauma subito.
Non ci aspettavamo tanta sincerità da parte di Massimo. Ma poi sarà il suo turno e la narrazione lo segue nei mesi che precedono l’incontro. Assistiamo ai suoi turbamenti, ai suoi dissapori con Monica, a una logica, la sua, che mira all’essenziale, e non più quella dello spettacolo che giustifica tutto. Conosciamo lo spessore di un uomo che non scrive solo per la tv, ma recita Beckett: “Il vero cambiamento avviene solo quando non c‘è via d’uscita”.
Per le altre recitazioni di Edoardo Pesce, leggi:
https://www.taxidrivers.it/160403/interviews/conversation/conversazione-con-stefano-lodovichi-regista-de-la-stanza.html
https://www.taxidrivers.it/156113/interviews/conversation/__trashed-8.html
Due anime ferite che si incontrano
La resa del film è molto affidata alla rappresentazione di un turbamento, di una frattura: Ettore per le ovvie ragioni di un’esperienza violenta, dell’allontanamento forzato da Jamila e la sua colpa; Massimo per un percorso interiore tutto suo, anche per lui accelerato da un evento. Segreti dell’anima, che trovano finalmente la possibilità di essere svelati.
Ma non è il solito incontro a cui le narrazioni filmiche e letterarie ci hanno abituato. Quello di due persone che all’inizio sono diffidenti e poi cambiano attraverso la loro intesa. È vero che Ettore ha forti resistenze nei confronti di Massimo e che poi gli dà fiducia, ma non ci sono grosse trasformazioni riferite al loro incontrarsi.
La soluzione per Ettore non sarà certo quella di esporsi troppo, per gli interessi altrui, che Massimo incoraggia sempre più tiepidamente. Tutt’altro. E siamo grati al regista per non averci dato una chiusura consolatoria, né definitiva. Il fatto di non avere scelta è una cosa positiva, libera la mente, ha detto Massimo, ricorrendo alle sue citazioni, prima della partenza per la Sicilia.
La regola d’oro: il miglior merito del film
Il bisogno di Ettore è proprio quello di sgombrare una mente oppressa di ricordi, responsabilità, tradimenti, inadeguatezza, che la folla mediatica opprime ancora di più. La denuncia di come anche la politica, da parte sua, sfrutti questo peso, aumentandolo, è l’aspetto più apprezzabile del film di Lunardelli.
Titolo internazionale del film: Golden Rule
Cast: Simone Liberati, Edoardo Pesce, Barbara Bobulova, Hadas Yaron, Rita Hayek, Luis Gnecco, Andrea Pennacchi, Amine Ennaji, Hamza Kadri, Francesca Antonelli, Azzurra Martino, Maria Disegna
Produzione: Pupkin Production, Oplon Film, Rai Cinema, con il contributo del MiBACT, Film Pixel Production Company, Digital F.P.S, con il sostegno della Regione Lazio
Distribuzione: 01 Distribution (Italia)